The Haka way of life

WJ #98

Tradizionalmente impiegata per invocare gli dei e incutere timore nei nemici prima una battaglia, l’Haka, danza rituale appartenente alle più antiche tradizioni dei Maori, è divenuta simbolo dell’identità di un’etnia.

Da HA – soffio e KA – infiammare, (“accendere il respiro”), l’haka nasce come danza di guerra, tesa ad impressionare e comunicare in modo incisivo la propria aggressività. La lingua fuori, i denti serrati, gli occhi spalancati o i colpi al petto e sugli avambracci, sono simboli di potenza e coraggio che riportano allo spirito guerriero dei Maori.

Pur se oggi comunemente associata alla Nazionale di rugby Neozelandese, gli All Blacks, le sue applicazioni vanno ben oltre il mondo dello sport: essa costituisce un elemento fondamentale dell’identità nazionale di questo paese e con il tempo è diventata un modo per esprimere gioia o dolore durante riti, feste e funerali, o per celebrare l’arrivo di visitatori illustri.

La sua variante puramente artistica é denominata kapa haka, le cui performance si svolgono a tutti i livelli della società, dalle scuole elementari fino a competizioni a livello regionale e nazionale. Le più sentite, tuttavia, sono quelle all’ interno di uno stesso iwi, un gruppo di famiglie correlate da antenati comuni.

Uno degli iwi storicamente ostile ai colonizzatori Inglesi è la tribù dei Tūhoe, abitanti della foresta Te Urewera, nel cuore dell’isola settentrionale della Nuova Zelanda. L’impenetrabilità della loro regione ha permesso loro di rimanere isolati per lungo tempo, venendo in contatto con i pakeha – i bianchi invasori – solo durante le guerre del 1860-1870. Da quel momento, la loro è una storia di violenti soprusi ed espropriazione terriera, culminata, nel 2007, con una serie di raids delle forze armate in stile antiterroristico nel villaggio di Ruatoki, la cui gente rimase vittima di una feroce campagna mediatica.

E’ in questo contesto dal tessuto sociale complesso, in cui sono presenti gangs, gravidanze minorili e abbandono sociale,  che il kapa haka rappresenta un’occasione di riscatto.

Matteo Fabi ha vissuto due settimane a Ruatoki, seguendo il gruppo Taiarahia nella preparazione della performance per il Tuhoe Festival – Te Hui Ahurei a Tūhoe – e da questo punto di vista privilegiato ci racconta un evento di arte e sport creato per celebrare l‘identità dell’iwi.

Il reportage

Scheda autore

Matteo Fabi

[:it][:it]Matteo Fabi, nato a Bari nel 1987, e` un fotografo e scrittore freelance. Nel 2013 si sposta a Londra, dove frequenta un corso di giornalismo freelance alla London School of Journalism. Nel 2015 visita il Nepal per una internship in fotogiornalismo di 3 mesi presso la no-profit VCD Nepal, durante la quale assiste in prima persona al terremoto del 25 Aprile che mieterà circa 10.000 vittime. Da qui nascerà il suo primo reportage, “Gorkha: One Year Later”, pubblicato nel 2016. Dal 2017 ha vissuto in Australia e Nuova Zelanda.[:][:]

Fotocamera: Nikon D750
Obiettivo: Nikon 24-70mm f/2.8G ED

English version

[:it][:it]

The Haka way of life

 

Photography by Matteo Fabi

Story edited by Laura Pezzenati

 

 

Traditionally used to invoke gods and provoke fear in enemies before a fight, the Haka, ritual dance belonging to the oldest traditions of the Maori, has become an identity symbol of an ethnic group.

 

 

From HA – breath and KA – inflaming, (“firing the breath”), haka is born as a war dance, aimed at impressing and communicating aggressiveness in an incisive way. The tongue out, the clenched teeth, the eyes wide open or the blows on the chest and on the forearms, are symbols of power and courage that refer to the warrior spirit of the Maori. Although today is commonly associated with the New Zealand rugby national team, the All Blacks, its applications go far beyond the world of sport: it is a fundamental element of the national identity of this country and over time has become a way to express joy or pain during rites, parties and funerals, or to celebrate the coming of illustrious visitors.

 

Its artistic variant is called kapa haka, whose performances take place at all levels of society, from primary schools to regional and national competitions. The most heartfelt, however, are those within the same iwi, a group of families related by common ancestors.

 

One of the iwi historically hostile to the English colonizers is the Tūhoe tribe, inhabitants of the Te Urewera forest, in the heart of the northern island of New Zealand. The impenetrability of their region allowed them to remain isolated for a long time, coming into contact with the pakeha – the whites invaders – only during the wars of 1860-1870. From then on, theirs is a story of violent abuses and land expropriation, culminating in 2007 with a series of anti-terrorist-style armed raids in the village of Ruatoki, whose people were the victims of a ferocious media campaign.

 

It is in this complex social context, in which gangs, juvenile pregnancies and social abandonment are current, that kapa haka represents a redemption opportunity. Matteo Fabi spent two weeks in Ruatoki, following the Taiarahia group in the preparation of the performance for the Tuhoe Festival – Te Hui Ahurei in Tūhoe – and from this privileged point of view he tells us about an event of art and sport created to celebrate the identity of the iwi.[:][:]