Prigionieri in Etiopia
di Carolina Paltrinieri
La drammatica esperienza dei prigionieri uomini e donne nel carcere coloniale di Adwa, in Etiopia, che vivono in una condizione di totale privazione dei più basilari diritti umani
di Carolina Paltrinieri
La drammatica esperienza dei prigionieri uomini e donne nel carcere coloniale di Adwa, in Etiopia, che vivono in una condizione di totale privazione dei più basilari diritti umani
di Carolina Paltrinieri
Testo di Andrea Signori. A cura di Stefano Pontiggia
La drammatica esperienza dei prigionieri uomini e donne nel carcere coloniale di Adwa, in Etiopia, che vivono in una condizione di totale privazione dei più basilari diritti umani
C’è un tenue odore acido ad Adwa. È diffuso, caldo, ventoso e polveroso eppure non dà fastidio. Va a ondate, a seconda del posto in cui ci si trova. Dal barbiere diventa quasi piacevole, mentre se ci si avvicina a qualche vicolo della città inizia ad incunearsi nel naso per risalire piano verso gli occhi e infine in testa, e un lieve tremore toglie, per pochi secondi, la sensazione di essere in perfetto equilibrio. Ma quando ci si avvicina nei posti più difficili, dove l’umanità è in continua lotta con sé stessa, con la propria dignità e la definizione stessa di genere umano, quel lieve tremore si trasforma in stordimento, di testa prima, di arti e di cuore poi.
Nel carcere di Adwa, una squadrata e perfetta simbiosi di linee che si staglia nell’azzurro del cielo durante la stagione secca, ottocento anime dallo sguardo vitreo, rabbioso o malinconico sono prigioniere del governo d’Etiopia. Questa struttura costruita dal governo italiano all’epoca della colonizzazione è un ponte fra ordine e disordine, povertà e sfarzo, popolo inferiore e superiore. Un ponte tra la prima e la seconda guerra mondiale.
Un miscuglio di crimini e di materassi ammassati desistere le guardie dal compiere il proprio lavoro, frenate dall’assenza di minime condizioni di sicurezza. I pasti non sono previsti e sono lasciati al buon cuore dei parenti, in questo viavai di injera e scirò, guardato torvo da coloro che parenti non ne hanno o che del cibo non ne ricevono che gli avanzi.
L’odore acido arriva ai suoi massimi picchi quando si scopre che la doccia è concessa una volta la settimana e che i bagni, banalmente indecorosi, sono usufruibili solamente di giorno; solo ora, e forzatamente come prevede la legge, i prigionieri stanno costruendo una fossa biologica comune.
Nella sezione femminile le quaranta donne imprigionate sono vittime per lo più dei debiti. L’intraprendenza sperata e sognata è stata soppiantata dai mancati pagamenti di piccoli finanziamenti ottenuti per iniziare una nuova attività, una nuova vita e un decoroso futuro per i propri figli. Figli che siedono a fianco delle madri, all’interno della prigione, denutriti, in balia di malattie e privati dei giochi più elementari. In tutte le civiltà e in tutte le epoche sono esistite le torri di Babele e i gironi infernali ma nessuna, a memoria, contemplava che un bambino vi si potesse aggirare liberamente.
di Monica Perosino
La colpa di Eskinder Nega? Aver criticato il governo del suo Paese Il collega arrestato con lui: “Ora sa che il mondo sta guardando”
È lui il vincitore del premio «Golden Pen of Freedom», che gli sarà simbolicamente consegnato oggi durante la sessione di apertura del World Newspaper Congress a Torino.
Negli ultimi venti anni Eskinder è stato imprigionato otto volte. Le autorità etiopi gli hanno chiuso tredici giornali, gli hanno proibito di scrivere, hanno arrestato anche sua moglie. Suo figlio è nato in carcere. Non ha ucciso nessuno, non ha rubato, offeso, o usato violenza. Ha scritto e raccontato. Eppure è rinchiuso nella terribile prigione di Kaliti, ad Addis Abeba.
«Ci sarebbe piaciuto avere Eskinder qui a Torino, perchè potesse ricevere il premio personalmente – ha detto il president di Wan-Ifra Erik Bjerager -. Ma nonostante i ripetuti sforzi, la risposta delle autorità etiopi ai nostri appelli per la sua liberazione è stato il silenzio. Malgrado ciò, continueremo a batterci fino al giorno in cui Eskinder sarà libero di riprendere il suo posto in mezzo a noi».
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SCHEDA AUTORE
Carolina Paltrinieri - carolinapaltrinieri.com
Fotocamera: Sony Alpha 7 M2
Obiettivo: 28mm
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