Terra Amara

WJ #130

Ma la cima emergeva dalla fumea di quelle nubi che in basso parevano sospinte dagli angeli delle tenebre. E in quel momento, come ad un cenno, la tempesta finì. Scure, immobili ristettero le nubi più alte, ingombrando tutta la volta del cielo. Solenne silenzio si fece.

(Alfonso Rubbiani, da “L’Appennino Bolognese”)

C’è stato un tempo in cui gli abitanti dei borghi degli Appennini erano convinti che le montagne fossero la dimora di creature fantastiche, come streghe, draghi e diavoli. Proprio quest’ultimo è una figura che è spesso citata nei racconti popolari, in cui viene descritta come un essere minaccioso e ingannevole, capace di lasciare segni del suo passaggio tra i sentieri della montagna, e che viene però sconfitta dal legame e dalla fiducia reciproca del popolo. Ormai questi cieli non vengono più solcati dai ruggiti dei draghi e queste storie sono divenute semplici leggende, e ora gli Appennini stanno lottando per non abbandonare quel loro fascino magico che da sempre li contraddistingue.

Da un punto di vista più terreno e critico, gli Appennini si trovano ora in una condizione di vuoto. I loro luoghi sono ancora accomunati da un’identità ben precisa, cioè quella della civiltà agro-pastorale, ma a questa si è aggiunta ben altro tipo di identità.  Infatti, a partire dal Secondo dopoguerra, gli Appennini hanno subito un importante declino demografico, causato a sua volta dallo spopolamento e dall’abbandono edilizio. In un contesto del genere, pastorizia, sagre e religione si sono dovute trasformare in veri e propri strumenti di sopravvivenza; hanno tentato di farsi assorbire dalla vita di queste persone ma non sono riuscite a fermare l’emigrazione verso poli più moderni.

L’ultimo decennio – e la più recente pandemia – ha però segnalato una tendenza inversa. Una concezione sempre più frenetica della città e la volontà di alienarsi da metropoli sempre più possenti hanno portato sempre più persone a ritornare e a ricercare l’Appennino: una sorta di paradiso sperduto che a piccoli passi sta cercando di recuperare la sua anima. Simona Iurlaro ci racconta questa storia attraverso immagini che ci trasmettono istantaneamente questi concetti di storia, volontà e sopravvivenza.

Il reportage

“Terra amara” – Didascalie

1 – Passo San Leonardo, Pacentro (AQ). Ottobre 2020. Cavalli al pascolo.

2 – Acquevive, frazione di Frosolone (IS). Gennaio 2019. Valeriano e Ida vivono nell’ultima casa del paese. Si sono sposati che avevano poco più di vent’anni e ora si accompagnano nella vecchiaia. Lui fatica a sentire e forse la mente non è più lucida come una volta. Lei è piegata da una vita passata nei campi e da una grave forma di artrosi. Non hanno figli e i nipoti hanno costruito la loro vita lontano dall’Italia, emigrati da anni negli Stati Uniti.

3 – Pescopennataro (IS). Gennaio 2020. In Alto Molise sono molti i paesi dove la maggior parte delle case è rimasta vuota. L’emigrazione, iniziata nei primi decenni del secolo scorso e incrementata alla fine della seconda guerra mondiale (la linea Gustav passava per queste zone), continua ancora oggi. Sono pochi i giovani che decidono di non andarsene, spesso accontentandosi di lavori saltuari. Rimangono per lo più gli anziani, memoria storica di interi paesi.

4 – Acquevive (IS). Gennaio 2019. Tardo pomeriggio prima dell’inizio della festa per Sant’Antonio Abate. La tranquillità di molti paesi del centro-sud Italia è interrotta in prossimità del 17 gennaio, in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali e, secondo la tradizione, nemico del demonio. Sono giorni in cui si collabora e discute per la costruzione dei fuochi dedicati al santo la cui accensione spesso è preceduta dalla benedizione degli animali. Fuochi che bruciano tutta la notte fornendo luce e calore a chi si trattiene fino a tardi mangiando, bevendo e cantando. Acquevive è stato da sempre terra di allevatori di bestiame, mucche prevalentemente, e i suoi abitanti ancora oggi, hanno una devozione particolare per il Santo protettore degli animali. Il 16 di gennaio, mentre il falò brucia davanti alla chiesa, gruppi di musicanti improvvisati girano di casa in casa per cantare la canzone di Sant’Antuon’ come augurio di prosperità per il bestiame e per le famiglie, le quali ringraziano ricambiando con l’offerta dei prodotti tipici.

