Welcome to Tigerland

WJ #101

In Sri Lanka, una sanguinosa guerra civile di natura etnica, durata quasi trent’anni, ha visto contrapporsi i Singalesi, l’etnia principale, ai Tamil, popolazione delle zone nord orientali dell’isola, storicamente proveniente dalla vicina India.

A quasi dieci anni dalla fine della guerra civile, la popolazione Tamil, erede del coraggioso esercito ribelle conosciuto come le Tigri del Tamil, è tuttora costretta a subire la politica del governo centrale dello Sri Lanka, volta alla cancellazione dell’identità socio-culturale di questo popolo dalle radici millenarie, che ha come principale “colpa” quella di avere perso il conflitto. I Tamil non hanno la possibilità di accedere alle cariche pubbliche, viene loro negato ogni tipo di sussidio statale, le loro terre vengono sequestrate e donate ad altre etnie e molti di loro vivono in campi profughi; nei casi più gravi, si assiste a sparizioni e violenze. Il loro annichilimento continua ancora oggi.

All’inizio del conflitto la comunità internazionale era indirizzata verso una condanna delle Tigri del Tamil, accusate di essere le fondatrici del moderno terrorismo: i primissimi attacchi suicidi, anche da parte di donne, e l’uso delle prime cinture esplosive sono da far risalire alle Tigri. Col passare degli anni la situazione apparve molto più complessa e dopo alcune risoluzioni da parte delle Nazioni Unite, anche il governo singalese venne messo duramente sotto accusa. Il conflitto conclusosi nel 2009, ha causato non meno di 80.000 vittime. A ciò bisogna aggiungere la diaspora del popolo Tamil simpatizzante per le Tigri, che durante e dopo la guerra civile migrò in tutto il mondo, compresa l’Italia. Le violenze e i soprusi, sia durante la guerra sia dopo la fine degli scontri, hanno reso molto complicato il processo di riconciliazione. Dopo le elezioni presidenziali del 2015, ottenute anche con un consenso Tamil, sembrava che il tempo fosse maturo per avviare con successo un giusto cammino di riforme. Ma la speranza è presto naufragata soprattutto a causa della forte opposizione dei nazionalisti singalesi, restii a fare concessioni al popolo che ha perso la guerra. Ora la situazione nelle aree Tamil non è troppo tranquilla. I tamil sono poveri, molti di loro vivono ancora in campi profughi, hanno lavori umili e non hanno accesso agli stessi finanziamenti governativi delle altre etnie. In altre parole si sta rigenerando un tessuto di malcontento non così differente a quello che portò alla nascita degli scontri.

Il reportage

Scheda autore

Matteo Portigliatti

[:it][:it]Matteo Portigliatti è nato a Torino nel 1979. È un giornalista pubblicista freelance italiano specializzato in documentari e fotogiornalismo, con sede in Torino. Dopo la laurea in Optometria, frequenta un master in Fotografia e Visual design allo Ied, a Torino, nel 2015.

Ora Matteo studia fotogiornalismo presso MeMo Mastercalss. Ha condotto diversi reportage fotografici di natura sociale in Palestina, Nagorgo-Karabak, Sri Lanka, Cile e Bolivia. Ha lavorato come freelance per agenzie di stampa internazionali.[:][:]

Fotocamera: Fuji Xt1 e Fuji X100
Obiettivo: Fuji Xf 16-55

English version

[:it][:it]

Welcome to Tigerland

Photography by Matteo Porigliatti

Story edited by Alessio Chiodi

 

After the presidential elections of 2015, also obtained with a Tamil consensus, it seemed that time was ripe to successfully start a right path of reforms. but this hope  soon shipwrecked mainly due to the strong opposition of Sinhalese nationalists, reluctant to make concessions to the people who lost the war.

 

In Sri Lanka, a bloody civil war of ethnic nature, lasting almost thirty years, saw the Sinhalese, the main ethnic group, stand against the Tamils, a population of the north-eastern areas of the island, historically coming from neighboring India. Almost ten years after the end of the civil war, the Tamil population, heir to the brave rebel army known as the Tigers of Tamil, is still forced to suffer the policy of the central government of Sri Lanka, aimed at the cancellation of the socio-cultural identity of this people with ancient roots, whose main “fault” is that of having lost the conflict.[:][:]