Tragedia greca
Mentre scrivo, i negoziati tra Unione Europea e Grecia stanno vivendo la loro fase più drammatica con ultimatum, minacce più o meno velate e fortissime tensioni politiche, economiche e sociali. Lo scontro in atto a Bruxelles e Francoforte divide in falchi e colombe non solo i politici ma anche i cittadini, gli europei. Basta dare un occhio ai social e ai principali siti di informazione dei paesi membri dell’UE per capire come queste due fazioni esistano, seppur in proporzioni differenti tra loro, all’interno di ogni singolo stato, dalla potente Germania alla piccola Grecia. Tra le persone per così dire normali si discute tutti i giorni di dati tecnici senza probabilmente capirne del tutto il significato, prendendo posizione in favore del rigore economico, piuttosto che della solidarietà verso una nazione ormai vicina all’emergenza umanitaria. A confrontarsi e scontrarsi sono due visioni del mondo e dell’Europa completamente diverse. La prima è quella del rigore e dell’austerità, guidata da Paesi certamente virtuosi ma che di fatto difendono la propria posizione di supremazia economica. La seconda è quella di coloro che pensano all’Europa come progetto politico e sociale e che si rifiutano di accettare che a dettare le regole del gioco siano solo la finanza e i mercati, convinti ancora di più in tal senso dai disastrosi effetti prodotti in Grecia dalla prima cura della Troika. In questo scenario, dunque, la questione ellenica è diventata lo spartiacque tra due idee di Europa in forte contrapposizione perché basate su ideali molto differenti. Ciò che lascia più sbalorditi è che tutto questo non è successo in una notte ma nell’arco di almeno dieci anni nell’indifferenza di Bruxelles, rimasta cieca e sorda di fronte a ciò che la sua politica stava producendo nelle vite dei cittadini europei. La classe dirigente è arrivata a questo appuntamento con la storia completamente impreparata e anche ora, di fronte al dilagare dei movimenti anti europeisti in Italia, in Francia, in Spagna, in Irlanda e in numerosi altri Paesi, non sembra in grado di fornire quelle risposte capaci di rilanciare il progetto europeo. Ecco perché al di là dell’epilogo della questione greca, se non si vuole andare incontro a una progressiva disgregazione dell’Unione, è bene che nelle agende politiche trovino spazio quanto prima non solo le questioni legate ai temi economici ma anche quelle connesse alla fondazione di una Europa vera, di un progetto in cui credere e da sviluppare insieme e che non tenga conto solo dell’economia ma anche delle persone.
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