Circus Festival
di Alessandra Cecchetto
Uno sguardo intimo sul mondo del circo, un racconto dell’esperienza con i circensi, nata dal desiderio di conoscere e rappresentare, senza preconcetti, la loro quotidianità e i loro sogni
di Alessandra Cecchetto
Uno sguardo intimo sul mondo del circo, un racconto dell’esperienza con i circensi, nata dal desiderio di conoscere e rappresentare, senza preconcetti, la loro quotidianità e i loro sogni
di Alessandra Cecchetto
Testo a cura di Valeria Ferraro
Uno sguardo intimo sul mondo del circo. Un racconto dell’esperienza con i circensi, nata dal desiderio di conoscere e rappresentare, senza preconcetti, la loro quotidianità e i loro sogni
Il 5 gennaio, mentre camminavo come ogni mattina per via Prenestina, a Roma, ho notato per la prima volta il Circus Festival, nonostante le luci ancora spente e il silenzio. Ho continuato a pensarci su, con il progetto che prendeva forma nella mia mente e, il giorno dopo, sono andata a parlare con Massimo, il responsabile. Inizialmente è stato diffidente, mi ha parlato di precedenti esperienze, di animalisti e stereotipi, infine mi ha concesso una possibilità, pur non sapendo chi fossi e perché volessi fare quel lavoro.
Mi sono avvicinata al mondo del circo in un periodo buio, scoprendo nella voglia di mettersi in gioco un trampolino per riemergere. A spingermi c’era la curiosità e la voglia di superare l’immagine del circo, quale misto tra ilarità e malinconia, racchiusa nei ricordi d’infanzia. Già allora mi chiedevo chi fossero davvero i circensi. Volevo conoscere la loro vita parallela, fuori dagli schemi, il loro nomadismo.
L’ingresso nel loro mondo è avvenuto a passi misurati, dal primo padiglione alle case mobili, assistendo alla preparazione dello spettacolo e alla loro quotidianità. Ho scoperto che Circus Festival è composto principalmente da circensi Italiani, persone semplici, che lavorano, amano ed esprimono l’arte con il proprio corpo. Il loro è un microcosmo dentro il nostro, contenuto e contenitore di emozioni e umanità. Il circo è una famiglia, un clan, una bolla distaccata dalla realtà, in cui si preservano valori semplici, senza vizi ed esagerazioni.
Ogni giorno quel piccolo mondo si svegliava ed eseguiva i preparativi per lo spettacolo come i passi di una danza rituale: pagliette, ciglia finte, cerone, anelli, clave… Il tutto senza avere la certezza che, a sera, sarebbe stato raggiunto un adeguato numero di pubblico per poter andare in scena.
Dopo un mese, avevo conquistato la loro fiducia e fotograficamente iniziavo a ottenere ciò che volevo: diventare invisibile ai loro occhi, così da cogliere le diverse sfumature del loro mondo. In un clima di maggiore intimità, ho potuto raccogliere le loro confidenze, partendo da quelle delle ragazze, giovanissime, eppure scaltre e mature, con gli sguardi intensi della gente di strada. Giovani con sogni che a prima vista possono sembrare scontati. I circensi cercano ciò che noi abbiamo già e da cui spesso scappiamo: semplicità e stabilità, almeno quella necessaria per andare a scuola e avere un giro di amici. Noi fuggiamo dalle sicurezze dall’abitudine, loro le ricercano visceralmente. Tutt’oggi mi domando quale delle due modalità ci permette d’essere più felici.
Entrare a far parte del Circo è, soprattutto, una scelta di vita. Chi è all’interno di quel sistema lo conosce e ne accetta le regole, il nomadismo e quel che comporta, i pochi soldi che si guadagnano, la ghettizzazione. Stare con loro era forse quel che cercavo per me stessa: due mesi in una realtà parallela, in cui la mia vita e le mie problematiche sarebbero rimaste fuori mentre io -mente e corpo- ero lì con loro, a mia volta nomade, pagliaccio, trapezista, giovane donna, artista e fotografa.
Arrivò l’ultimo giorno e con esso anche la tristezza alternata alla voglia sfrenata di partire con loro. Non potevo, avevo la mia vita stabile e già programmata: la scuola, Roma, la Sardegna e la famiglia, tuttavia io ero con loro e loro con me, a riprova che la contaminazione non è mai unidirezionale.
Questo reportage nasce come testimonianza della mia voglia di conoscere e raccontare un contesto composto da persone che mi hanno sempre affascinato per la loro bellezza e il misto tra invulnerabilità e fragilità. Il mio vuole essere uno sguardo intimo sul mondo del circo, sulla quotidianità delle persone che lo abitano, offrendo un punto di vista diverso da altre rappresentazioni spesso intrise di preconcetti.