Witness Journal 140
#WJ140, Il nuovo numero con i lavori di Nicola Zolin, Martina Savino, Peter Zullo, Paola Vecchiato, Milano Invisibile, Cosimo Calabrese, Bruno Oliveri, Francesco Marando e Lorenzo Gammarota.
Strage continua
“Israele sta sradicando il giornalismo a Gaza. Dieci i reporter uccisi in tre giorni, 48 dall’inizio della guerra”. Titola così Reporters San Frontières (RSF), ong che promuove, difende e monitora la libertà di informazione e la libertà di stampa a livello mondiale. Dall’inizio del bombardamento massiccio su Gaza, hanno perso la vita oltre 14.800 palestinesi. In 45 giorni sono morti 48 giornalisti e giornaliste, denuncia RSF, “di cui 11 mentre svolgevano il loro lavoro”. È il conflitto con più vittime tra giornalisti dal 1992: “I giornalisti non hanno un rifugio sicuro e non hanno modo di andarsene. Vengono uccisi uno dopo l’altro”, continua RSF, chiedendo l’intervento della comunità internazionale. Israele ha poi vietato ai media internazionali l’ingresso nella Striscia, impedendo di fatto il racconto e l’accesso alle informazioni, aggravato dal continuo blocco delle telecomunicazioni e dai bombardamenti delle sedi locali dei media.
Lo scorso 15 novembre un gruppo di giornaliste e giornalisti italiani ha lanciato un appello con cui condanna la strage di colleghi e colleghe a Gaza e chiede una copertura mediatica della pulizia etnica e del rischio genocidio in corso. “Come giornaliste, giornalisti, video e fotoreporter siamo sconvolti dal massacro dei nostri colleghi, delle nostre colleghe e delle loro famiglie da parte dell’esercito israeliano. Siamo al fianco dei nostri colleghi e delle nostre colleghe di Gaza. Senza di loro, molti degli orrori sul campo rimarrebbero invisibili”, si legge nell’appello.
Ma la libertà di informazione è a rischio anche nel nostro Paese e nelle redazioni occidentali, continua, dove molteplici redazioni “stanno continuando a disumanizzare la popolazione palestinese e questa retorica giustifica la pulizia etnica in corso. Negli anni sono state diverse le accuse di doppio standard”, come hanno evidenziato diversi studi. “Le nostre redazioni hanno in troppi casi annullato le prospettive palestinesi e arabe, definendole spesso inaffidabili e invocando troppo spesso un linguaggio genocida che rafforza gli stereotipi razzisti. […] La copertura giornalistica ha posizionato il deprecabile attacco del 7 ottobre come il punto di partenza del conflitto senza offrire il necessario contesto storico – che Gaza è una prigione de facto di rifugiati dalla Palestina storica, che l’occupazione di Israele dei territori della Cisgiordania è illegale secondo il diritto internazionale, che i palestinesi sono bombardati e attaccati regolarmente dal governo israeliano, che i palestinesi vivono in un sistema coloniale che usa l’apartheid e che in Cisgiordania continuano i pogrom dei coloni israeliani contro la popolazione indigena palestinese”.
La Redazione
La redazione di WJ si unisce all’appello e alla condanna della strage dei e delle nostre colleghe.
Se sei giornalista, video o fotoreporter puoi firmare l’appello a questo link