Sabbia e ruggine

WJ #120

Non si può separare la pace dalla libertà perché nessuno può essere in pace senza avere la libertà (Malcom X)

Sono arrivato in Rojava, nel Nordest della Siria, all’inizio del 2018, attraversando le acque grigie del fiume Tigri su una piccola barca a motore. Mi ero lasciato l’Iraq alle spalle e avrei vissuto e lavorato in Rojava per i successivi due anni. Durante quell’esperienza sono entrato in contatto con persone straordinarie: curdi per la maggior parte, ma anche assiri, inglesi, canadesi, nepalesi e gente di tutto il mondo con alle spalle vissuti molto diversi tra loro, ma le cui strade si sono incontrate in quel crocevia di umanità che è la Siria.

Nei miei ricordi, il Rojava è sabbia e ruggine: la sabbia è quella delle pianure desertiche del sud, trasportata dal vento caldo; la ruggine è quella dei macchinari agricoli abbandonati ai bordi delle strade. Il panorama è piatto e duro, ogni cosa sembra coperta di una polvere fine che sbiadisce i colori. Poi però, improvvisamente, in primavera i campi si tingono di verde, la pioggia lava via la polvere e i colori tornano a brillare.

All’inizio del mio soggiorno, rimanevo costantemente colpito da tutto ciò che vedevo accadere intorno a me: le strade del Rojava sono piene di vita e anche le cose più incredibili seguono una logica precisa. Nonostante avessi già passato due anni nel Kurdistan iracheno, tutto mi sembrava nuovo e anche ciò che credevo familiare si rivelava completamente diverso. Scattavo continuamente foto ovunque andassi, anche durante le interminabili ore di macchina sulle sconnesse strade siriane.

Pur avendo viaggiato molto in tutto il Nordest della Siria, dalle pianure coltivate a nord al deserto di Shaddadi a sud, fino alle verdi sponde dell’Eufrate a ovest, ho passato la maggior parte del tempo in una piccola cittadina di campagna chiamata Tal Tamer, famosa per essere stata una roccaforte della Resistenza prima contro l’ISIS, poi contro l’invasione dei turchi. Tal Tamer è un paese di tradizione fortemente curda, abitato anche da arabi e cristiani assiri, ed è qui che ho imparato a conoscere davvero il Rojava.

Nonostante la guerra sia stata e continui a essere una ferita profonda nel cuore del Rojava, non può e non deve essere l’unica chiave di lettura per raccontare questo luogo così complesso dove si incrociano centinaia di migliaia di esperienze umane troppo spesso ignorate. Le storie che possiamo incontrare nelle stradine dei villaggi e nei campi coltivati, infatti, sono storie di quotidianità, non di sangue.

Il reportage

Scheda autore

Francesco Coccoli

Sabbia e ruggine 16

Francesco Coccoli, classe 1990, è nato e cresciuto a Roma. Dal 2014 lavora come esperto di cartografia e mappatura in contesti di emergenze umanitarie, principalmente conflitti armati. All’inizio del 2018 si è spostato nel Nordest della Siria, dove ha passato i successivi due anni lavorando con un’organizzazione umanitaria di sminamento. Questa esperienza gli ha permesso di esplorare in modo estensivo l’area controllata dai curdi conosciuta come Rojava, della quale ha documentato la vita quotidiana.

Fotocamera: Ricoh GRII, Fujifilm XT-30
Obiettivo: Fujinon XF 18-55mm F2.8-4

English version

Sabbia e ruggine

Pictures by Francesco Coccoli.

Text by Francesco Coccoli and Stefano Pontiggia

You can’t separate peace from freedom because no one can be at peace unless he has his freedom (Malcom X)

I first arrived in Rojava in early 2018, crossing the gray waters of the Tigris River in a small motor boat. I had left Iraq behind and would live and work in Rojava for the following two years.

During that experience, I came into contact with extraordinary people: Kurds for the most part, but also Assyrians, English, Canadians, Nepalese, and people from all over the world with very different lives behind them, whose paths met in that crossroads of humanity that is Rojava.

In my memories, that land is sand and rust. The sand is that of the desert plains of the south, carried by the hot wind; the rust is that of abandoned farm machinery by the side of the roads. The landscape is flat and harsh, everything seems covered in a fine dust that bleaches the colors. But then, suddenly, in springtime, the fields turn green, the rain washes away the dust, and the colors shine again.

At the beginning of my time there, I was constantly struck by everything I saw happening around me: the streets of Rojava are full of life and even the most incredible things follow a precise logic. Although I had already spent two years in Iraqi Kurdistan, everything seemed new to me; even what I thought was familiar turned out to be completely different. I was constantly taking pictures everywhere I went, even during the endless hours of driving on the bumpy Syrian roads.

Although I had traveled extensively throughout Northeast Syria, from the cultivated plains in the north to the Shaddadi Desert in the south to the green banks of the Euphrates River in the west, I spent most of my time in a small country town called Tal Tamer. The town is famous for being a stronghold of the Resistance first against ISIS, then against the invasion of the Turks. Tal Tamer has a strong Kurdish tradition, despite also being inhabited by Assyrian Arabs and Christians; this is where I really learned about Rojava.

Despite the war being and continuing to be a deep wound in the heart of Rojava, it cannot and must not be the only key to telling the story of this complex place where hundreds of thousands of human experiences, too often ignored, intersect. The stories we can meet in the streets of villages and cultivated fields, in fact, are stories of everyday life, not of blood.