So East

WJ #97

Cercare di decifrare l’America di Trump in quasi venti giorni non è proprio possibile ma un viaggio attraverso cinque Stati della “east coast”, una volta vero e proprio feudo democratico, può certamente aiutare a capire meglio cosa stia accadendo al di là dell’oceano e perché

Stati Uniti e Italia sono separati, oltre che dall’oceano Atlantico, anche da profonde differenze sociali, economiche, storiche e culturali. Eppure, forse per l’effetto di una crisi economica globale, ciò che è accaduto all’ombra dei grattacieli di New York non è poi così diverso da quanto successo nei pressi del Colosseo a Roma, almeno per quanto attiene alla politica.

Il mio viaggio è cominciato nella grande mela, vera e propria città stato nonché sede elettiva dell’economia finanziaria mondiale. Esattamente come accade in Europa per Londra, Parigi, Berlino o Milano, New York non è certamente lo specchio attraverso cui decodificare il voto americano. Città cosmopolita per antonomasia, seppure con le mille storture e contraddizioni del modello capitalistico nella sua massima espressione, questo straordinario “melting pot” ha dimostrato di avere anticorpi piuttosto robusti nei confronti della propaganda populista alla base del concetto di America first che ha portato Trump alla Casa bianca. Qui il tycoon non ha sfondato, né a Manhattan, dove pure risiede da sempre, né nelle aree più povere abitate da “latinos” e “neri” come i quartieri di Bushwick a Brooklyn o nel più lontano Queens.

Basta prendere la macchina e allontanarsi di poche miglia verso l’interno per rendersi conto che New York è molto più distante di quanto segnalato effettivamente dal navigatore. Guidando verso Philadelphia, si attraversano aree industriali che mostrano i segni della crisi economica, esattamente come i volti delle persone che ho incontrato. Sono soprattutto esponenti del ceto medio, di quella working class che si è sentita tradita, a destra come a sinistra, da una classe politica accusata di aver calato anzitempo il sipario sul loro “sogno americano”. Sono gli stessi che oggi plaudono alla propaganda di Trump che continua a offrire, almeno a parole, una prospettiva di riscatto sociale ed economico, facendo leva su concetti semplici ma efficaci come l’orgoglio nazionale.

Se Philadelphia rappresenta senza dubbio il laboratorio più interessante di un’America distante anni luce dal modello proposto dal nuovo Presidente, basta spingersi poco più a sud, fino a Baltimora, per trovare una situazione di segno opposto, caratterizzata da un tasso di disoccupazione decisamente più alto della media nazionale, accompagnato da un diffuso disagio sociale e dove Trump non ha sfondato probabilmente più per la paura generata delle sue posizioni sugli immigrati che non per l’adesione alle proposte della Clinton. Anche nel Maryland, come in Pennsylvania, nel Delaware o in New Jersey, se si lasciano autostrade e grandi città, spostandosi verso le piccole contee, le cose cambiano e si passa dai cartelli con lo slogan Black lives matter a contenuti decisamente diversi.

L’America più profonda, lontana dalle influenze delle metropoli, si è identificata in fretta nelle promesse elettorali di Trump e nell’idea rassicurante di una nazione che mettesse al centro i valori propri di quello stesso modello di provincia, esattamente come accaduto nel nostro Paese alle ultime elezioni. Nel bellissimo paesaggio naturale di questi territori, dove regna un isolamento che non è solo fisico, ma soprattutto culturale, si respira la voglia di tornare ad avere un’America forte, ben riassunta dallo slogan “Let’s make America great again”, anche a costo di stravolgere quella visione globale del mondo su cui gli Stati Uniti hanno rafforzato via via la propria egemonia politica ed economica dal dopoguerra ad oggi. Un cambiamento radicale che ai miei occhi è apparso più figlio di un ragionamento per così dire di pancia che non di cervello e che Trump ha saputo trasformare nella formidabile spinta che lo ha portato alla Casa bianca addirittura contro il volere dell’establishment del suo stesso partito. L’eco del Russia gate nella provincia non arriva che come un debole rumore di fondo, facilmente etichettato come congiura o fake news e non sposta di un millimetro il pensiero di chi ha risposto nelle mani del nuovo Presidente la speranza di poter continuare a credere nel sogno americano. Come in Italia, anche negli States, la vittoria di Trump fa leva sulla cecità dei suoi avversari che non hanno saputo leggere per tempo l’insoddisfazione di questa parte di America che si è sentita abbandonata e senza alcun punto di riferimento. Un tragico errore politico, un autogol imperdonabile che gli elettori americani hanno deciso di punire dando la propria fiducia a chi ha capito prima degli altri che era arrivato il momento di interpretare politicamente queste istanze, poco importa se in modo scorretto o populista. Diversamente dalla nostra, la democrazia americana ha una storia molto lunga e le imminenti elezioni di mid-term ci aiuteranno a capire se dopo due anni di Trump, l’orientamento dell’elettorato è rimasto lo stesso o se invece è già cambiato. Non resta che aspettare il prossimo mese di novembre, consapevoli che quello che succede al di là dell’oceano determina e influenza moltissimo tutto il mondo, Europa inclusa.

