Voodoo a Parallel Reflection
WJ #123Raggi di sole cocente penetrano dalle fessure di vecchie tettoie in legno illuminando le pile di teschi e carcasse di animali che popolano il mercato dei feticci di Akodessewa, distretto centrale della città di Lomé, comunemente conosciuto come il più grande mercato vudu al mondo.
Affacciata sulle acque del Golfo di Guinea, la capitale della Repubblica del Togo ospita uno dei luoghi più significativi per l’universo religioso dell’Africa Occidentale. Qui, analogamente agli altri territori di questo stesso bacino geografico e culturale, per sopravvivere alle influenze esterne del Cristianesimo i culti religiosi locali hanno sin dal diciassettesimo secolo accolto prospettive di ibridazione che hanno portato il vudu ad affermarsi come religione sincretica per eccellenza e tratto culturale distintivo della diaspora atlantica africana.
Al pari di altre realtà religiose che in Occidente si è soliti associare al termine ombrello di “animismo”, il vudu presuppone nella sua cosmologia l’esistenza di divinità non esclusivamente trascendenti, le cui proprietà spirituali possono manifestarsi anche in una dimensione fisica e materiale. Tra le più importanti, i Loa sono spiriti che svolgono una funzione di intermediazione tra il mondo umano e quello del divino. I Loa sono rappresentati da feticci e oggetti rituali o attraverso maschere e danze nel corso delle cerimonie, presso le quali possono essere destinatari di offerte, tra cui sangue di animali o bevande alcoliche.
Sacerdoti e sacerdotesse che celebrano queste funzioni godono generalmente di rango minore o maggiore. Per incontrare un alto sacerdote, i visitatori devono passare attraverso quelli di grado minore, che ne valuteranno la disposizione lasciandoli eventualmente accedere all’abitazione dell’alto sacerdote; adiacente ad essa troviamo la “casa sacra”, un luogo in cui gli spiriti sono ritenuti liberi di vagare e in cui è necessario osservare un rigoroso silenzio che consenta loro di essere ascoltati. Il beneplacito dei sacerdoti regola anche l’accesso alle cerimonie che si svolgono al di fuori dei centri abitati, ad esempio presso le cascate incastonate nelle rocce delle rigogliose foreste tropicali che cingono la città.
Oggi in Togo oltre la metà della popolazione si professa seguace di quelle credenze tradizionali che hanno dato origine al vudu in età moderna. Il “segno del profondo” – come è comunemente conosciuto l’insieme della cosmologia e delle pratiche religiose vudu – rappresenta un fenomeno filtrato in Occidente dal pressappochismo di stereotipi di origine coloniale, che hanno investito rituali e cerimonie sincretiche della diaspora africana di un alone di mistero sovrannaturale e spesso nefasto.
Questo ha, nel corso del tempo, alimentato immagini pregiudizievoli come quelle della stregoneria e della magia nera, che mistificano una realtà disciplinata da una sua precettistica e da un suo ordine morale e sociale celebrato e messo in pratica attraverso musiche, canti e danze che animano quei rituali che ancora oggi sono alla base delle relazioni tra membri di comunità diverse su entrambe le sponde dell’Atlantico.