Winter is coming

WJ #96

Temperature che sfiorano i 50 sotto zero. La capitale più fredda al mondo (Ulan Bator) con una media di meno quattro gradi. Milioni di animali morti nellinverno del 2010. Un terzo della popolazione, su poco più di tre milioni, dedito alla pastorizia.

Ma la Mongolia non è solo ghiaccio e gelo, è un insieme di tradizioni antiche che seguono l’andamento della natura, burbera e terribile quando termina l’estate e Dzud (come è chiamato l’inverno molto intenso dai locali) bussa alle porte. Federico Pellicci racconta come ci si prepara a tutto questo. Un progetto, quello di “Winter is coming”, nato “in un particolare stato d’animo, un quieto stato di attesa e rassegnata immobilità poco prima dell’arrivo della temuta stagione invernale”, racconta il fotografo.

Pellicci raccoglie le testimonianze delle popolazioni seminomadi che vivono in una delle zone più remote del Paese, la cui ricchezza risiede proprio nelle mandrie e i greggi che forniscono carne, formaggio e latte. I rituali quotidiani ruotano intorno al ciclo della natura. Dalla raccolta del sale per darlo in pasto agli animali “perché fa grasso” per l’inverno, come raccontano al giovane reporter, alla cottura della carne essiccata come avveniva secoli fa. La popolazione mongola, vive in una terra immensa che è quasi cinque volte l’Italia e che sa essere ostile. Ma i mongoli sono gente ospitale. Una delle loro bevande tipiche, offerte di consueto agli ospiti, è lo Sutei tsai, il famoso latte salato. Questi rituali si consumano all’interno della gher, la tradizionale tenda mongola, santuario incrollabile di una società legata a un passato duro a morire.

Lo sciamanesimo, ad esempio, ancora persiste, soprattutto a nord, al confine con la Siberia. Ma il nomadismo, per molti decenni è stato abbandonato. Il richiamo delle fabbriche e della città nel periodo sovietico ha messo in crisi questo mondo. Solo dagli anni ’90 i mongoli sono tornati agli antichi doveri. Per concludere, una suggestione. Il cavallo. Bianco, che si confonde con la neve. Un’immagine che riporta alla mente uno degli animali simbolo di questa terra, legato alle antiche gesta di Gengis Khan. Il conquistatore che con la sua cavalleria è arrivato alle porte d’Europa.

Il reportage

Scheda autore

Federico Pellicci

[:it][:it]Federico Pellicci, classe 85, si avvicina alla fotografia nel 2008, durante gli anni dell’università a Firenze e delle grandi mobilitazioni di piazza. Parallelamente alle attività di illustratore e muralista, sviluppa un interesse per la fotografia sociale e documentaria che perfeziona con gli studi presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze, corso di fotogiornalismo. Attirato dalle periferie, dalla condizione degli emarginati , da stili di vita in  estinzione e da ciò che stà “ai limiti”, decide di applicare lo stesso punto di vista su scala globale, unendo la passione per la fotografia a quella per il viaggio e la scoperta, mantenendo uno spirito di apertura e curiosità verso tutto ciò che è “diverso” o ignorato dalla cultura mainstream, con una predilezione per i virtuosi esempi di umanità delle culture tradizionali e dei popoli indigeni.[:][:]

Fotocamera: Canon 7D
Obiettivo: 17-55 mm

English version

[:it][:it]

Winter is coming

 

Photography by Federico Pellicci

Story edited by Alessio Chiodi

 

Temperatures that reach -50°C. The coldest capital in the world (Ulan Bator) with an average of -4°C. Millions of animals died in winter 2010. A population of about three million people, of which one third works in sheep farming

 

“A project, “Winter is coming”, born “in a particular state of mind, a quiet state of waiting and resigned immobility just before the arrival of the winter season”

 

Temperatures that reach -50°C. The coldest capital in the world (Ulan Bator) with an average of -4°C. Millions of animals died in winter 2010. A population of about three million people, of which one third works in sheep farming. But Mongolia is not just an icy land, it is a set of ancient traditions that follow the trend of nature, a force gruff and tough when summer ends and Dzud (as the local population called the winter) come. Federico Pellicci tells us how to prepare for this. A project, “Winter is coming”, born “in a particular state of mind, a quiet state of waiting and resigned immobility just before the arrival of the winter season”, says the photographer.

 

Pellicci collects the witnesses of semi-nomadic populations living in a remote areas of the country, whose wealth resides in the herds and flocks that provide meat, cheese and milk. Daily rituals are strictly in relation with the cycle of nature. This starts from the collection of salt to feed the animals “because it makes them fatter” before the winter arrival, up to the coking of dried meat according to the traditional way. The Mongolian people lives in an immense land that is almost five times bigger than Italy, and sometimes it could be hostile. But Mongols are hospitable folks. One of the most famous drink is salty milk, Sutei tsai, offered to the guests. These rituals are consumed inside the gher, the traditional mongolian tent, an unshakable sanctuary of a society linked to a hard-to-die past. Shamanism, for example, still persists in the north along the border with Siberia.

 

On the other side, nomadism has been abandoned for many decades. The mass displacements to cities and factories in the Soviet period have put this world in crisis and only starting from the 1990s Mongols returned to their ancient duties. To conclude, a suggestion. The horse. White, it merges from the snow. Symbol of this land, linked to the ancient deeds of Genghis Khan, the conqueror who arrived at the gates of Europe with his cavalry.[:][:]