Road to Presidentialism
WJ #90Viaggio tra i sostenitori delle due fazioni a favore e contro l’introduzione di un sistema presidenziale “a la turca”, nel mese antecedente il referendum dello scorso 16 aprile 2017
Un’elezione ad personam, così è stato interpretato il voto per l’introduzione del sistema presidenziale che prevede un forte accentramento di poteri nelle mani del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, in carica dall’agosto 2014. Un referendum fortemente contestato da chi denunciava la possibile deriva autoritaria in un Paese già provato dal lungo Stato di emergenza, seguito al tentato colpo di Stato dello scorso 16 luglio. Così, ad mese prima delle elezioni, i sostenitori del “sì” e del “no” hanno partecipato ai rally politici e ai comizi in strada, per esporre le proprie ragioni, anche quando ostacolati, come spesso denunciato dai sostenitori del no.
Epici i toni dei rally dei seguaci dell’AKP, il partito del Presidente, che ne celebrano la figura, indossando fasce con il suo nome e le sue foto, celebrandolo come un eroe, come recitato anche nei versi di Uğur Işılak, nel suo riadattamento di Dombra, una canzone kazaka scelta per le elezioni del 2014. Altrettanto solenni i volti degli altri sostenitori del sì, i nazionalisti del MHP, che in quei giorni commemoravano la morte del fondatore Alparslan Türkeş, dedicandogli il gesto delle mani chiuse, che simboleggiano la testa di un lupo, sulla tomba ad Ankara. Una solennità quasi apparente, poiché tra i sostenitori del MHP c’è stata una profonda spaccatura, con una fazione guidata da una donna, Meral Akşener, schieratasi a favore del no.
A fronte di una campagna politica impari, gli altri partiti di opposizione -lo storico partito popolare e l’HDP (Partito Democratico dei Popoli), i cui leader sono in prigione dallo scorso inverno- hanno portato la loro battaglia politica nelle strade e nelle piazze, mostrano i loro cartelloni, al ritmo di We Will Rock You dei Queen, con il testo riadattato in turco per esprimere il loro rifiuto al sistema presidenziale.
A voto avvenuto, e ancor prima dell’annuncio dei risultati ufficiali, i sostenitori del sì hanno celebrato la vittoria del Reis, danzando sotto la pioggia, tra gli agenti della polizia che tentavano di far passare tassisti e automobilisti. A distanza di qualche ora, sono iniziate iniziavano le proteste di chi si è sentito defraudato da un risultato viziato da un’alterazione delle regole elettorali, decisa durante le operazioni di spoglio. Una contestazione seguita nei giorni successivi, per riaffermare il no e quasi a pronunciare una promessa di lotta con un “abbiamo appena cominciato”.
Il reportage presentato è parte di un long term project sui cambiamenti socio-politici turchi, e mostra l’ultima tappa di un percorso politico dell’AKP iniziato con le amministrative e le presidenziali del 2014, che mira ad un governo senza interruzioni fino al 2029, un obiettivo (hedef) che stanno conseguendo al prezzo di un elevato costo sociale.