5 – Sant’Angelo del Pesco (IS). Gennaio 2020. L’uccisione del maiale era e continua ad essere un vero e proprio rito, una festa e un’occasione di socializzazione a cui partecipano l’intera famiglia, i parenti, i compari. Una volta il maiale, assieme all’orto, era la dispensa del contadino. Allevato in casa era la ricchezza e spesso assicurava la sopravvivenza di intere famiglie. L’uccisione del maiale avviene ancora oggi in molte campagne, nel periodo più freddo dell’anno, fra Natale e S. Antonio, a luna mancante.

6 – Fara San Martino (CH). Luglio 2020. Domenico di Falco (76 anni), conosciuto come l’ultimo pastore della Maiella. Fino al 2021 da Maggio a Settembre si trasferiva con il suo gregge di pecore e capre da Fara San Martino a Piano della Casa (altipiano a 1800 metri), dormendo in una grotta, senza acqua corrente, energia elettrica e altre forme di comodità. Domenico discende da una famiglia dedita alla pastorizia e ricorda che quando era piccolo molti dei pastori dei dintorni portavano le loro greggi a pascolare a Piano della Casa, contendendosi il riparo della ‘sua’ grotta.

7 – Campo Imperatore (AQ). Aprile 2019. Rifugio per i pastori abbandonato. L’Altopiano di Campo Imperatore si sviluppa ad una quota che oscilla tra i 1500 e 1900 metri, nel mezzo del massiccio del Gran Sasso d’Italia. E’ da sempre sede di transumanza estiva, anche se nel corso degli anni le mandrie di ovini e bovini sono andate riducendosi. Vicino al rifugio nei pressi di Fonte Vetica si trova un gruppo di statue in pietra bianca, il ricordo del pastore Pupo Nunzio di Roio, dei due figlioletti e della moglie. Una tragedia consumata in quei luoghi nei giorni tra il 13 e il 17 ottobre 1919.A fine settembre, tradizionalmente, i pastori abruzzesi partivano per la transumanza, lungo i tratturi che portavano al Tavoliere delle Puglie. I racconti tramandano invece che quell’anno il pastore Pupo Nunzio avesse approfittato della bella stagione per restare ancora in Abruzzo. Una mattina, portando il gregge al pascolo con i figli, il pastore fu colto da un’improvvisa e violenta tormenta di neve che in poche ore li bloccò. Pupo Nunzio tentò disperatamente di ridiscendere ma non ci riuscì. Non vedendoli tornare, la moglie del pastore, disperata, si incamminò verso i pascoli e fu colta dallo stesso destino. Morirono tutti assiderati e la neve in poche ore ricoprì i loro corpi.

8 – Pescopennataro (IS). Gennaio 2020. Falò in occasione della festa di Sant’Antonio Abate.

9 – Anversa degli Abruzzi (AQ). Aprile 2019. Cani pastore dell’Agriturismo La Porta dei Parchi.

10 – Anversa degli Abruzzi (AQ). Aprile 2019. Tosatura presso l’agriturismo La Porta dei Parchi. I tosatori provengono dalla Nuova Zelanda; la tecnica dei Maori è veloce ed efficace per rimuovere il manto delle pecore. La lana naturale oggi è vittima dell’economia mondiale e del fortissimo ricorso alla chimica che si fa nell’industria tessile. Questo ha prodotto la svalutazione della lana che è passata dall’essere pagata negli anni Ottanta intorno alle 5 mila lire al chilo, agli attuali 30-50 centesimi. La lana è oggi considerata soprattutto un costo per gli allevatori: il ricavo medio della vendita dei velli di razza non selezionata non ripaga i costi di tosatura. Se la lana non viene utilizzata, come spesso accade, deve essere smaltita come rifiuto speciale con forti oneri economici e di gestione per l’allevatore.

11 – Cocullo (AQ), Abruzzo. Maggio 2019. La festa di San Domenico, conosciuta anche come la festa dei serpari, si svolge a Cocullo il 1º maggio. Sembra che le origini siano antiche, riconducibili al rito pagano di venerazione della dea Angizia. Da Marzo i serpari di ogni età (i bambini imparano presto) vanno a caccia di serpenti non velenosi e li conservano a casa in teche apposite. In prossimità del 1° Maggio i serpenti vengono pesati, misurati, schedati e microchippati dall’erpetologo. Durante la festa la maggior parte dei cervoni è utilizzata per adornare la statua di San Domenico che viene portata in processione per il paese. Al termine di questa ogni serparo riprende i suoi serpenti (segnati con fascette) per riportarli nei giorni seguenti dove li ha trovati. Il rito avrebbe lo scopo di proteggere dal morso dei serpenti velenosi ma funge anche come rito di iniziazione.

