
Appuntamento a settembre
Con questo numero di mezza estate si completa il restyling del nostro magazine che oggi è finalmente semplice da leggere su qualsiasi dispositivo, dal classico pc per arrivare agli smartphone, passando dai tablet. Naturalmente il passaggio alla nuova piattaforma è stato sfruttato anche per mettere mano alla struttura editoriale che ora ha perso l’aspetto del giornale classico, per così dire da sfogliare, ma che in compenso si è rafforzata nei contenuti, con testi più chiari, contributi estratti da articoli di approfondimento, sia nella versione italiana, sia in quella inglese e altre piccole novità. Un sforzo resosi necessario non solo per ragioni di età, WJ l’anno prossimo festeggerà l’ottavo anno di pubblicazioni, ma anche per garantire ai nostri autori un servizio migliore, una maggiore interazione e la possibilità di valorizzare ulteriormente i propri lavori, anche condividendoli in Rete. Per l’autunno ci aspettano grandi novità che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero permettere alla nostra community di autori e lettori di partecipare ancora più attivamente al nostro progetto attraverso una nuova formula associazionistica e con l’obiettivo dichiarato di far diventare WJ sempre più un punto di riferimento per coloro che sono in cerca di un’alternativa all’informazione “mainstream” e che vogliono dare il proprio contributo in tal senso.
Per quanto riguarda i contenuti di questo numero 75 che vi apprestate a leggere, infine, mi sembra giusto sottolineare due lavori in particolare dei nove presenti, ma solo per il fatto che ci sono arrivati da autori stranieri, a riprova che, passo dopo passo, la nostra idea di fare informazione e fotogiornalismo funziona anche al di fuori dei confini italiani. David Tesisnsky con il suo reportage sulla vita delirante dei salaryman giapponesi e Ali Hamed Haghdoust, con il bellissimo lavoro sulla vita quotidiana realizzato nelle strade di una Kabul martoriata da anni di guerra permanente, ci fanno riflettere da una parte sul senso di una vita immolata sull’altare del lavoro e, dall’altra, su quanto fosse sbagliata l’idea di fermare la guerra con un’altra guerra.
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