There is no life in Gaza

WJ #140

“Ma quali sono dunque le cose oscure e indefinite che attraggono l’uomo verso la sua gente, la casa, i ricordi, nello stesso modo con cui la fonte attira un branco di caprioli smarriti… non so.” Ghassan Kanafani

“Non c’è vita a Gaza”, è una frase che risuona nella Striscia. La popolazione di Gaza è giovane – per i due terzi sotto i 25 anni – e può godere solo di piccole porzioni di libertà in una terra sotto assedio, sotto il blocco israeliano da 16 anni, governata dall’organizzazione militante fondamentalista Hamas. Ma è anche l’unica realtà che i giovani e le giovani palestinesi hanno conosciuto: l’inizio del conflitto e l’operazione militare Summer Rain del 2006, la battaglia di Gaza del 2007, l’operazione Hot Winter del 2008, l’operazione Cast Lead, conosciuta in Italia come operazione Piombo Fuso, tra il 2008 e il 2009, Returning Echo nel 2012, la guerra nel 2014 e le proteste lungo il confine nel 2018. La guerra in corso è un ulteriore trauma: il peggiore, il più duro, e il futuro è oggi più incerto che mai. Anche prima di questi attacchi brutali, per i ragazzi e le ragazze di Gaza era difficile immaginare un futuro, con un presente pieno di complessità e nessuna speranza all’orizzonte. Ora c’è la sensazione diffusa di non avere più nulla da perdere, ed è il motore che spinge le persone verso le loro passioni: la musica, l’arte, lo sport, la cultura.

La Striscia di Gaza, lunga 365 chilometri, è circondata da tutti i lati. Anche il mare è controllato da Israele, che esercita un blocco aereo, terrestre e marittimo. Le Nazioni Unite, dal 2012, riconoscono formalmente questo territorio come parte dello Stato di Palestina, con la Cisgiordania e Gerusalemme Est, e riconoscono l’occupazione in atto da parte di Israele. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) ricorda i 55 anni di occupazione militare, mentre la Commissione indipendente d’inchiesta nominata dalle Nazioni Unite, nel suo primo rapporto dell’ottobre 2022, ha definito illegittimo per il diritto internazionale l’occupazione israeliana del territorio palestinese, per la sua permanenza e le politiche di annessione de facto del governo israeliano.

Nella Striscia vivono oltre 2,2 milioni di persone, di cui 1,7 sono rifugiati, secondo i dati dell’Ocha, ed è una delle zone con la densità abitativa più alta al mondo. Dal 2008 al 1 settembre 2023 a Gaza sono morti 5.359 palestinesi. Mentre dal 7 ottobre 2023, dopo il brutale attacco di Hamas e la ripresa dei bombardamenti massicci, le vittime sono oltre 14.800, 48 invece i giornalisti uccisi in 45 giorni. L’Onu ha lanciato l’allarme sul “rischio di un genocidio” e sull’“intento palese di ‘distruggere il popolo palestinese sotto occupazione’”.

Il progetto There’s no life in Gaza – realizzato nel 2019 – vuole uscire dalla narrazione stereotipata della Striscia, che definisce i palestinesi come mostri o vittime, seguendo alcune delle persone più creative e stimolanti, che vivono in questo lembo di terra e che vogliono solamente vivere una vita normale.

 

Il reportage

Scheda autore

Nicola Zolin

Nicola Zolin è fotogiornalista e scrittore, lavora per i principali quotidiani e magazine internazionali. Si è laureato in Scienze della Comunicazione (Padova-L’Aja) e in Relazioni Internazionali (Venezia-Pechino). Le sue storie raccontano di giovani cresciuti in sistemi autoritari in Medio Oriente, di migranti in rotta verso l’Europa, di conflitti ambientali tra i popoli indigeni in America Latina, di donne ai margini, mondi utopici creati da individui visionari. Collabora da anni con il quotidiano olandese de Volkskrant e il suo lavoro è stato pubblicato, tra gli altri, su New York Times, Der Spiegel, Le Monde, Al Jazeera, El País, La Repubblica. Ha pubblicato “I passeggeri della Terra” (Polaris editore, 2017), “U paese è mondo intero” (Prospero editore, 2020) e “Yunan” (autoprodotto).

Fotocamera: Leica Q

English version

“There is no life in Gaza”

Photography by Nicola Zolin

Story edited by Nicola Zolin and Marika Ikonomu

‘There is no life in Gaza’ is a common saying in the Strip. And indeed the incredibly young Palestinian population – two thirds of which is under 25 – can enjoy little freedom in a land under blockade for 16 years, ruled by the militant fundamentalist organisation Hamas. But for the young people, this is the only reality ever known: the beginning of the conflict and the operation ‘Summer Rain’ in 2006, the battle of Gaza in 2007, the operation ‘Hot Winter’ in 2008, ‘Cast Lead’ between 2008 and 2009, ‘Returning Echo’ in 2012, again the war in 2014 and the beginning of the border protest in 2018. This war is a further trauma: the worst, the hardest, and the future is now more unknown then ever. Even before this brutal attacks, young people could hardly imagine what their future will look like, as the present is full of complexities and no hope seems to be at the horizon. At the same time, the feeling there’s nothing left to lose is also a fuel that push people towards the fulfillment of their passions: music, art, sport and culture.

The 365-square-kilometre Gaza Strip is surrounded on all sides. Even the sea is controlled by Israel, which exercises a air, land and sea blockade. The United Nations, since 2012, formally recognise this territory as part of the State of Palestine, with the West Bank and East Jerusalem, and acknowledges Israel’s ongoing occupation. The UN Office for Humanitarian Affairs (OCHA) recalls 55 years of military occupation, while the UN-appointed Independent Commission of Inquiry, in its first report of October 2022, called the Israeli occupation of the Palestinian territory “unlawful under international law due to its permanence and the Israeli government’s de facto annexation policies”.

More than 2.2 million people live in the Strip, 1.7 are refugees, being one of the areas with the highest population density in the world. From 2008 to 1 September 2023, 5,359 Palestinians died in Gaza. While since 7 October 2023, after Hamas’ brutal attack and the resumption of massive bombing, more than 14,800, 48 journalists have been killed in 45 days. UN experts “illustrated evidence of increasing genocidal incitement, overt intent to ‘destroy the Palestinian people under occupation’”.

The project There’s no life in Gaza – realised in 2019 – aims to overcome the stereotyped narration of the Strip, which portrays Palestinians as monsters or victims, by following some of the most creative and inspiring people who live in this strip of land and who just want to live a normal life.