The Game: la lotteria per l’Europa
WJ #111“Ho provato 5 volte e ogni volta è andata male: una volta la polizia croata mi ha fermato, picchiato e mi ha rimandato indietro senza scarpe. I piedi si stavano ghiacciando e ho usato delle bottiglie di plastica tagliate per camminare. Facevano male ma almeno non sono morto di freddo tra le montagne”.
Ahmed ha 40 anni, di cui 10 passati in Italia a lavorare come carpentiere, con la crisi il lavoro è diminuito e ha deciso di tornare in Egitto dove però non ha avuto fortuna con il lavoro e da 6 mesi è di nuovo in viaggio, destinazione Milano.
La Rotta Balcanica, o per meglio dire “le rotte balcaniche” sono le vie più battute dai migranti che tentano di arrivare in Europa. Nel 2019 75.000 arrivi contro i 13.000 del Mediterraneo Centrale, un flusso continuo che Ahmed e tanti come lui provano a percorrere, nonostante le difficoltà.
Reza ha 24 anni ed è afgano ma a 12 anni si è trasferito in Iran dallo zio. La sua famiglia è stata uccisa dai talebani mentre lui era a scuola. In un giorno si è ritrovato solo al mondo. Dopo alcuni anni nel paese dello Scià ha deciso di partire per l’Europa e da 4 anni è in viaggio, senza molto successo. “The Game”, come viene chiamato il tentativo di passare i confini su questa rotta, per lui non è mai stato positivo.
Uno degli snodi di queste rotte è Bihac, una cittadina sul confine tra Bosnia e Croazia famosa per aver resistito per mesi ad un assedio durante la guerra serbo-croata. Da qui si percorrono i sentieri che tagliano le montagne e se non si incontra la polizia croata in 6 giorni a piedi si arriva a Trieste. Il problema sono le polizie locali, quella croata e quella slovena, che in modo sistematico utilizzano la violenza contro i migranti, spogliandoli, sequestrando gli smartphone, unico mezzo che hanno per orientarsi ed effettuano dei respingimenti illegali rimandando in Bosnia le persone.
Dopo la chiusura della “Jungle” di Vujak, vicino Bihac, la situazione è ancora più difficile. Le persone vivono in edifici abbandonati e pericolanti, senza assistenza medica e senza nessun tipo di supporto per il cibo. Solo una rete informale di volontari riesce nel suo piccolo a dare sostegno, nonostante la polizia bosniaca provi a contrastare questa attività.