People of Maramureș
WJ #126“Il villaggio romeno si integra in un destino cosmico, un cammino di vita totalitaria oltre il quale non esiste più niente”
Lucian Blaga
La Regione di Maramures si trova nel nord della Transilvania, al confine con l’Ucraina. È un’area montuosa, ricca di boschi e di valli. Raggiungere questa remota parte di mondo significa compiere un viaggio nella storia, nell’arte popolare e nelle più antiche, sebbene ancora vivissime, tradizioni della Romania. Con l’emigrazione delle nuove generazioni verso i grandi centri abitati, a restare sono quasi esclusivamente gli anziani che, passati dalla collettivizzazione nel periodo della dittatura, conservano e tramandano un viscerale legame con la terra.
L’allevamento, l’artigianale lavorazione del pellame, la raccolta della legna e la maggior parte delle attività agricole sono pratiche tutt’ora svolte manualmente. Qui la vita segue ancora un ritmo primordiale, il tempo sembra aver deviato la sua corsa impregnandosi nel legno degli utensili e in quello degli alti e possenti cancelli delle case, dei vecchi fienili o delle chiese (quella del Monastero di Peri è la più alta in Europa ad essere stata costruita interamente in legno). Ma il tempo scorre soprattutto nella manualità dell’uomo, nei suoi gesti capaci di raccontare e costruire un’identità: nascono così le croci del Cimitirul Vesel di Săpânța, intagliate e dipinte con colori brillanti. Su ognuna di esse sono narrate la storia del defunto, la sua professione, il suo carattere e talvolta le circostanze della sua morte. Non c’è tristezza: il cimitero è detto “allegro” senza nessuna ironia. Qui la morte fa parte per natura del ciclo della vita, è celebrata e accolta come tutto ciò che porta a un nuovo nascere. Va in questa direzione anche l’usanza delle maschere, create e custodite in ogni villaggio. Oltre a quella del demone e della capra (simbolo del sacrificio, ossia del male che diventa bene), la maschera del vecchio con la barba ha radici molto antiche nel culto degli antenati, in quanto l’anziano riveste il ruolo di mediatore tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Qualsiasi squilibrio del mondo pare risolversi qui, dentro questo semplice “stare nelle cose”. Una verità intima che negli sguardi di chi si incontra – più che altrove – sembra annunciarsi.