Wet Market
WJ #145In Europa circa 500 milioni di animali selvatici ed esotici, di cui 3 milioni solo in Italia, sono tenuti in cattività come animali domestici. La domanda di fauna esotica come “animale da compagnia” è uno dei principali motori del commercio illegale di questo tipo di animali. Nonostante il divieto di importazione e dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 135/2022 sul commercio e la detenzione delle specie esotiche è stato stimato, infatti, che il 25% del commercio mondiale è costituito da animali di provenienza illegale: un mercato che in Italia ha un ruolo primario, con un fatturato di circa due miliardi di euro.
Il commercio di animali esotici è stato uno dei primi a svilupparsi sul pianeta e rappresenta un mercato in crescita, in continua evoluzione, e con un forte effetto moda che può spingere rapidamente certe specie in cima alle classifiche di vendita, come nel caso del petauro dello zucchero oppure dei pappagalli verdi che da tempo ormai popolano Roma così come molte altre città italiane. Si stima che nel 2021, 17,5 milioni di animali domestici esotici vivono nelle case degli italiani. La domanda di animali esotici è molto eterogenea nel mondo; Stati Uniti e Cina sono i principali importatori, seguiti da vicino dall’Unione Europea. Seguono Germania e Francia con circa 12,5 milioni di esemplari e Spagna con 11 milioni.
Tra i problemi del commercio di specie esotiche c’è soprattutto quello ambientale, sia in termini di salvaguardia delle specie nei luoghi di origine sia in termini di invasione biologica nei luoghi di arrivo. CITES, nel suo report World Wildlife Trade Report, ha riportato alcuni casi in cui il commercio ha portato a rilasci accidentali o deliberati di animali selvatici al di fuori dell’areale naturale della specie. Secondo i ricercatori, il desiderio di possedere un animale esotico porta ben presto a difficoltà di gestione dell’esemplare, che spesso sfocia in un rilascio incauto e pericoloso in natura, con il risultato di aver introdotto una specie aliena in un ecosistema già sufficientemente fragile.
Su tutto il territorio italiano fanno fronte a queste criticità due realtà in buona parte costituite da attivisti e volontari, sono i nuclei delle guardie volontarie del WWF, che presidiano il territorio con azioni di monitoraggio anti bracconaggio e i CRAS (centro recupero animali selvatici) che si occupano di curare gli esemplari feriti e reinserirli in natura, quando possibile, oppure affidarli a strutture di accoglienza.