Una presenza ingombrante

WJ #127

“Jiri ‘n celu ognunu vò; l’armu cc’è, li forzi no”

(Tutti vogliono andare in paradiso; il desiderio è lì ma la forza no)

Non si può andare in Sicilia e non rimanere affascinati, se non addirittura coinvolti in tutto ciò che riguarda tradizioni popolari, leggende, manifestazioni culturali legate soprattutto ad eventi religiosi.

Tante sono le occasioni, i luoghi, in cui tutto questo avviene, ed uno di quelli più importanti e sentiti è la festa di Sant’Agata, presso Catania, che si svolge ad ogni inizio di febbraio. Ci si immerge per tre giorni in una dimensione che mischia la religione con la passione, la condivisione con la devozione, il business con la preghiera, tutti dedicati a questa Santa, martirizzata sulla brace, che vigila sempre sul fuoco dell’Etna e di tutti gli incendi.

La festa coinvolge non soltanto tutta la cittadinanza: come si legge dal libro “Catania non guarda il mare” di Daniele Zito: “Ci sono le vecchiette, i devoti, i bambini, gli ex ergastolani, le signore bene, i devoti usciti dal cordone, i turisti capitati lì per caso, i turisti capitati lì apposta, i pensionati, le coppie che si baciano, ognuno ruba lo spazio dell’altro, a nessuno frega più granchè del proprio corpo, l’unica cosa che conta è sopravvivere quel tanto che basta per lambire le mani dei capi vara, una volta, due volte, tre volte, fino a che non vedi fiorire tra le dita un santino.”

L’evento centrale della festa è la processione del busto reliquiario della santa all’interno di un fercolo pesantissimo (quasi 30 quintali) e riccamente decorato, portato in giro dai devoti. Attraversa i luoghi del martirio e ripercorre le vicende della storia della santa intrecciate con quella della città, creando un racconto molto emozionante.

Si va di processione in processione; dal fercolo alle candelore (enormi e pesanti ceri rivestiti con decorazioni artigianali), che lo precedono poichè un tempo, quando mancava l’elettricità, avevano la funzione di illuminare il passo ai partecipanti alla processione. Rappresentano le associazioni di varie categorie di lavoratori.

La festa di Sant’Agata manifesta la propria tradizione anche in ambito gastronomico: oltre alla famosa calia e simenza (preparazione con ceci e semi di zucca), presente in ogni festa a Catania, Per Sant’Agata vengono realizzati alcuni dolciumi che hanno un forte riferimento alla Santa, come i Cassateddi di Sant’Aita e le Olivette.

Questo progetto vuole raccontare questa presenza che permane anche dopo la festa, il suo rapporto con il territorio e la popolazione di riferimento e il suo fondersi con la cultura folkloristica.

Il reportage

Scheda autore

Francesca Sorrentino

Una presenza ingombrante

Sono nata in Calabria e cresciuta a Ferrara. Mi sono poi trasferita a Bologna per studiare: mi sono laureata prima in sociologia, poi in sociologia e servizio sociale e alla fine di questo percorso ho iniziato a lavorare nei servizi alla persona. In questi anni sono sempre state latenti la passione per la fotografia e la nostalgia del mare, per questo ad ottobre mi sono licenziata e mi sono trasferita a Catania. Vorrei unire la mia formazione sociologica alla mia passione per la fotografia.

Fotocamera: Sony alpha 6000
Obiettivo: Sony E 16-50 mm

English version

A bulky presence

Photographs by Francesca Sorrentino

Text by Emanuela Corazziari

“Jiri ‘n celu everybody vò; the armu is there, you force them no “.

(Everyone wants to go to heaven; the desire is there but the strength is not).

 

You cannot go to Sicily and not be fascinated, if not even involved in everything related to popular traditions, legends, cultural events linked above all to religious events. There are many occasions, places, where all this happens, and one of the most important and heartfelt ones is the feast of Sant’Agata, near Catania, which takes place at the beginning of February. We immerse ourselves for three days in a dimension that mixes religion with passion, sharing with devotion, business with prayer, all dedicated to this Saint, martyred on the embers, who always watches over the fire of Etna and everyone. fires.

The feast involves not only all citizens: as we read from the book “Catania does not look at the sea” by Daniele Zito: “There are old women, devotees, children, former life prisoners, good ladies, devotees who have come out of the cordon , the tourists who happened to be there by chance, the tourists who happened to be there on purpose, the pensioners, the couples kissing, each one steals the other’s space, nobody cares much about their body anymore, the only thing that matters is to survive that much which is enough to lick the hands of the leaders vara, once, twice, three times, until you see a holy card bloom between your fingers. “

The central event is the procession of the reliquary bust of the saint inside a very heavy (almost 30 quintals) and richly decorated fercolo (a machine that is used to carry simulacra of saints in procession), carried around by devotees. It crosses the places of martyrdom and retraces the events of the history of the saint intertwined with that of the city, creating a very exciting story.

It goes from procession to procession; from the fercolo to the candelore (huge and heavy candles covered with handcrafted decorations), which precede it as once, when there was no electricity, they had the function of illuminating the passage for the participants in the procession. They represent associations of various categories of workers.

The feast of Sant’Agata manifests its tradition also in the gastronomic field: in addition to the famous calia and simenza (preparation with chickpeas and pumpkin seeds), present in every feast in Catania, some sweets are made for Sant’Agata that have a strong reference to the Saint, such as the Cassateddi di Sant’Aita and the Olivette.

This project wants to tell about this presence that remains even after the festivity, its relationship with the territory and the reference population and its merging with the folk culture.