
A cura della Redazione
La diciassettesima edizione dei Sony World Photography Award si è chiusa ieri a Londra con la tradizionale serata di gala a Londra. Prima di passare in rassegna tutti i vincitori del 2024, vale la pena spendere qualche parola su questo premio, divenuto nel lasso di poco tempo un vero e proprio punto di riferimento assoluto, nonché un appuntamento imperdibile per tutti, fotografi, editor, galleristi e un po’ per tutti gli operatori della comunicazione e del giornalismo.
A dirlo sono i numeri “mostruosi” in termini di partecipazione, con un nuovo record sia per quanto riguarda la categoria pro, sia quella dedicata agli appassionati. L’enorme mole di lavori che ogni anno giungono all’attenzione della giuria letteralmente da ogni angolo del globo permette di avere una visione di insieme unica sulle tendenze, oltre che ovviamente di conoscere storie e autori fino a ieri poco conosciuti o del tutto ignoti.
Gli SWPA 2024 sono per questi e altri motivi un passaggio obbligato per chiunque graviti a vario titolo attorno alla fotografia, inclusoi coloro che fanno solo le foto delle vacanze ma non si perdono una mostra e che a ben vedere, sono il fattore più importante per tutti gli addetti ai lavori. Per questo, sebbene nel momento in cui vi scriviamo non sia ancora nota la data di inaugurazione, è bene ricordare che nel mese di giugno aprirà a Milano la mostra dell’edizione 2024 degli SWPA grazie allo sforzo di Sony Italia che, per quanto fin qui detto, è un’occasione da non perdere.
Il premio a Sebastiao Salgado
Anche se non si tratta di un fotografo in concorso, vale la pena aprire questa carrellata con il riconoscimento Outstanding contribution to Photography, dedicato ai grandi maestri della fotografia, che quest’anno è andato a un vero e proprio mostro sacro, il brasiliano Sebastiao Salgado. Impossibile dire qualcosa che non risulti scontato, in così poco spazio, ma al di là del gusto personale, il lavoro di Salgado nel suo insieme rappresenta indiscutibilmente qualcosa sia di unico, sia di potente. Giustissimo che il lavoro del fotografo sudamericano sia entrato a far parte di un elenco di autori già premiati che fa venire i brividi.
Photographer of the year
Un po’ a sorpresa ma non per questo non con meno merito, Juliette Pavy si è aggiudicata il titolo di Sony World Photographer of the Year. Vincitrice della sezione dedicata alla fotografia Documentaria, il lavoro racconta una storia terribile accaduta negli anni 70 nella porzione danese della Groenlandia, quando il governo di Copenaghen mise in essere una campagna di contraccezione forzata nei confronti delle popolazioni indigene. Un lavoro di ricerca e denuncia fatto di ritratti intensi intervallate da paesaggi e da vere e proprie “prove” di questa vergogna neocoloniale.

Architecture and design
L’irlandese Siobhán Doran si è portata a casa il premio di categoria con un lavoro di fotografia di interni, essenziale ma efficace, che racconta la storia della famiglie arricchitesi con il commercio della zucchero nelle Filippine, fotografandone i lussuosi salotti in stile rigorosamente post coloniale.

Creativity
Sujata Setia con il suo A Thousand Cuts racconta le storie di donne vittime di abusi e violenze domestiche nelle comunità sud-asiatiche del Regno Unito. Un lavoro delicato e intimo ma al contempo potente che utilizza la fotografia all’interno di un impianto artistico più ampio: l’artista ha infatti realizzato una serie di incisioni sulle immagini da cui affiora il rosso di un foglio di carta con un chiaro riferimento metaforico alla sofferenza dei protagonisti di ciascun ritratto.

Enviroment
Echoes of the Hive, la serie di Mahé Elipe, racconta una storia di resistenza, quella del gruppo Ka Kuxtal Much’Meyaj, una delle etnie indie discendenti dai Maya che popolano ancora le foreste dello Yucatan resistendo alle devastazioni dell’agroindustria che avanza inesorabilmente distruggendo per sempre foreste, habitat, specie ed ecosistemi, e con essi anche le comunità di uomini che qui vivono da sempre.

Landscape
Una serie decisamente sorprendente quella dell’olandese Eddo Hartmann, scattata in un’area del Kazakistan che fu un tempo un’importante area di sperimentazione nucleare dell’ex URSS. Realizzata con pellicole a infrorosso per simulare la contaminazione nucleare, invisibile ai nostri occhi, e per potenziare l’effetto ha corredato alcuni scatti con la presenza discreta di figure umane vestite con le tipiche tute antiradiazioni che abbiamo visto solo a Chernobyl o nei film di hollywood. Sacrifice zone, farà storcere il naso ai puristi del paesaggio, ma è senza dubbio un lavoro intelligente.

Portfolio
Detto che a giudicare dai primi due premiati (questa categoria è stata istituita nel 2023) non è ancora ben chiaro cosa intenda il WPO con “Portfolio” a vincere il premio è stato l’argentino Jorge Mónaco con la serie Portraits and Landscapes che è letteralmente (e sorprendentemente) un portfolio di vari progetti personali dell’autore. Qualcosa di molto diverso dal lavoro molto premiato lo scorso anno che aveva le caratteristiche del portfolio in senso lato e che narrava comunque una storia seppur non in senso stretto. Chi sa quanti autori si chiederanno cosa mandare per il 2025 partendo da basi così diverse.

Portraiture
Il fotografo bulgaro Valery Poshtarov ha vinto con la serie Father and Son basata su un’idea tanto semplice quanto efficace, ossia ritrarre padri e figli insieme che si tengono per mano. Un gesto simbolico per unire le generazioni in una ricerca che lo ha portato a fotografare oltre che nel suo Paese di origine anche in Georgia, Tirchia, Armenia, Serbia e Grecia.

Sport
Il transalpino Thomas Meurot e la sua serie Kald Sòl (Cold Sun) realizzata durante la realizzazione dell’omonimo documentario raccontano il “backstage” di uno sport per pochissimi coraggiosi, ossia surfare in alcuni dei mari più freddi del mondo circondati da paesaggi innevati che donano un che di surreale a tutto il lavoro. Lo sport in senso stretto non è al centro di questa serie che racconta meglio lo spirito di questa sfida estrema.

Still Iife
Grazie a Federico Scarchilli l’Italia anche quest’anno porta a casa un premio (oltre ad altri lavori che hanno raggiunto la shortlist, come per esempio quello di Davide Monteleone sullo sfruttamento dei minerali in centro Africa) La serie Flora per prima cosa è veramente bellissima. Un lavoro concettuale, intelligente che coniuga una rappresentazione estetica minimalista per rendere chiaro il messaggio che porta con sé, ossia l’importanza della farmacognosia nella biologia moderna.

Wildilife and nature
Eva Berler con la sua serie Suspended Worlds è destinata a far storcere il naso a molti fotografi naturalistici, appassionati e non. Come lei stessa ha raccontato infatti, quella che doveva essere un progetto sulle ragnatele si è rapidamente in un percorso personale legato alle paure dell’autrice stessa. Ecco come le immagini scure di queste ragnatele diventano una metafora delle vite “nascoste” delle persone che ci circondano.
