
di Manuel Beinat
Un avvenimento storico di scala internazionale è solito portare con sé una serie di caratteristiche, di norme, di conseguenze socio-economiche che costituiscono una condivisa “nuova normalità”. Nel caso della pandemia da Covid-19, questo neonato assetto sociale implica l’uso di vari dispositivi di sicurezza personale (gel e mascherine) e il mantenimento della distanza di almeno un metro l’uno dall’altro. L’essere umano, essendo dotato di un’incredibile capacità di adattamento, non ha impiegato troppo tempo a fare di queste disposizioni la sopracitata nuova normalità.
Le fotografie del giovane Klaus Martini ci accompagnano nell’analisi del new normal dato dal Covid-19 all’interno del Borgo Stazione della città di Udine, di come esso abbia influito sui costanti flussi di persone che viaggiano, abitano e lavorano all’interno del quartiere.

Klaus, oltre alla passione per la fotografia, coltiva ormai da diversi anni la sua professione di attore; le sue immagini tentano costantemente di rappresentare tematiche spesso affrontate nel mondo del palcoscenico (quali la solitudine, la ricerca di una propria identità, l’idea di confine) che si sposano perfettamente con la stranezza e la singolarità di questi ultimi mesi. La nuova normalità viene qui presentata come una costante ricerca sugli effetti che la pandemia ha avuto sull’idea di spazio personale e interpersonale che abbiamo nei confronti di noi stessi e degli altri.
Le foto, scattate durante le fredde sere d’inverno, dipingono un’atmosfera surreale per un luogo come il Borgo Stazione, abituato da sempre ad un continuo via vai di lavoratori e studenti. Il quartiere si placa, si spoglia dei costanti flussi di persone e si riveste di un assordante senso di solitudine. Il rapporto tra “io e l’altro” cessa quasi di esistere; la presenza delle mascherine sul volto delle persone rimane l’unico elemento che tristemente ci ricorda che il virus è ancora in circolazione.

Gli scatti, che si rifanno ad una tradizione fotografica più tendente alla street photography che al reportage lento, ci fanno riflettere sui concetti di presenza e assenza delle persone durante la pandemia. Le immagini pongono inoltre un’incognita relativa a come cambierà il rapporto tra le persone (soprattutto tra gli sconosciuti) nei mesi a venire; la fine del disastro sanitario annullerà automaticamente tutte le precauzioni che prendiamo nei confronti di chi ci sta intorno e di chi non conosciamo? Nessuno conosce la risposta definitiva. Una cosa rimane sicura: le conseguenze di questo fenomeno così diffuso si faranno sentire nei mesi e negli anni che verranno, facendo di questa “nuova normalità” fin troppo strana strana una prassi giornaliera.

Klaus Martini
25 anni, attore, residente a Udine.
Dopo aver conseguito il diploma da attore professionista, inizia a lavorare sia in ambito teatrale che audiovisivo. Appassionato di fotografia e amante della street photography, tra i suoi riferimenti c’è Robert Doisneau. Decide di aderire al progetto “What Comes Next” con la volontà di ricercare un filo rosso tra teatro e fotografia. Il tentativo è quello di esplorare le sfumature di solitudine e isolamento che avvolgono i passanti del suggestivo Borgo Stazione durante la pandemia da Covid-19.
Manuel Beinat
Studente di curatela fotografica presso Fondazione Modena Arti Visive, lavora come assistente fotografo e curatore. Si appassiona al fotogiornalismo durante il percorso di studi e di seguito al lockdown propone “What Comes Next” come progetto curatoriale finalizzato a cambiare il volto del borgo stazione di Udine.