Il reportage

Scheda autore

Amedeo Novelli

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Nato a Genova nel 1970 cresce tra Roma e Milano, città nella quale vive ancora oggi. Fotografo e giornalista professionista, dopo dieci anni trascorsi nelle redazioni di diversi editori, nel 2007 fonda Witness Journal il primo magazine online di fotogiornalismo che è tuttora anche il fulcro editoriale dell’omonima associazione.
Docente del corso di Fotogiornalismo di Contrasto, dal 2016 è diventato uno dei cinque Sony Global Imaging Ambassador che rappresentano l’Italia a livello worldwide.
La sua attività fotografica varia dalle immagini ufficiali dei grandi eventi (EXPO, Finali di Champion’s League, Isozaki Tower, UEFA HWC, ecc.) alla comunicazione commerciale per numerosi brand internazionali. Parallelamente porta avanti progetti di fotografia sociale attraverso l’associazione Riscatti (esposti al PAC di Milano nel 2014 e nel 2015) ma anche ricerche di stampo autoriale di genere Street.
Amedeo, infine, ha una rubrica fissa su Il Fotografo diretto da Denis Curti e collabora con il gruppo Sprea come consulente per le riviste di fotografia del gruppo.

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Fotocamera: Sony Alpha 9 e Sony RX1-R2
Obiettivo: 35mm

English version

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So East

Photography and story by Amedeo Novelli

 

Trying to understand Trump’s America in less than twenty days is almost impossible but a trip through five East Coast states can certainly help you better decode what is really happening on the other side of the ocean and, above all, because

 

United States and Italy are separated, not only by the Atlantic Ocean, but also by profound social, economic, historical and cultural differences. Yet, perhaps due to the effect of the global economic crisis, what happened in the shadow of the skyscrapers of New York is not so different from what happened near the Colosseum in Rome.

 

My journey began in the Big apple, capital of the world financial economy. Biggest cities such as London, Paris, Berlin or Milan, as well as New York, are not the mirror through which to understand the American vote. Is a matter of fact that this extraordinary “melting pot” has shown to have rather robust antibodies against the populist propaganda at the base of the concept of America first that brought Trump to the White House. Here the tycoon has not broken through, nor in Manhattan, where it has always resided, nor in the poorest areas inhabited by “latinos” and “blacks” such as the Bushwick neighborhoods in Brooklyn or Queens.

 

Just drive a few miles inland to realize that New York is much more distant than actually reported by the navigator. Going towards Philadelphia, I cross industrial areas that show signs of economic crisis, just like the faces of the people I met. They are mainly exponents of the middle class that felt betrayed by a political class accused of having prematurely lowered the curtain on their “American dream”. They are the same ones who today applaud Trump’s propaganda, which continues to offer, at least in words, a perspective of social and economic redemption, relying on simple but effective concepts such as national pride.

 

If Philadelphia is undoubtedly the most interesting laboratory of an America so far away from the model proposed by the new President, just go a little further south, up to Baltimore, to find a situation of opposite sign, characterized by a much higher unemployment rate, accompanied by widespread social hardship and where Trump did not break through probably more due to the fear generated by his positions on immigrants than by people adherence to Clinton’s proposals. Even in Maryland, such as Pennsylvania, Delaware or New Jersey, if you leave highways and big cities, moving to small counties, things change very fast and you discover a different America.

 

In the beautiful natural landscape of these territories, where the isolation is not only physical, but mostly cultural, people wants a stronger America, the same well summarized by the slogan “Let’s make America great again”. It doesn’t matter if it means to disrupt that global vision of the world on which the United States has gradually strengthened its political and economic hegemony from the post-war period to today. The echo of the Russian gate in the province sounds as a faint background noise, easily labeled as a conspiracy or fake news and does not move an inch the thought of those who believe in President’s idea of a stronger America. As in Italy, even in the States, Trump’s victory is based on the blindness of his opponents who have not been able to read in time the dissatisfaction of these americans that felt abandoned and without any reference point. A tragic political mistake that voters have decided to punish. Unlike ours, American democracy has a very long history and the upcoming mid-term elections will help us to understand if after two years of Trump, the orientation of the electorate has remained the same or if it has already changed. All that remains is to wait for the next month of November, aware that what happens beyond the ocean determines and influences very much the whole world, including Europe.[:][:][:][:][:][:]