Quareb et Abreou

WJ #132

“Lo scopo del viaggiare è disciplinare l’immaginazione per mezzo della realtà e, invece di pensare come potrebbero essere le cose, vedere come sono in realtà”

Samuel Johnson

Il quareb – letteralmente il forestiero sperduto che non sa badare a sé stesso, va aiutato e, nei suoi confronti, anche le leggi della Repubblica Islamica sono più flessibili. L’accoglienza e l’ospitalità persiane non hanno eguali negli altri popoli.

L’abreou è letteralmente l’acqua della faccia, la dignità che bisogna preservare dalle debolezze, dalla vergogna e dal dolore. Là dove i panni sporchi si lavano sempre in casa si cerca anche di minimizzare agli occhi del visitatore la repressione, per non disonorare chi la applica, ma anche l’intero popolo che la subisce.

L’Iran agli occhi del fotografo è apparso così un tentativo di compromesso tra i due termini, quareb e abreou. I contrasti di questo Paese si ripercuotono negli occhi e nei sentimenti di chi guarda, inizialmente si è sedotti dalla curiosità e dalla complicità degli Iraniani, ma pian piano la quotidianità con tutte le sue problematiche prende il sopravvento affievolendone le luci e lasciando dominare le ombre. Aumentano le distanze ed è l’abreou ad emergere.

Per definirlo con le parole di Guastone Belcredi l’Iran è: “un mix di zenzero, profumi d’oriente, cannella, zafferano accanto a pelle umana consumata da gelidi inverni, torridi venti e polvere arida del deserto”.

Il reportage

Scheda autore

Luigi Chighine

Quareb et Abreou 17

Nato in una delle province più piccole d’Italia, l’Ogliastra, Luigi si trasferisce a Bologna nel 2003 dove tuttora vive e lavora. Ha iniziato a fotografare nel 2011, quasi per caso, appassionandosi poi per i generi del reportage e della street photography. Da allora ha partecipato a diversi concorsi fotografici, arrivando ad essere finalista al Miami street photo Festival e vincendo diversi concorsi patrocinati da Fiaf in Italia. Nel 2022 è stato tra i 5 finalisti per la fotografia dell’anno Fiaf.

Fotocamera: Leica CL
Obiettivo: 28mm

English version

Quareb et Abreou

Photography and story by Luigi Chighine

The purpose of travel is to discipline the imagination by means of reality and instead of thinking how things could be, see how they really are ” Samuel Johnson

The quareb – literally the lost stranger who does not know how to take care of himself, must be helped and towards him even the laws of the Islamic Republic are more flexible. Persian welcome and hospitality do not have equal in other peoples.

L’abreou – literally the water of the face, is the dignity that must be hidden from weaknesses, from shame and pain. Dirty clothes shall be washed at home while repression is minimized, to preserve both the ones exercising it and all the people suffering from it.

This is how Iran appeared to the photographer, as an attempt to compromise between the two terms, quareb and abreou. Contrasts of this country have repercussions in the eyes and feelings of the beholder, initially being seduced by the curiosity and complicity of the Iranians, but slowly overcome in everyday life by its problems, shadows taking over lights as the abreou emerges.

Iran could be defined with a phrase from Guastone Belcredi: a mix of ginger, perfumes of the east, cinnamon saffron next to human skin consumed from freezing winters, torrid winds and arid desert dust “