
In questo numero 96 Witness Journal vi propone sette storie, interessanti non solo per ciò che raccontano, ma anche per il modo assolutamente personale e differente con cui ciascun autore utilizza la macchina fotografica come strumento di ricerca, documentazione e narrazione. Il fotogiornalismo ha senza dubbio le sue “regole” ma nessuna di questa vieta agli autori di poter liberamente esprimere il proprio punto di vista, specie sulle questioni che sono e restano per così dire aperte. Marylise Vigneau nel suo lavoro su Cuba fa in qualche modo un esercizio di questo tipo per raccontare Cuba e le sue contraddizioni, scegliendo il concetto di tempo per analizzare la storia passata e tracciare quella futura attraverso immagini scandiscono alla perfezione il “limbo” cubano.

Sergio Ferri rimette al centro dell’attenzione la questione “zingari” e l’eterna emergenza legata alla loro questione abitativa di cui, complice forse anche l’emergenza migranti, si parla sempre meno, sebbene i problemi restino, ahimé gli stessi. Un viaggio dentro e fuori il mondo rom e sinti per parlare di quello che non è stato ancora fatto ma anche per vedere, attraverso le fotografie, cosa si cela davvero dietro il cliché del “campo nomadi”

Federico Pellicci ha invece scelto di affrontare le temperature gelide dell’inverno mongolo per raccontare il ritorno alla vita tradizionale dedita all’allevamento del bestiame intrapreso da molti dopo la disgregazione dell’impero sovietico e la fine del “sogno” industriale che aveva spinto molto verso l’abbandono di costumi centenari in favore della modernizzazione. Immagini di una vita che per molti non sarebbe possibile ma che in Mongolia è la quotidianità per oltre un terzo dei tre milioni di abitanti del Paese

L’Albania e la sua capitale Tirana sono l’oggetto del lavoro di Andrea Chierici e Veronica Molese che hanno provato a raccontare il particolare momento che sta vivendo la nazione che ha portato il peso della più lunga e feroce dittatura comunista in Europa. Inevitabilmente l’Albania di oggi è fatta soprattutto delle contraddizioni stridenti tra un PIL che cresce a ritmi record e una società sempre più divisa e fratturata al suo interno e con profondi squlibri economici. Un quadro difficile in un Paese che deve ancora concludere molti dei processi fondamentali per diventare una democrazia a tutti gli effetti

Giuseppe Cardoni ci racconta la boxe con una serie di fotografie in bianco e nero che hanno il grande pregio di riportare chi le guarda al senso ultimo della boxe, in un mondo senza tempo fatto di sudore, piccoli gesti, dettagli e sguardi in un gioco di chiaroscuri affascinanti e densi di emozioni. Quelle stesse emozioni che sono alla base di un racconto che è un vero e proprio viaggio virtuale in questo sport duro e affascinante al contempo

Marco Panzetti con il suo Life after hell documenta uno degli aspetti meno noti dell’emergenza migranti, mostrandoci cosa avviene dopo lo sbarco, ossia la vita all’interno dei centri di accoglienza italiani. Un lavoro importante non solo per i suoi contenuti ma anche perché riporta l’attenzione su una questione che divide sia la società che la politica con effetti non sempre positivi, per usare un eufemismo.

Al concetto di casa e alla sua analisi dal punto di vista geografico e sociale è dedicato il lavoro che chiude questo numero 96 e realizzato da Andrea Borgarello. Un modo diverso per parlare di ciò che l’abitazione è e rappresenta a lattudini diverse e in contesti sociali differenti.
