Witness Journal 83

In questo numero di WJ si parla di: FAR, Colombia, processo di pace, razzismo, Stati Uniti, rivolte sociali, polizia violenta, Russia, religione, centro giovanile, isolamento, educazione, Moldova, est, povertà, Russia, geopolitica, Salento, Puglia, tradizione, territorio, sud, land grabbing, neicolonialismo, sfruttamento, povertà, TerraProject, Brixton, UK, moneta, economie alternative, REST, giornalismo, fotografia, architettura, immagini, San Bruno, Calabria, fuoco, carbone, legna, boschi e lavori antichi

WJ83 cover | Fotografia di Francesco Comello
WJ83 cover | Fotografia di Francesco Comello

Il numero 83 si apre con un editoriale dedicato alle elezioni americane e all’imminente voto referendario per poi passare a nove servizi che ci raccontano altrettante storie, alcune piccole come per esempio quella sul progetto Brixton Pound e altre grandi, come il reportage di Fabio Cuttica sulle Farc e sul processo di pace in corso. Insieme alle altre sette che compongono questo numero, rappresentano il nostro contributo mensile a un ideale di informazione giornalistica prodotta in modo differente, lontano dagli editori intesi in senso classico, con poca mediazione redazionale e quasi integralmente basata sul lavoro di chi mette in gioco innanzitutto se stesso per dar voce alle storie attraverso le persone che ne sono protagoniste. Per sostenere il nostro magazine, che quest’anno compie dieci anni, ma ache per supportare tutte le altre iniziative sul territorio e indirizzate alla diffusione della cultura fotografica  che la nostra associazione realizza, ti chiediamo di aiutarci con un piccolo contributo, aderendo alla campagna soci 2017 che abbiamo appena lanciato. Grazie e buona lettura!

“If I were to run, I’d run as a Republican. They’re the dumbest group of voters in the country. They believe anything on Fox News. I could lie and they’d still eat it up. I bet my numbers would be terrific”

Donald Trump, People Magazine 1998

Certo che, a rileggere questo stralcio di intervista rilasciata diciotto anni fa a People, il neo presidente eletto sembra tutt’altro che lo sprovveduto, politicamente parlando, che ci è stato fin qui descritto dai media americani. Trump appare piuttosto quale lo scaltro uomo d’affari che è in effetti e che ha saputo cogliere con straordinaria intuizione, forse l’unica opportunità che aveva a disposizione per concludere il più grande business della propria carriera, diventare il 45imo presidente degli Stati Uniti d’America. A urne chiuse è ormai evidente che il miliardario newyorkese abbia vinto soprattutto perché ha saputo leggere, meglio e più cinicamente di tutti, la cartina geopolitica del malumore degli americani. Trump si è rivolto senza indugio a quella grande fetta di elettorato bianco, deluso e travolto dagli effetti della globalizzazione che aspettava da tempo qualcuno capace di confortarlo attraverso il miraggio di una vera e propria restaurazione sociale ed economica, riassunta alla perfezione dallo slogan “let’s make America great again” utilizzato durante tutta la campagna elettorale.

Aspettando di capire se Trump sarà veramente il presidente che ha promesso di essere ai suoi elettori, per comprendere meglio cosa sta accadendo nel mondo e il perché di queste virate verso il populismo di tante democrazie occidentali, basta tornare indietro agli anni ’30, quelli della Grande Depressione, epoca in cui sotto la spinta dei ceti medio-bassi, frustrati da una crisi senza precedenti, a prendere il potere furono proprio quei partiti e movimenti che meglio seppero incanalare e rappresentare questa rabbia popolare. E’ ciò che accadde in Germania con Hitler e in Italia con Mussolini ed è ciò che è sempre successo quando la società stenta a garantire benessere ed equità sociale. Detto che le democrazie dei nostri giorni dovrebbero avere antidoti sufficienti a evitare le stesse pericolose derive autoritarie del passato, il caso turco dimostra che affinchè ciò avvenga è molto importante vigilare sulle regole che garantiscono l’equilibrio dei poteri e il mantenimento dell’ordine democratico. Ecco perché a pochi giorni dal voto, l’invito a tutti i nostri lettori è quello di informarsi bene sul referendum che a breve interesserà l’Italia. Riuscirci non è facile come dovrebbe dal momento che per ragioni politiche, il quesito referendario non è stato presentato per quello che è ma piuttosto come una sfida tra vecchio e nuovo, tra governabilità e instabilità, perfino come un voto pro e contro il governo Renzi. Insomma, si è parlato di tutto ma molto poco di cosa cambierebbe davvero la riforma costituzionale già approvata dal Parlamento e quali sarebbero i suoi effetti concreti. In Rete fortunatamente ci sono tutte le informazioni necessarie per farsi una propria idea in vista del prossimo 4 dicembre che, è bene ricordarlo, non rappresenta un appuntamento politico ma l’esercizio di un diritto fondamentale di ciascun cittadino.

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