Salt for life

WJ #149

Ci dev’essere qualcosa di stranamente sacro nel sale. Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare.
(Khalil Gibran)

Terminata la stagione dei monsoni, tra settembre e ottobre, gli Agariya, una comunità indiana seminomade che vive nello stato del Gujarat e si occupa della raccolta del sale da centinaia di anni, si spostano dai villaggi che sorgono ai margini del deserto del Little Rann of Kutch verso le aree più interne. Portano con sé tutto il necessario per la loro permanenza in quell’area per i successivi 8 mesi, durante i quali si dedicano alla cosiddetta “coltivazione del sale”, attività che attualmente coinvolge circa 40.000 persone con una produzione che copre il 76% del totale prodotto in India.

Il Little Rann of Kutch, in tempi remoti, era una baia poco profonda del mar Arabico il cui fondale, a causa di movimenti tettonici, si è sollevato trasformandola prima in un lago salato e poi in un deserto. Nel sottosuolo, in profondità, è ancora presente acqua salata con un livello di salinità da 4 a 6 volte superiore a quella del mare.

Arrivati nelle aree in cui avviene la raccolta del sale, gli Agariya costruiscono abitazioni temporanee realizzando uno scheletro in legno che viene in seguito coperto con teli di juta e plastica. Terminata questa fase, hanno inizio le varie fasi di lavorazione. Viene scavato, interamente a mano, un pozzo profondo diversi metri fino a raggiungere l’acqua salata presente nel sottosuolo: essa viene pompata in superficie all’interno di enormi vasche comunicanti tra loro attraverso stretti canali. Le vasche vengono ottenute creando argini in fango pressato, anche questi realizzati completamente a mano. Il passaggio dell’acqua da una vasca all’altra ne favorisce la lenta evaporazione sotto il sole del deserto (in estate le temperature possono arrivare a 50 gradi centigradi) e consente la formazione dei cristalli di sale che vengono lavorati tutti i giorni a più riprese con grossi rastrelli di legno in modo che si agglomerino tra loro, aumentando di dimensione e conseguentemente di valore alla vendita.

La vita dei raccoglitori è molto dura; oltre a dover lavorare con temperature elevatissime, il costante contatto con il sale provoca loro problemi alla pelle, soprattutto agli arti inferiori (spesso gli Agariya lavorano a piedi nudi immersi nell’acqua) e il riverbero del sole sul bianco del sale crea problemi agli occhi anche molto seri. Il prezzo che viene pagato ai raccoglitori è bassissimo, in media dai 2 ai 4 dollari per tonnellata, mentre il prodotto raffinato vale in media intorno ai 240 dollari.

Fino a qualche anno fa buona parte del guadagno degli Agariya veniva eroso dal costo del gasolio necessario per il funzionamento delle pompe di estrazione dell’acqua del sottosuolo. Da qualche tempo sia il governo sia alcune ONG hanno studiato dei piani di finanziamento per l’acquisto di elettropompe e di pannelli solari per la produzione di energia elettrica. Il loro utilizzo permette di impiegare le pompe diesel solo la notte, aumentando notevolmente il margine di profitto e consentendo di ridurre le emissioni di inquinanti, con evidenti benefici per le persone e per l’ambiente.

Oggi però gli Agariya si trovano ad affrontare nuovi problemi: il 21 febbraio 2023 il governo del Gujarat ha emesso un’ordinanza con la quale nega la concessione di utilizzo dei terreni a tutti i soggetti che non riescono a dimostrare di averne i diritti. Questo risulta per molti impossibile, considerato che l’attività di coltivazione del sale viene praticata senza particolari regolamentazioni da molto prima del 1973, anno in cui il Little Rann of Kutch è stato dichiarato area protetta e sono entrate in vigore diverse restrizioni sulle attività consentite al suo interno. In caso fosse negata ad una parte della comunità Agariya la possibilità di utilizzare i terreni per la coltivazione del sale, ciò comporterebbe la perdita della loro unica fonte di sostentamento e potrebbe avere ripercussioni negative sull’intera comunità.

Il reportage

Scheda autore

Roberto Gregori

Roberto Gregori nasce a Genova nel 1967. Nei primi anni 2000 si avvicina alla fotografia naturalistica spinto dalla passione, presente da sempre, per gli animali e per il viaggio. Tuttavia i viaggi sono anche occasione di incontro con popolazioni e contesti sociali  che fanno nascere in lui il desiderio di documentare la vita delle persone, quindi il suo interesse si sposta prevalentemente sulla fotografia documentaria. Autodidatta, ha studiato sui testi che si possono definire “classici”, ma ha cercato soprattutto di apprendere dai lavori dei grandi maestri del reportage. Ha partecipato a workshop tenuti da fotografi di caratura internazionale (Bulaj, Buzzi, Cito, Pensotti) che gli hanno consentito di acquisire maggiore consapevolezza del “fare fotografia”. Negli ultimi anni segue prevalentemente i lavori di fotografi contemporanei con particolare attenzione per gli autori italiani. 

Fotocamera: Canon EOS 5DMKIII e EOS 40D
Obiettivo: Canon EF 24-105mm f/4, Canon EF 70-200mm f/4, Tokina AT-X 124 PRO DX12-24mm f/4

English version

Salt for life

Photo and text by Roberto Gregori

After the monsoon season, between September and October, the Agariya, a semi-nomadic Indian community that lives in the state of Gujarat and has been harvesting salt for hundreds of years, move from the villages desert to the more inland areas. They bring with them everything they need for their stay in that area for the next 8 months, during which they dedicate themselves to the so-called “salt cultivation”, an activity that currently involves about 40,000 people with a production that covers 76% of the total produced in India. The Little Rann of Kutch, in ancient times, was a shallow bay of the Arabian Sea whose seabed, due to tectonic movements, rose up transforming it first into a salt lake and then into a desert. Deep underground, there is still salt water with a salinity level 4 to 6 times higher than that of the sea.

Today the Agariya have to face new problems: on February 21, 2023 the government of Gujarat issued an order denying the use of land to anyone who cannot prove that they have the rights. This seems impossible to many, given that salt cultivation has been practiced without any particular regulations since long before 1973, when the Little Rann of Kutch was declared a protected area and various restrictions on the activities allowed within it came into force. If a section of the Agariya community were to be denied the possibility of using the land for salt cultivation, it would mean the loss of their only source of livelihood and could have negative repercussions for the entire community.