Ramadan
WJ #120Il Ramadan è come un raro fiore che sboccia una volta l’anno e proprio quando inizi a sentire il suo profumo, scompare per un altro anno.
Nel 2011 la giunta comunale di Genova approvò una delibera per la costruzione di una moschea in città, ma molte voci si opposero alla sua attuazione, senza sapere tuttavia che a Genova una moschea c’era stata per secoli.
Della presenza di luoghi di culto musulmani si ha testimonianza fin dal Medioevo: schiavi, mercanti, scribi, tecnici e intellettuali transitavano per la Repubblica di Genova, che aveva concesso loro libertà di culto e luoghi preposti ad esercitarlo. Uno di questi era situato presso l’attuale biblioteca della Facoltà di Economia: gli studenti la chiamano ancora moschea, ma oggi attorno alla colonna, sola sopravvissuta, stanno tavoli per studiare e scaffali ordinati di libri. Eppure tendendo l’orecchio, in certi momenti dell’anno, succede ancora di sentire la voce dell’Imam scandire la preghiera. Non è suggestione: dista solo qualche decina di metri.
Durante il Ramadan le comunità musulmane di Genova si riuniscono ancora lì: alla Darsena, dove un tempo sorgeva l’arsenale della città. I tappeti che delimitano l’area di preghiera coprono tutta la lunghezza del bacino e si animano, al tramonto, di centinaia di persone. Mustafa intona il Corano e i presenti lo seguono, rivolti verso Levante. Si prega e poi finalmente si rompe il digiuno e il sacro lascia il posto al cibo e alla convivialità.
Oggi i musulmani genovesi sono riuniti in una decina di comunità: ognuna ruota attorno ad una sala di ritrovo nei diversi quartieri della città. Il Centro Culturale Amicizia in via Prè raccoglie ogni giorno circa 60 persone. Come gli altri, è uno spazio di preghiera e non solo: si discute, si legge e si cucina, anche per chi potrebbe bussare alla porta in cerca di un piatto caldo.
Sono passati 8 anni da quella contestata delibera e della moschea non si parla praticamente più. Ma se moschea, masĝid, vuol dire semplicemente spazio di preghiera, allora questo spazio, esistito in passato, esiste già: è nelle case, nei piccoli centri sparsi per la città, e senza opere in muratura si materializza in Darsena, srotolato insieme ai tappeti, almeno un mese all’anno.