Il buco nell’acqua
Come facilmente prevedibile il referendum sulle “trivelle” non ha raggiunto il quorum così come auspiacato dal nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha commentato il risultato parlando della vittoria del partito del fare. Detto che personalmente non ritenevo lo strumento referendario adatto a un tema di questo tipo e portata, le parole scelte dal premier mi fanno riflettere sul senso di una politica decisamente arrogante che bolla ogni opposizione anche quelle civili e apparentemente sensate, come inutili tentativi di fermare l’avanzata di un cambiamento che, almeno fino ad ora, è soprattutto a parole. Come molti sono convinto che sul tema dello sfruttamento delle risorse petrolifere in aree che sono anche di interesse naturalistico e paesaggistico, occorrerebbe procedere attraverso il confronto coinvolgendo territorio, associazioni, società civile, politici locali ed esperti e non solo seguendo le indicazioni dell’industria e dei suoi interessi. Discutere in modo serio sul futuro di questo e altri aspetti di un Paese dovrebbe essere il mestiere quotidiano dei parlamentari, soprattutto quando le pagine delle cronache giudiziarie si riempiono con drammatica regolarità di articoli su nuove inchieste della magistratura per reati che hanno conseguenze ambientali come quelli recenti verificatisi in Basilicata. E invece no, meglio usare la vecchia tecnica democristiana dell’emendamento dell’ultimo secondo per evitare le secche del Senato o quelle di Montecitorio.
Quello che Renzi non capisce o di cui non si cura affatto, è che gli elettori, sinistra compresa, fanno sempre più fatica a fidarsi di politici che permettono ai manager di aziende pubbliche o private di causare danni gravissimi al territorio e alla salute dei cittadini per risparmiare qualche “milione di euro”. Uno Stato che non controlla, che non punisce e che non è capace nemmeno di farsi risarcire per questi scempi, è uno Stato inutile e in cui è difficile credere. La Terra dei fuochi, numerose aree della Basilicata come quella di Tito di cui parliamo anche in questo numero, Bagnoli, l’Ilva di Taranto, il monferrato con il suo carico di amianto, sono solo alcuni dei brillanti esempi prodotti dalla politica italiana e dal malaffare che cresce nella sua ombra. Ecco perchè, caro premier, è arrivata l’ora di andare oltre la buona comunicazione e dimostrare di essere in grado di fare davvero ciò che promette da tempo, ossia cambiare questo Paese rendendolo più equo, onesto, civile e capace di guardare davvero al futuro con uno spirito nuovo. Sarebbe una cosa giusta e forse anche di sinistra