Pakistani Diptychs
WJ #124di Marylise Vigneau
Testo a cura di Marylise Vigneau e Antonio Oleari
“Se non riesci a sopportare queste storie, allora la società è insopportabile. Chi sono io per denudare questa società che di per sé è nuda? Non cercherò nemmeno di vestirla perchè non è il mio lavoro, lo lascio fare ai sarti” – Saadat Hasan Manto
Vero e apparente. Vuoto e pieno. Passato e presente. Paura e desiderio. Consuetudine e stupore. Basso e altorilievo di un popolo raccontato attraverso l’individualità e l’istante, alle cui spalle però si stende l’ombra della collettività e della storia. Questa serie agrodolce di dittici racconta un viaggio strenuamente soggettivo attraverso il Pakistan, un paese che per l’autrice rimane un enigma nonostante numerosi e prolungati soggiorni dal 2010 in poi. Ed è una sorta di piacevole ossessione quella che si nasconde nel mix di esasperazione e tenerezza che emerge dalle sue foto. “La costruzione di questi dittici è avvenuta lentamente e nel corso degli anni” racconta Marylise. “Ho cominciato a comprendere gli strati differenti di realtà, ad attraversare la patina degli oggetti, a identificare le trame, i personaggi e le sfumature, e a mescolare il tutto con le ombre del mio teatro interiore. Le immagini si sono fuse ed hanno assunto un senso nuovo, nato da scontri apparenti o da sembianze inaspettate. Il percorso è diventato un gioco con la realtà, una sorta di collage, una conversazione immaginaria.”
Queste immagini sono state scattate tra gennaio 2010 e gennaio 2019.
Il reportage
Scheda autore
Marylise Vigneau
Cresciuta in una famiglia parigina convenzionale, Marylise Vigneau ha sviluppato un gusto precoce per sbirciare attraverso i buchi della serratura e le pareti da arrampicata. La sua tesi in letteratura comparata con cui si è laureata alla Sorbona riguardava le città considerate come veri e propri personaggi dei romanzi russi e mitteleuropei. Nonostante la sua passione per la letteratura, nel tempo la sua modalità espressiva è diventata la fotografia, senza che lei sappia esattamente perché – potrebbe essere il mix di precisione, immediatezza, verità e bugia che sta dietro ogni immagine. Ciò che la attrae prima di tutto è come gli esseri umani siano influenzati dai confini sia fisici che mentali, questo spazio fuggitivo dove può sorgere un atto o un barlume di libertà inaspettato, audace e fragile. È rappresentata dall’agenzia Anzenberger.
Fotocamera: Nikon D800
Obiettivo: Nikon 28mm
English version
Innocent prowls through Pakistan
Photography by Marylise Vigneau
Story edited by Marylise Vigneau and Antonio Oleari
“If you cannot bear these stories then the society is unbearable. Who am I to remove the clothes of this society, which itself is naked. I don’t even try to cover it, because it is not my job, that’s the job of dressmakers” – Saadat Hasan Manto
This bittersweet series is an utterly subjective journey through Pakistan, a country that remains a riddle despite several extended stays since 2010 and the mix of exasperation and tenderness I feel for it. The construction of these diptychs occurred slowly over the years, as I began to be able to distinguish the layers of reality, walk my way through the veneer of things, identify plots, characters and overtones and to mingle them with the shadows of my own inner theatre. Images started to merge and make sense, new sense born out of apparent clashes or unexpected semblances. It became a play with reality, a kind of collage, an imaginary conversation. These pictures have been taken between January 2010 and January 2019.