Still

WJ #136

“Tre centimetri dietro gli occhi ci sono, sono vivo e sono cosciente”

Pino Donghi, Tre centimetri dietro gli occhi

Nell’Unità di cura intensiva R1 della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) dell’Italian Hospital Group di Tivoli a volte gli oggetti inanimati che si trovano nelle stanze accanto ai pazienti appaiono più vitali dei pazienti stessi. “Dov’è ora la persona che sto guardando? Lì dentro c’è qualcuno in grado di sentirmi? Siamo autorizzati a escludere che ci sia una attività cerebrale che si coagula intorno alle parole ‘pensiero’ e ‘memoria di sé’?”. Questi sono alcuni degli interrogativi che hanno portato Monica Pittaluga a raccontare la vita di persone con gravi deficit che ne compromettono l’esistenza autonoma, tra cui, in particolare, i pazienti in stato alterato di coscienza causato da un danno cerebrale acuto in seguito a trauma o malattia.   

Le RSA nel loro complesso sono venute all’attenzione dei media e della politica sanitaria durante gli anni della pandemia.  L’Istituto Superiore di Sanità, con il Garante Nazionale dei Diritti delle Persone, ha contato 9154 morti avvenute nelle strutture delle RSA durante la pandemia.

Le alterazioni dello stato di coscienza che si incontrano nei reparti intensivi delle RSA possono essere classificati in tre stati, a seconda della profondità del deficit:  lo stato di minima coscienza, che comporta un deficit severo ma non completo della consapevolezza; lo stato vegetativo, in cui manca una risposta congrua agli stimoli, per cui i pazienti sono in grado di aprire gli occhi, avere riflessi motori, lacrimare o accennare un sorriso ma nessuna di queste azioni appare in relazione agli stimoli interni ed esterni; infine il coma, che prevede la mancanza globale della reattività, dove anche la mera sopravvivenza può essere legata al supporto esterno. In Italia si stimano tra i 10 e i 15 i nuovi casi di gravi cerebrolesioni ogni anno su 100mila abitanti. Nel 2017 erano 3mila le persone affette da queste patologie.

Al di là della classificazione, nella realtà clinica non è sempre possibile attribuire con certezza lo stato di compromissione della coscienza a uno dei tre livelli, inoltre si osserva spesso una fluidità dei sintomi, dal momento che la transizione da una forma all’altra è possibile, così come lo sono i “risvegli”. Questo è uno degli elementi centrali nel dibattito sulla prosecuzione del sostegno vitale nei casi di stato vegetativo o coma.

Still è una narrazione visiva e introspettiva della fotografa realizzata in un anno di lavoro, da novembre 2021 a settembre 2022, all’interno del polo assistenziale: la fotografia rappresenta il mezzo di espressione del suo smarrimento in presenza di un corpo la cui vita è apparentemente ridotta alla sua meccanica fisiologica.

Still è un percorso sfumato che non sempre permette di distinguere ciò che è vivo da ciò che non lo è.

Il reportage

Didascalie

 

1. Gli operatori sanitari cercano di seguire le tradizioni stagionali, anche se in questa Unità di Cura Intensiva sono pochi i pazienti che sono in grado di partecipare alle feste. Nella foto, una dei sale comuni dopo una festa di Natale.

 

2. Lo stato vegetativo durante l’evoluzione di una patologia cerebrale può implicare la paralisi spastica. Questa condizione può essere dolorosa per i pazienti, in particolare quando gli operatori sanitari ne mobilizzano il corpo durante le cure igieniche. Poiché i pazienti non sono in grado di esprimere il dolore verbalmente, è molto difficile capire veramente la loro sofferenza. Tuttavia, ci sono alcuni segni fisici che possono indicare lo stato di sofferenza, come la variazione della pressione sanguigna, del ritmo cardiaco o movimenti involontari e afinalistici.

 

3. Non è noto con certezza in quale misura gli stimoli sonori sono percepiti dalle persone in stato vegetativo e in coma. Per evitare la deprivazione sensoriale, che può deteriorare le prestazioni neurologiche a qualsiasi livello, le TV, così come la radio e i riproduttori di musica, sono spesso tenuti accesi per diffondere musica e parole.

 

4. Durante le festività gli ambienti comuni vengono decorati cercando di spezzare il bianco e grigio delle pareti.

 

5. Ai familiari è consentito portare nelle stanze dei pazienti oggetti che ricordano la loro vita prima della malattia: foto, piccoli soprammobili, ricordi, fiori e decorazioni natalizie.

 

6. Una delle strutture dell’Italian Hospital Group di notte. Il comprensorio è molto vasto e consta di varie strutture assistenziali, destinate alla cura di problematiche cliniche molto diverse tra loro.

 

7. La struttura ha grandi stanze in cui possono essere portati i pazienti che possono essere mobilizzati in carrozzina e qui, eventualmente, essere visitati dai familiari. Queste stanze restano vuote per lunghi momenti della giornata.

 

8. Il pannello delle chiavi si trova nella stanza della coordinatrice infermieristica, che svolge un lavoro assai delicato in una struttura così grande e complessa.

 

9. Mattino presto in una stanza. Notte e giorno si susseguono senza che nelle stanze ci sia consapevolezza dei ritmi circadiani.

