(S)radicati

WJ #146

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie (Giuseppe Ungaretti)

Il batterio della “Xylella fastidiosa” ha causato danni irreversibili nel tessuto socioculturale, ambientale ed economico del Salento provocando la morte di oltre 21 milioni di olivi, più del 70% della produzione olivicola salentina. L’epidemia, scoppiata a Gallipoli nel 2013, avanza con una velocità di diffusione pari a 2km al mese raggiungendo oggi le porte di Bari.

Fin dalle antiche civiltà greca e romana, l’olio di oliva è stato simbolo di prosperità e benessere all’interno del bacino culturale mediterraneo. Le prime coltivazioni sono state riscontrate circa seimila anni fa in Mesopotamia, area corrispondente all’odierno Medio Oriente, tramite l’addomesticamento di alcune piante di olivi selvatici. Per mezzo degli scambi mercantili l’olivo è approdato nella penisola italiana, importante crocevia commerciale, dove si è trasformato in un vero e proprio culto, sacro e profano. L’olio di oliva veniva difatti utilizzato come unguento nei rituali cristiani, dal battesimo alla consacrazione di sacerdoti e vescovi, fino all’estrema unzione; in medicina per la guarigione delle ferite; dagli atleti nelle antiche sorgenti termali per idratarsi e proteggersi dal sole; come condimento, grazie ai suoi principi nutritivi; infine, fu anche combustibile per l’illuminazione domestica. Un prodotto dai molteplici usi, senza distinzione di classe.

Rotta meno propizia è quella che dieci anni fa ha determinato l’importazione nel Belpaese di alcune piante ornamentali di caffè dal Costa Rica, regione dove il batterio era già ampiamento diffuso. La scoperta dell’agente patogeno “Xylella fastidiosa” risale alla seconda metà del diciannovesimo secolo a cura del fitopatologo Newton Pierce a seguito della devastazione anomala di alcuni vigneti californiani. L’insetto vettore del batterio alla base della sua diffusione è la Philaenus spumarius o più comunemente “sputacchina media”, nome che deriva dalla schiuma bianca che circonda l’insetto nei suoi stadi iniziali. Molto popolosa in Salento, essa si nutre della linfa delle piante e dei relativi batteri, i quali, moltiplicatisi nel suo sistema digerente, vengono iniettati in nuovi rami al pasto successivo. In base alla sensibilità della pianta, la malattia, nota con il nome di “Complesso del Disseccamento rapido dell’Olivo” (CoDiRO), può restare latente o dar luogo alla sintomatologia: il batterio, occludendo i vasi linfatici, impedisce lo scorrimento di acqua e nutrienti conducendo al rapido disseccamento di rami e foglie. Gli olivi a rischio di disseccamento sono circa 37 milioni, mentre 145mila km quadrati sono a rischio di desertificazione. Dopo alcuni ritardi nel contenimento dell’epidemia, oggi si sta investendo sulla prevenzione attraverso nuove misure fitosanitarie ecosostenibili e un piano di controllo degli insetti vettori. L’olivo non è però l’unico possibile ospite per questo batterio, recentemente è stato infatti trovato un nuovo ceppo in alcuni mandorli in provincia di Bari, a cui si somma il rischio per la vite, al secondo posto delle piante legnose più diffuse nella penisola.

Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco dal 2010, l’olio di oliva è frutto di una cultura che si tramanda dai fenici, ai greci, ai romani, a generazioni di contadini che si sono alternati nella cura di piante secolari e millenarie. Simbolo della regione Puglia, oggi va come mai prima protetto nella speranza che continui ad essere emblema di vita e prosperità.

Il reportage

Scheda autore

Gianluca Colonnese

Gianluca Colonnese è un fotografo documentarista e videomaker di Milano, laureato all’UNICAL (Università della Calabria) in Cinematografia documentaria e Antropologia grazie al corso universitario quadriennale DAMS (discipline dell’arte, della musica e dello spettacolo). Ha lavorato in più Paesi, con una particolare predilezione per il Sud America e l’Africa. Come fotoreporter freelance, segue temi storico-sociali e ambientali. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste come: National Geographic, Vanity Fair, 7 Corriere Della Sera, L’Espresso. Le sue opere hanno ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali e sono state esposte in numerosi festival in tutto il mondo.

Fotocamera: Fuji X-Pro2; Canon Mark III; Canon Mark IV
Obiettivo: Fujinon 16 mm-F/1.4; Canon 24 mm-F/1.4; Canon 24-70mm-F/2.8

English version

(Up)rooted

Photo by Gianluca Colonnese

Text by Sarah Taranto

The bacterium Xylella fastidiosa has caused irreversible damage to the socio-cultural, environmental, and economic network of Salento, leading to the death of over 21 million olive trees, representing more than 70% of the region’s olive production. The epidemic, which erupted in Gallipoli in 2013, has advanced at a rate of 2 kilometers per month, now reaching the outskirts of Bari.

Since ancient Greek and Roman civilizations, olive oil has been a symbol of prosperity and well-being within the Mediterranean cultural basin. The earliest olive cultivations were observed around six thousand years ago in Mesopotamia, corresponding to today’s Middle East, through the domestication of wild olive trees. Through mercantile exchanges, the olive tree arrived on the Italian peninsula, an important commercial crossroads, where it transformed into a true cult, both sacred and profane. Olive oil was used as an ointment in Christian rituals, from baptism to the consecration of priests and bishops, up to extreme unction; in medicine for healing wounds; by athletes in ancient thermal springs to hydrate and protect themselves from the sun; as a condiment, thanks to its nutritional properties; and finally, as fuel for domestic lighting. A product with multiple uses, without class distinction.

A less favorable route occurred ten years ago when the importation of ornamental coffee plants from Costa Rica to Italy led to the introduction of the bacterium, already widespread in that region. The discovery of the pathogenic agent Xylella fastidiosa dates back to the late 19th century by the phytopathologist Newton Pierce following the unusual devastation of some Californian vineyards. The insect vector of the bacterium responsible for its spread is Philaenus spumarius, commonly known as the “meadow spittlebug,” named after the white foam that surrounds the insect in its early stages. Highly populous in Salento, it feeds on the sap of plants and their bacteria, which multiply in its digestive system and are injected into new branches during subsequent feedings. Depending on the plant’s sensitivity, the disease, known as “Olive Quick Decline Syndrome” (OQDS), can remain latent or cause symptoms: the bacterium, by clogging the lymphatic vessels, prevents the flow of water and nutrients, leading to the rapid desiccation of branches and leaves. Approximately 37 million olive trees are at risk of drying out, while 145,000 square kilometers are at risk of desertification. After some delays in containing the epidemic, efforts are now focused on prevention through new eco-sustainable phytosanitary measures and a vector insect control plan. However, the olive tree is not the only potential host for this bacterium; recently, a new strain was found in some almond trees in the province of Bari, adding to the risk for vines, the second most widespread woody plants in Italy.

Recognized as intangible cultural heritage by UNESCO since 2010, olive oil is the result of a culture passed down from the Phoenicians, Greeks, and Romans to generations of farmers who have cared for centuries-old and millennia-old trees. A symbol of the Puglia region, today it must be protected more than ever, in the hope that it will continue to be an emblem of life and prosperity.