La data del referendum sulla riforma costituzionale si avvicina rapidamente e, che ci piaccia o no, è arrivata l’ora di mettersi un po’ a studiare, se non altro per evitare di fare la fine degli elettori inglesi, attoniti di fronte al risultato della consultazione sulla Brexit. La posta in gioco è alta e niente affatto distante dai problemi quotidiani dell’Italia in crisi, così come qualcuno ci vuole far credere. D’altronde se la nostra economia soffre e il Paese è sotto molti aspetti da ricostruire o rigenerare, la responsabilità è in larga parte proprio della politica intesa non solo come classe dirigente ma anche come sistema. Se chi ci rappresenta e governa è libero di compiere gli scempi che le cronache nazionali e locali raccontano quotidianamente, evidentemente non solo continuiamo ad eleggere le persone sbagliate ma queste stesse persone hanno gioco facile ad occuparsi della cosa pubblica contro il suo stesso interesse, elargendo favori sotto forma di leggi ai gruppi di potere cui fanno riferimento, piuttosto che organizzando vere e proprie truffe ai danni dello Stato. Sul fatto che di una riforma ci sia bisogno quindi, almeno in teoria, non ci dovrebbero essere dubbi e il punto semmai resta capire se quella messa a punto da questo parlamento contenga o meno gli strumenti per migliorare la nostra democrazia, alleggerendo la macchina politica per metterla nelle condizioni di dare al Paese quelle riforme strutturali di cui ha bisogno da tempo.
Senza tradire lo spirito del nostro modo di fare informazione, che vorrebbe restare quanto più possibile legato ai fatti più che alle opinioni, l’invito che lanciamo a tutti i nostri lettori è dunque quello di dare la giusta attenzione al voto referendario, informandosi per tempo sulle ragioni dei due comitati, quello del No e quello del Sì, evitando di prendere una posizione due minuti prima di recarsi al seggio, perché è proprio questo tipo di atteggiamento che ha permesso a diverse generazioni di politici di bassa lega di fare scempio del nostro Paese.