South, oil and magic

WJ #93

Viggiano, Basilicata. La più grande piattaforma di estrazione petrolifera d’Europa si estende per oltre millequattrocento chilometri quadrati, ai piedi del Sacro Monte e del santuario della Madonna Nera; nera come “l’oro” che scorre e ribolle nel sottosuolo della Val d’Agri

 

Qui viene estratto l’80% del petrolio italiano, che ammonta a circa il 10% del fabbisogno energetico del paese. Eni, Geogastock, Shell e Total sono alcune delle compagnie petrolifere che investono in progetti di sviluppo in una delle regioni più povere d’Italia, estraendo migliaia di barili al giorno. C’è chi ha parlato di “Texas italiano”, di “Basilicata Saudita”, ma la Val d’Agri pare piuttosto presentare similitudini col Venezuela degli ultimi anni, rispecchiandosi nei concreti rischi di un’economia a trazione unidirezionale altrimenti condannata ad una prospettiva di ristagno.

La storia delle estrazioni energetiche in questi territori del Mezzogiorno non ha, però, origini recenti. Il regio decreto 1443 del 29 luglio 1927, che aprì la strada alla “ricerca e coltivazione delle miniere”, rappresenta la prima pietra del massiccio sviluppo dell’industria estrattiva di idrocarburi, la quale sarebbe poi esplosa negli anni Novanta, fino ad arrivare ai recenti sviluppi della legge Sblocca Italia, artefice di un ulteriormente indebolimento del potere decisionale degli enti locali.

Le attività degli stabilimenti del Centro Oli fanno di Viggiano una delle località estrattive più ricche d’Europa, ma i sindacalisti locali sostengono che solo un’irrisoria percentuale degli oltre 11 miliardi di royalties versati dall’Eni nelle casse comunali nel quindicennio 1998-2013 sia stata investita in progetti di nuova occupazione per la popolazione locale.

Ed è proprio sulla popolazione e sulle attività tradizionali che l’impatto dell’industria petrolifera si presenta più gravoso. Oltre ai disagi ecologici causati dalle trivellazioni, primo su tutti l’inquinamento del lago del Pertusillo tra i comuni di Spinoso, Montemurro e Grumento Nova, sono anche i numeri sull’impiego della popolazione locale ad essere impietosi. La Val d’Agri trabocca, infatti, di tecnici stranieri e manodopera proveniente da altre zone del paese, mentre alla gente del posto tocca accontentarsi di contratti a tempo determinato per attività a basso reddito e poco qualificate (manutenzione, servizi di vigilanza).

Ma più di tutto, in questi contentini assistenzialisti si rifrange l’immagine di un popolo soggetto ai rischi di una drastica mutazione identitaria. Le raffinerie si stagliano nel cielo della Val d’Agri come cattedrali nel deserto, miraggi industriali bramati da una popolazione afflitta dal tramonto di attività tradizionali legate all’agricoltura e all’artigianato.

Nel suo “Il totem nero. Petrolio, sviluppo e conflitti in Basilicata”, l’antropologo napoletano Enzo Alliegro parla di un cambiamento profondo nei rapporti tra territorio e popolazione, la quale pare aver smarrito il senso di fiducia nella terra e nei suoi prodotti, ormai percepiti come nocivi e contaminati. Il “rumit”, la maschera dell’uomo-albero eremita tipica del carnevale del vicino paese di Satriano di Lucania, rappresenta un mirabile esempio del rapporto viscerale tra uomo e natura, da sempre presente nel folklore di queste zone, ma oggi quantomai incrinato dagli effetti nefasti delle trivellazioni.

Da benevola e premurosa a foriera di sventure, la natura pare, dunque, aver perso quel carattere magico e quell’avvolgente senso del mistero che un tempo si manifestava anche sulle tradizioni popolari.

Nero è il petrolio, come nero era il colore dei musicisti itineranti. Terra di liutai ed ebanisti, Viggiano è da secoli patria dell’arpicella, un’arpa di piccole dimensioni la cui produzione ha rappresentato, fino a pochi decenni fa, una delle più longeve e significative tradizioni legate alla musica popolare italiana.

Oggi, la magia di quella musica perisce sotto il peso di uno sviluppo dalle scarse prospettive di sostenibilità, gettando un profondo senso di incertezza sull’avvenire di un patrimonio culturale e identitario i cui tratti emblematici divengono sempre più indistinti.

 

Il reportage

Scheda autore

Emanuele Gaudioso

Emanuele Gaudioso (1986) prendendo spunto dal la- voro di tesi in sociologia, basa le sue ricerche sull’esplorazione del rapporto tra l’individuo ed il potere. Ha vissuto in diversi luoghi in tutta Europa, in particolare nell’Est, tra cui Bulgaria, dove studia fotografia, e Russia. Terminato il percorso magistrale di studi universitario in lingue slave ed anglofone si è dedicato alla fotografia completando presso la Westminster Univer- sity il master in fotogiornalismo e fotografia documentaristica. Vive ed opera attualmente in Italia.

Fotocamera: Canon EOS 5D Mark II
Obiettivo: 24/105mm, 40mm, 25mm e 50mm

English version

South, oil and magic

 

Photography by Emanuele Gaudioso

Story edited by Cristiano Capuano

 

Viggiano, Basilicata. Europe’s biggest onshore oil platform extends across 1.400 squared kilometres, just in front of the Black Virgin Sanctuary; black as the “gold” flowing underneath the Val d’Agri

 

Here, over 80% of the Italian oil is drilled, equivalent to roughly 10% of the basic energetic requirement. Eni, Geogastock, Shell and Total are just some of the oil companies drilling thousands of barrels per day and investing in long-term development projects in one of Italy’s poorest regions. “The Italian Texas”, “Saudi Basilicata” are some of the ways this area has been called, but the Val d’Agri rather seems to remind the Venezuela of the last decades, bearing the burden of a onedirectional economy otherwise destined to stagnation.

The chronicles of petroleum extractions in this area of Southern Italy are anything but recent. Legislations dating back to July 1927 paved the way for today’s massive development of the hydrocarbons extractions business. Oil platforms make Viggiano one of Europe’s richest extracting towns, but local unionists report that risible percentages of royalties amounting to 11 billions accrued in fifteen years have been reinvested in employment projects for the local population. Locals, and their traditional activities, are the most affected by the devastating oil industry impact. Beside environmental disasters, like the pollution of Lake Pertusillo, figures on local employment are just dramatic: the Val d’Agri is packed with foreign technicians and labour coming from the rest of the country, hence local workers must make do with unskilled and low income jobs such as maintenance and surveillance.

But above all, this form of welfare dependency reflects the threat of a drastic change in local peoples’ identity. Oil platforms symbolise, indeed, the sunset of a traditional heritage based on agriculture and craftsmanship. Anthropologist Enzo Alliegro explains how the oil industry has resulted in a deep change in the relationship between the people and their land. That sort of ancestral faith in the surrounding nature seems to be lost, and the land’s products are now perceived as polluted and unhealthy. Nature has always been a substantial part of the local heritage, as witnessed by many religious and secular customs.

Once benevolent and generous, nature has lost its magical and primordial sense of mystery. Black is the oil today, as black once was the colour of wandering musicians. Home to carpenters and cabinetmakers, the town of Viggiano is the birthplace of a particular kind of small-sized harp, whose production has represented one of the most enduring traditions in Italian popular music. Nowadays, the magic of that music is threatened by scarce perspectives of energetic sustainability, which cast a shadow on the future of a cultural heritage whose feature are becoming more and more blurred.