 

10. Una bambola dietro una borsa per la nutrizione enterale. La nutrizione artificiale, in particolare l’alimentazione enterale, attraverso una gastrostomia o un sondino nasogastrico, è necessaria in tutti i pazienti con grave compromissione della coscienza. Questa via di alimentazione innaturale comporta una serie di problemi di salute, gastrointestinali e metabolici, e può portare a una condizione di malnutrizione che è una delle principali cause di declino clinico e insorgenza di complicanze fatali, come le malattie infettive.

 

11. Sonde e pallina. Oggetti di uso quotidiano in R1. Tramite le sonde vengono aspirate le secrezioni respiratorie che affliggono i pazienti con tracheostomia, ovvero che non sono più in grado di respirare per vie naturali. La pallina morbida è invece uno strumento sia di riabilitazione dei movimenti, che di prevenzione delle gravi anchilosi delle mani, che tendono a essere spesso serrate.

 

12. In alcune condizioni patologiche, come quelle neurologiche degenerative, accompagnate da demenza, esiste una comprovata valenza terapeutica dell’interazione tra il paziente e una bambola. L’efficacia di questo intervento è ovviamente limitata a una fase in cui i canali comunicativi sono funzionanti. Anche quando questa interazione non è più possibile, a volte i parenti lasciano una bambola accanto al paziente, nella speranza di una forma di reazione.

 

13. I corridoi della R1 sono decorati con immagini colorate, per lo più rappresentati scene di natura. Nello stato vegetativo, anche se le vie nervose della percezione visiva sono intatte, i pazienti sembrano incapaci di reagire o seguire uno stimolo visivo, ma in realtà non sappiamo se qualche residuo visivo della loro vita precedente continua a essere rappresentato nello scenario della memoria. 

 

14. Un piccione ucciso nel cortile dell’R1. Facendo una passeggiata nel cortile, una mattina molto presto, ho visto il corpo di questo piccione, probabilmente ucciso da uno dei tanti gabbiani che vivono in città. Questa visione crudele mi ha ricordato che la fine naturale delle persone ospitate in R1 è la morte, che può verificarsi in qualsiasi momento e in un tempo che è difficile da prevedere con precisione. Studi epidemiologici indicano che il tasso di mortalità complessivo nei pazienti con stato di coscienza alterato è di circa 180/1000 persone/anno. Minori probabilità di sopravvivenza sono associate ad alcune variabili, quali: età > 51 anni all’evento acuto, durata della malattia < 1 anno, storia clinica, fattori metabolici, nutrizionali e immunitari (Pagani M. et al J Neurol 2014).

Scheda autore

Monica Pittaluga

Monica Pittaluga è nata Roma. La fotografia è per lei mezzo di ricerca estetica e di comunicazione visiva su aspetti intimi e centrali della vita umana, come la morte, la malattia e il rapporto con il corpo. La scelta del reportage come linguaggio fotografico prevalente è determinata dalla volontà di entrare in profondità nelle realtà che la attraggono. La sua cifra stilistica fa dell’attenzione ai dettagli, di uno sguardo spesso obliquo e mai didascalico il fulcro della sua ricerca fotografica.

Fotocamera: Ricoh G III
Obiettivo: 18.3 mm (27mm equiv.) f/2.8

English version

Still

Photo by Monica Pittaluga

Story edited by Monica Pittaluga e Gianmarco Di Nunzio

“Three centimeters behind the eyes: I am there. I am alive and I am conscious”

Pino Donghi, Tre centimetri dietro gli occhi

In the Intensive Care Unit R1 of the Residences with Sanitary Assistance (RSA) of the Italian Hospital Group of Tivoli sometimes inanimate objects that are in the rooms next to patients appear more vital than the patients themselves. “Where is now the person I’m looking at? Is anybody in there able to listen me? Are we allowed to rule out that there is a brain activity that coagulates around the words ‘thought’ and ‘memory of self’?”. These are some of the questions that led Monica Pittaluga to tell the life of people with serious deficits that compromise the autonomous existence, including, in particular, patients in an altered state of consciousness caused by acute brain damage as a result of trauma or disease.   

The RSA as a whole came to the attention of the media and health policy during the years of the pandemic.  The Istituto Superiore di Sanità, with the National Guarantor of the Rights of Persons, counted 9154 deaths occurred in the RSA structures during the pandemic.

Changes in the state of consciousness encountered in intensive RSA wards can be classified into three states, depending on the deficit depth:  the state of minimum consciousness, which leads to a severe but not complete deficit of awareness; the vegetative state, in which there is no adequate response to stimuli, so patients are able to open their eyes, have motor reflexes, tear or mention a smile but none of these actions appear in relation to internal and external stimuli; finally the coma, which foresees the global lack of reactivity, where even mere survival can be linked to external support. In Italy it is estimated that between 10 and 15 new cases of severe brain injury every year in 100 thousand inhabitants occur. In 2017 there were 3 thousand people affected by these diseases.

Beyond classification, in clinical reality it is not always possible to attribute with certainty the state of impaired consciousness to one of the three levels, moreover, a fluidity of symptoms is often observed, since the transition from one form to another is possible, as are the “awakenings”. This is one of the central elements in the debate on the continuation of life support in cases of vegetative state or coma.

Still is a photographer’s visual and introspective narration of a year (November 2021 to September 2022) of work within the care center: photography represents the means of expression of her bewilderment in the presence of a body whose life is apparently reduced to its physiological mechanics.

Still is a nuanced path that does not always allow us to distinguish what is alive from what is not.