12 – Scanno (AQ). Luglio 2021. Giada (28 anni) con Margherita Ciarletta (90 anni), una delle ultime donne che indossano quotidianamente l’abito tradizionale di Scanno. Esso viene attualmente utilizzato in occasione di feste e rievocazioni storiche. La gonna di lana può arrivare a pesare fino a 15 kg, dando a chi la indossa un portamento “regale”. Margherita racconta che ha iniziato ad indossare l’abito per sua scelta. Nel dopoguerra era pronto per la sorella maggiore che non volle metterlo, lo scelse lei. In quel periodo molte famiglie lasciavano Scanno per cercare lavoro in altre città d’Italia o all’estero e le donne che l’avevano in uso si trovarono nella condizione di smetterlo.

13 – Scapoli (IS), Molise. Luglio 2019. In occasione del Festival della zampogna. Antonio (67 anni), pluristrumentista per passione e scultore per professione, in attesa del pranzo presso la casa dell’amico Franco, costruttore di zampogne. Antonio non si dà pace per il fatto che suo figlio non comprenda e apprezzi la musica popolare e il senso di comunità che ne deriva. Lui, figlio di una ‘strega’ che si esprimeva solo per proverbi, non ha eredi a cui trasmettere la memoria di un mondo antico.

14 – Passo San Leonardo, Pacentro (AQ). Luglio 2020. Marco Ultimo (57 anni) discende da una famiglia di pastori. Lo stazzo dove il suo gregge trova rifugio per la notte nei mesi estivi è stato costruito da suo padre. Lui dorme in una roulotte accanto. La possibilità di utilizzare gli stessi posti per il pascolo e per il rifugio notturno dipende ogni anno dalla decisione del comune di Pacentro tramite la concessione della Fida Pascolo.

15 – Scanno (AQ). Luglio 2021. Giovanni (22 anni) durante la mungitura. Nonostante la sua giovane età ha scelto di farsi carico della gestione della fattoria di famiglia, pur consapevole dei sacrifici e delle rinunce conseguenti a tale decisione.

16 – Nei pressi di Frattura Vecchia (AQ). Luglio 2021. Durante la transumanza verticale organizzata dall’agriturismo La Porta dei Parchi, aperta anche alla partecipazione di turisti. La transumanza è una prassi tipica della pastorizia tradizionale; è lo spostamento periodico delle greggi dai pascoli primaverili-estivi in quota a quelli autunnali-invernali delle pianure più miti. Serve ad assicurare al bestiame un buon pascolo e un clima ottimale per tutto l’arco dell’anno. La transumanza è stata inserita nel 2019 dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale, che ha riconosciuto il valore della pratica sulla base di una candidatura transnazionale presentata da Italia, Austria e Grecia.

17 – Nelle vicinanze di Frattura Vecchia. Luglio 2021 (AQ). Costantin Birzan con la sua cavalla in un momento di riposo durante la transumanza organizzata da La Porta dei Parchi, prima dell’arrivo a Frattura Vecchia. Questo è un piccolo borgo, sito a circa 1260 metri sul livello del mare, andato quasi completamente distrutto a causa del sisma della Marsica del 1915. Al momento del terremoto i residenti censiti erano circa 350; 120 furono le vittime, quasi l’intera popolazione effettivamente presente, per lo più donne e bambini in quanto gli uomini transumavano con le greggi in Puglia oppure erano emigrati negli Stati Uniti. Dell’antico abitato rimangono dei ruderi dell’originario nucleo.

Scheda autore

Simona Iurlaro

Terra Amara 17

Simona Iurlaro nasce a Milano nel 1973. Oggi vive a Lodi, dove lavora come neurologa. Si avvicina alla fotografia nel 2015; realizza lavori come “100 giorni di mobilitazione per i bambini di Lodi”. Nel 2021 frequenta la WSP Masterclass di reportage e pubblica il lavoro “oltre la soglia” su Internazionale.

Fotocamera: Fujifilm X-Pro2
Obiettivo: Fujifilm 18-55

English version

Terra Amara

Pictures by Simona Iurlaro.

Text by Simona Iurlaro and Valerio Di Martino

Years and years ago, the people who lived in the Appenines believed in fantastic creatures’ existence, such as witches, dragons and devils. Nowadays, these skies do not host dragons anymore and these stories became just legends, and sadly the Appenines are fighting to preserve their magic veil. The tragedy began after the World War 2 when the people started leaving the mountains and migrating to more structured and modern cities: religion, agriculture and traditional festivals tried to stop this migration, but they couldn’t do too much. This “escape” caused three principal phenomena: depopulation, building abandonment and demographic decline.

The last decade (especially the Covid pandemic emergency period) has proved an interesting reverse trend. Some people are now re-trying to live in the Appenines, because the urban lifestyle is getting faster and faster, and it’s not allowed to stop. This is the sign that the mountains can still recover their soul, and the photographer Simona Iurlaro showed that to us with her pictures, which make us instantly think about history, will and survivance.