Saharawi. Oltre l’attesa
WJ #136di Renato Ferrantini
Testo a cura di Renato Ferrantini e Cristiano Capuano. Introduzione di Stefano Corso
I luoghi sono fatti di persone, le persone della loro cultura e del territorio dove sono cresciute e a cui appartengono. Ma se il territorio dove vivi non è il tuo e non ti appartiene, cosa sei?
Nell’arido deserto dell’Hammada, al confine tra il Marocco e la Mauritania, vivono duecentomila rifugiati saharawi. Si tratta di un’area ceduta a sovranità “temporanea” dal governo algerino alla Repubblica Democratica Araba dei Saharawi (RASD), che governa in esilio da quasi cinquant’anni. Un’alternanza di attesa, guerra e diplomazia. Una clessidra senza sabbia. Nel gennaio di quest’anno, l’ultimo congresso del Fronte Polisario – l’organizzazione militante e politica nata nel 1973 – ha chiarito, in parte, i rapporti con il Marocco, e la necessità di «intensificare la lotta per porre fine all’occupazione e ripristinare la sovranità».
Intanto, il popolo resiste, sospeso, tra banderas blancas e pesanti kalashnikov. Sono tante le storie di umanità che questa terra ha da raccontare: c’è chi, come Azma, è nato nei territori occupati e ha combattuto per quindici anni contro il governo marocchino, portando oggi, nello sguardo, la determinazione di tante battaglie; chi, come Hira, ha più volte visto l’Europa, ma non si è potuta permettere gli studi in Spagna; chi riconosce, come Kaver, i sacrifici che la libertà ottenuta attraverso un conflitto comporta; e chi ancora, come Tawualo, si fida più della mediazione dei reporter sul campo che delle parole di una politica malata, nella prolungata attesa di una pace che spezzi la frustrazione del vivere in bilico, sospesi.
Il reportage
Scheda autore
Renato Ferrantini
Renato Ferrantini è nato a Roma, dove vive e lavora come ingegnere. È appassionato di geopolitica e fotoreportage. Si dedica al tema delle migrazioni dal 2015. Ha realizzato reportage fotografici in Bosnia, nel Kurdistan iracheno (2019), ai confini ucraini di Romania e Moldavia (2022) e nei campi dei rifugiati saharawi in Algeria (2023). Segue gli eventi di attualità sociale, prestando particolare attenzione alle mobilitazioni studentesche, alle campagne per i diritti civili e alle lotte contro le discriminazioni etniche e razziali.
Fotocamera: Fuji Xt2
Obiettivo: XF 18-55 1:2.8-4 e XF 35 F1.4 R
English version
Saharawi. Oltre l’attesa
Photo by Renato Ferrantini
Text by Renato Ferrantini and Cristiano Capuano
Two hundred thousand Saharawi refugees live in the arid Hammada desert, on the border between Morocco and Mauritania, an area handed over to “temporary” sovereignty by the Algerian government to the Sahrawi Arab Democratic Republic, which has ruled in exile for almost fifty years of wait, war, and diplomacy: an hourglass with no sand. In January this year, the last congress of the Polisario Front – the militant and political organization born in 1973 – partly clarified the relations with Morocco, and the need to “intensify the struggle, in order to put an end to the occupation and restore sovereignty”. Meanwhile, Sahrawi people resist, hanging between white flags and heavy Kalashnikovs.
Many life stories come out of these camps: Azma was born in the occupied territories, fought for fifteen years against the Moroccan government, and today bears in his eyes a strong determination coming from these years of battles; others, like Hira, visited Europe several times, but could not afford to study in Spain; Kaver acknowledges the sacrifices that a freedom achieved through harsh conflict entails; and others, like Tawualo, have a deeper trust in the mediation and diplomacy of field reporters than in the words and promises of institutional politics, a faith that sits in the prolonged expectation of a peace that would finally disrupt the frustration of living in limbo.