The Wretched and The Earth
WJ #110di Gabriele Cecconi
Testo a cura di Nicola Sacco
Nel mese di agosto 2017, centinaia di migliaia di persone appartenenti al gruppo etnico Rohingya si sono riversate in Bangladesh, in fuga dalle persecuzioni nel loro paese di origine, Myanmar.
Oggi, un milione di rifugiati sono ospitati in accampamenti di fortuna nella regione di Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh e, mentre le loro condizioni di vita sono estremamente precarie, il futuro di queste famiglie rimane incerto. Il progetto mira a documentare l’impatto ambientale di una migrazione di massa improvvisa, al fine di capire la relazione indissolubile tra l’essere umano e il suo ambiente, seguendo due narrazioni molto pressanti: la prima si riconduce alle persone che lottano per la propria sopravvivenza con poche risorse preziose e l’altra, invece, all’impatto della crisi su un ecosistema già debole e degradato.
Tutti conoscono il legame eterno ma fragile tra l’essere umano e il suo ambiente e durante una migrazione di massa questa linea viene ampiamente oltrepassata. Questa rimane purtroppo una problematica nascosta, che non viene affrontata adeguatamente dalla comunità internazionale, specialmente nelle fasi di emergenza della crisi, nonostante le conseguenze che incidono drammaticamente sui rifugiati, direttamente esposti all’ambiente ospitante.
La pressione sull’ecosistema locale è infatti insostenibile: la riserva naturale di Teknaf potrebbe scomparire entro il 2019, aumentando ed aggravando l’erosione del suolo ed il conseguente rischio di frane e inondazioni durante la stagione monsonica; le risorse idriche si degradano rapidamente; l’uso di legna da ardere, raccolto nella foresta, all’interno dei piccoli e angusti rifugi ha causato l’insorgere di un’epidemia di patologie dovute ad infezioni respiratorie acute, divenute la principale causa di mortalità tra i Rohingya. Oggi abbiamo 68 milioni di rifugiati nel mondo, il numero più alto di sempre, e molte migrazioni di massa devono affrontare le stesse problematiche. In una regione particolarmente fragile di un paese che è uno dei più vulnerabili ai cambiamenti climatici nel mondo, la crisi ambientale che si sta svolgendo a Cox’s Bazar è un esempio significativo delle sfide poste dalle migrazioni di massa.
Il reportage
Scheda autore
Gabriele Cecconi
Nato nel 1985, Gabriele Cecconi è un fotografo documentarista interessato a questioni sociali, politiche e ambientali. Si è avvicinato alla fotografia nel 2014 dopo una laurea in giurisprudenza e nel 2015 è stato selezionato da Camera Torino e Leica per una masterclass con il fotografo Magnum Alex Webb. In seguito ha avuto modo di esporre i suoi lavori in mostre personali e collettive, pubblicare su diversi magazine tra cui L’Espresso, Internazionale, D La Repubblica e The Caravan ricevendo inoltre premi nazionali ed Internazionali per il reportage “The Wretched and the Earth”.
Born in 1985, I’m a documentary photographer interested in social, political and environmental issues. I’ve approached photography in 2014 after a law degree and in 2015 i was selected by Camera Torino and Leica for a masterclass with the Magnum photographer Alex Webb. After that I had solo and collective exhibitions and I have published my works for different magazines among which L’Espresso, Internazionale, D La Repubblica and The Caravan. During 2019 i’ve been awarded with numerous prizes among which Fotografia Etica Award, 2° place at POY Environmental Vision Award, 2° place at Kolga Tbilisi Documentary category, PX3 Photographer of the Year and the 1° place in Top News category at Andrei Stenin International Contest.
English version
The Wretched and The Earth
Photography by Gabriele Cecconi
Story edited by Nicola Sacco
During August 2017, hundreds of thousands of people from the Rohingya ethnic group flocked to Bangladesh, fleeing persecution in their country of origin, Myanmar. Today one million refugees are housed in makeshift camps in the Bengal region of Cox’s Bazar and while their living conditions are extremely precarious the future of these families remains uncertain.
The work is a visual and emotional journey which reflect about the environmental impact of a sudden mass migration to reveal the indissoluble and intimate relation between human being and its environment following two pressing narratives: people struggling to survive with few precious resources and the impact of the refugee crisis on an already beleaguered ecosystem.
The fragile bond in the relation between refugees and the host environment during a mass migration is dramatically crossed: the high concentration of a huge amount of people in an already vulnerable area provoques a fast degradation of the resources impacting on the population itself. The pressure on the ecosystem is unsustainable: the water resources degradate, the Teknaf nature reserve is disappearing increasing soil erosion, land-sliding and flooding during monsoons; the use of the fuelwood collected in the forest within the small shelters has caused an epidemic of acute respiratory infections, which is the leading cause of mortality among the Rohingya.
From a global to an individual scale, it’s the time to rethink the paradigm of the relationship with the environment also in the management of the international crises, welcoming and following an holistic approach to built a responsive strategy.
Today we have 68 million refugees in the world, the highest number ever, and many mass migrations have to deal with the same issues. In a particularly fragile region of a country that is one of the most vulnerable to climate change in the world, the environmental crisis unravelling in Cox’s Bazar is an acute example of the challenges posed by the mass migrations.