Resilience

WJ #125

Rossi come il sangue sono i monti e le terre della Birmania

(L’arpa birmana, 1956)

A volte resilienza significa anche difesa e resistenza contro la coercizione e l’attacco alle libertà delle persone. Povertà, corruzione, privazioni, regimi militari totalitari stanno attualmente minando la libertà e i diritti individuali in molti Paesi del mondo, ma stanno anche ricevendo una reazione e un’opposizione organizzate. È il caso di Myanmar, Paese asiatico per lungo tempo controllato dalla dittatura militare. La leader Aung San Suu Kyi, incarcerata per quindici anni a causa del suo attivismo e poi Consigliera di Stato tra il 2016 e il 2021, ha rappresentato per il Paese e il suo popolo un passo verso la democrazia, raggiunto con lotte e sacrifici.

Tuttavia, recentemente, la giunta militare ha ripreso il potere e il controllo sulla nazione. Min Aung Hlaing,  comandante in capo militare, è alla guida della nuova Giunta che ha ribaltato l’esito delle elezioni provocando il nuovo arresto di Aung San Suu Kyi. Min Aung Hlaing ha esercitato a lungo una significativa influenza politica, mantenendo con successo il potere del Tatmadaw – l’esercito di Myanmar – anche quando il Paese stava vivendo la sua transizione democratica.

Tutto questo, però, non sta avvenendo in modo indisturbato. La violazione dei diritti umani sembra essere esercitata nel silenzio e nell’indifferenza della politica internazionale, ma le proteste e le reazioni interne sono state molto forti. Le proteste seguite al colpo di Stato sono le più vibranti da anni e la reazione dell’esercito lo dimostra. Sono state imposte restrizioni, tra cui coprifuoco e limiti ai raduni. Le forze di sicurezza hanno usato cannoni ad acqua, proiettili di gomma e munizioni vere per cercare di disperdere i manifestanti. Nel frattempo Win Myint, presidente a Myanmar dal 2018 al 2021, ha annunciato la creazione di un governo ombra allo scopo di denunciare le violenze e cacciare definitivamente i militari dal potere.

Questo è dunque un progetto a lungo termine, risultato di un viaggio iniziato nei Paesi del sud-est asiatico. Tra agosto 2019 e marzo 2020 ho attraversato 4 frontiere e sono arrivato in Myanmar, la mia ultima destinazione a causa dell’insorgere della pandemia. Mi hanno affascinato gli squilibri tipici dei Paesi del sud est asiatico; ho quindi voluto raccontare ciò che in qualche modo esiste ma è sempre fuori dai riflettori, visto che per lo più si tende a puntare sulle attrazioni turistiche tralasciando tutto il resto. Una ricerca personale di resilienza, come concetto, è iniziata con l’uso della fotografia. È un viaggio lento e non convenzionale, oltre che una ricerca di dettagli e particolarità, di un’infanzia nascosta e del suo legame che si spezza.

Il reportage

Scheda autore

Francesco Berlingerio

Resilience

Francesco Berlingerio è nato a Brindisi nel 1980. Dopo la sua laurea in Sociologia, ha proseguito la sua carriera professionale nel Regno Unito nel campo della protezione dei bambini, e da allora, ha lavorato con un certo numero di autorità locali. Ha iniziato a fotografare solo a 23 anni e si è immerso nello studio della fotografia analogica, nello sviluppo della pellicola in camera oscura. Ha collaborato con agenzie fotografiche di stampa con sede in Italia e giornali italiani, come il Manifesto, Diario, e Il Messaggero. Attualmente risiede a Londra e il suo lavoro è impegnato in progetti a lungo termine e lavori su commissione.

Fotocamera: Fuji XT2, Fuji XT3
Obiettivo: 24mm, 35mm

English version

Resilience

Photo by Francesco Berlingerio. Text by Francesco Berlingerio and Stefano Pontiggia

The soil of Burma is red, so are its rocks

(The Burmese Harp, 1956)

Sometimes, resilience also means defense and resistance against coercion and the threat to human rights and civil liberties. Poverty, corruption, deprivation, totalitarian military regime, are currently undermining individual freedom and rights all over the globe; nevertheless, those are also facing opposition and organized resistance to it. That’s the case for Myanmar, which the military dictatorship has controlled for an extensive time. The leader, Aung San Suu Kyi, incarcerated for fifteen years because of her activism and then State Councilwoman between 2016 and 2021, represented before the country and its people a step towards democracy, achieved with sacrifices and struggles.

However, recently, the military junta regained power and control over the nation. Min Aung Hlaing, military commander-in-chief, leads the new junta that overturned the election outcome causing Aung San Suu Kyi to be re-arrested. Min Aung Hlaing had long wielded significant political influence, successfully maintaining the power of the Tatmadaw – Myanmar’s army – even when the country was undergoing its democratic transition.

All of this, however, is not happening unabated. The violation of human rights is now exercised in the silence and indifference of international politics, but the protests and internal reactions have been vigorous. The demonstrations following the coup are the most vibrant in years, and the army’s response shows this. Restrictions have been imposed, including curfews and limits on gatherings. Security forces have used water cannons, rubber bullets, and live ammunition to disperse protesters. Meanwhile, Win Myint, President of Myanmar from 2018 to 2021, announced the creation of a shadow government to expose the violence and permanently oust the military from power.

Therefore, this is a long-term project resulting from a journey, which started in South East Asian countries. Between August 2019 to March 2020, I crossed four borders, and I arrived in Myanmar, my last destination, due to the onset of the pandemic. I was fascinated by the imbalances typical of southeast Asian countries, telling what somehow exists but is always out of sight. Mostly, there is a tendency to point on touristic attractions, leaving aside all the rest. Personal research of resilience, as a concept, has begun with the use of photography. It is a slow and unconventional journey and a search for details and peculiarities of a hidden childhood and its broken bond.