These are my parents
WJ #133La morte entra nella vita di una persona cancellando temporaneamente quei confini e quelle sicurezze costruite lentamente nel tempo. C’è chi coltiva l’assenza, chi la nega, chi la rimuove e chi riesce a farla diventare presenza.
Ugo e Maria. Maria e Ugo.
All’inizio era lui ad aver bisogno di assistenza, a causa dell’operazione per l’asportazione di un cancro nel 2001 e, dopo, per una serie di operazioni dovute a metastasi che lo rendevano sempre meno autosufficiente. E Maria era lì, lo assisteva, lo sosteneva, lo amava.
Ma presto anche Maria ha avuto bisogno delle cure prima riservate solo a lui. Molto bisogno. Troppo bisogno. E in troppo poco tempo se n’è andata.
Ugo senza più Maria.
Ugo, solo Ugo.
Così si è ritrovato: solo, malato, in difficoltà, vuoto. Ha dovuto imparare troppo in fretta a convivere con il ricordo di Maria e la sofferenza della sua perdita, che si è aggiunta al proprio già presente dolore. Ugo si è ritrovato ad affrontare tutto questo giorno dopo giorno, fortunatamente circondato dall’attenzione dei suoi figli e dall’amore dei suoi nipoti. Grazie a loro Ugo, con il suo pesante bagaglio, è stato in grado di muoversi. È partito per un viaggio intimo, con la sua famiglia, per conoscere ma soprattutto ri-conoscere se stesso e i suoi affetti più cari, come padre e nonno. Per trovare, costruire, il proprio spazio, la giusta dimensione come Ugo-senza-Maria. Ha imparato una nuova lingua e attraverso di essa ha costruito con le persone amate un dialogo fatto di intimità e amore che è culminato in una diversa e nuova familiarità, e il vuoto e lo smarrimento finalmente sono diventati “una perdita”.
Questa è l’eredità lasciata ai suoi figli che ora sperimentano il vuoto dovuto a un’altra assenza, un vuoto che questa volta sa di memoria ma soprattutto di presenza.