These are my parents

WJ #133

La morte entra nella vita di una persona cancellando temporaneamente quei confini e quelle sicurezze costruite lentamente nel tempo. C’è chi coltiva l’assenza, chi la nega, chi la rimuove e chi riesce a farla diventare presenza.

Ugo e Maria. Maria e Ugo.

All’inizio era lui ad aver bisogno di assistenza, a causa dell’operazione per l’asportazione di un cancro nel 2001 e, dopo, per una serie di operazioni dovute a metastasi che lo rendevano sempre meno autosufficiente. E Maria era lì, lo assisteva, lo sosteneva, lo amava.

Ma presto anche Maria ha avuto bisogno delle cure prima riservate solo a lui. Molto bisogno. Troppo bisogno. E in troppo poco tempo se n’è andata.

Ugo senza più Maria.

Ugo, solo Ugo.

Così si è ritrovato: solo, malato, in difficoltà, vuoto. Ha dovuto imparare troppo in fretta a convivere con il ricordo di Maria e la sofferenza della sua perdita, che si è aggiunta al proprio già presente dolore. Ugo si è ritrovato ad affrontare tutto questo giorno dopo giorno, fortunatamente circondato dall’attenzione dei suoi figli e dall’amore dei suoi nipoti. Grazie a loro Ugo, con il suo pesante bagaglio, è stato in grado di muoversi. È partito per un viaggio intimo, con la sua famiglia, per conoscere ma soprattutto ri-conoscere se stesso e i suoi affetti più cari, come padre e nonno. Per trovare, costruire, il proprio spazio, la giusta dimensione come Ugo-senza-Maria. Ha imparato una nuova lingua e attraverso di essa ha costruito con le persone amate un dialogo fatto di intimità e amore che è culminato in una diversa e nuova familiarità, e il vuoto e lo smarrimento finalmente sono diventati “una perdita”.

Questa è l’eredità lasciata ai suoi figli che ora sperimentano il vuoto dovuto a un’altra assenza, un vuoto che questa volta sa di memoria ma soprattutto di presenza.

Il reportage

Scheda autore

Maurizio Di Pietro

These are my parents

Nasce a Torino nel 1974. Dopo la laurea inizia la sua carriera di fotografo documentarista collaborando con alcune ONG che lo ingaggiano in Marocco, Sri Lanka, Guatemala e Palestina. Tra il 2016 e il 2017 ha lavorato a progetti riguardanti la disabilità mentale, mentre negli ultimi anni si è dedicato agli effetti del cambiamento climatico in Kenya. Questo lavoro sul clima gli è valso alcuni premi, tra cui il Lucie e diverse pubblicazioni nazionali e internazionali tra cui Der Spiegel e il Corriere della Sera. Preferisce lavorare su questioni sociali e progetti a lungo termine.

Fotocamera: Nikon D850
Obiettivo: AF-S Nikkor 28 mm, AF-S Nikkor 35 mm

English version

These are my Parents

Photographs by Maurizio Di Pietro

Text edited by Emanuela Corazziari and Maurizio Di Pietro

Death enters a person’s life by temporarily deleting those boundaries and securities built slowly over time. There are those who cultivate absence, those who deny it, those who remove it and those who manage to make it become a presence.

Ugo and Maria. Maria and Ugo.

At the beginning he was the one in need of assistance, due to the operation for the removal of a cancer in 2001 and, later, for a series of operations due to metastases that made him less and less self-sufficient. And Maria was there, assisting him, supporting him, loving him.

But soon too Maria needed the care previously reserved only for him. Much needed. Too much need. And in too little time she was gone.

Ugo without Maria anymore.

Ugo, only Ugo.

So he found himself: alone, sick, in trouble, empty. He had too quickly to learn to live with the memory of Maria, the suffering of her loss having to fit both into his own already present pain. He had to go through this pain day after day, fortunately surrounded by the attention of his children and the love of his grandchildren. Thanks to them, Ugo, with his heavy luggage, was able to move. He left for an intimate journey, with his family, to get to know but above all to re-know himself and his closest loved ones, as a father and grandfather. To find, build, your own space, the right dimension like Ugo-wihtout-Maria. He learned a new language and through it, he built a dialogue with his beloved made of intimacy and love that culminated in a different familiarity, and the void finally has become a loss.

This is the legacy he left to his children who now are facing once more the emptiness of another absence, a void that this time smells of memory but above all that tastes of presence.