Ora, e sempre
WJ #136“Carissimi genitori, parenti e amici tutti, devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani”
Armando Amprino, 1924-1944
Armando Amprino è un giovane meccanico di Torino che decide di arruolarsi come partigiano nella quarantatreesima divisione autonoma Sergio De Vitis. Nel dicembre 1944 viene catturato e processato dal Tribunale Contro Guerriglia. L’esito è il più scontato: fucilazione. Appena quattro mesi dopo l’omicidio di Armando, l’Italia è finalmente libera dal nazifascismo. Quattro mesi soltanto, a fronte di più di vent’anni di dittatura fascista.
Uno dei primi simboli di ogni manifestazione, e anche di quelle per la Festa della Liberazione, sono i cartelli che veleggiano sopra l’onda del corteo, a mo’ di boe galleggianti in quel mare di folla che scorre, ad inondare le strade della città. E qui lo sguardo cade su una mano che stringe quel cartello con la scritta Ora e sempre, Resistenza, e che lo sospinge verso l’alto, con profondo orgoglio. Perché quella mano potrebbe appartenere a chiunque di noi. Potrebbe essere la mano di una donna anziana, mentre dedica una speranza al futuro delle nuove generazioni, oppure la mano di uno studente, che impara a comprendere il proprio passato e il senso di una memoria collettiva e presente. In questo oceano di esseri umani c’è posto per tutti, e sulla barca della Liberazione ognuno ha i propri motivi, tutti uguali e tutti diversi. Qualcuno c’è per criticare le istituzioni nella gestione della vergogna di Steccato di Cutro, perché quelle cento morti innocenti continuino a bruciare sulla coscienza di chi ne ha determinato deliberatamente e sistematicamente il destino irreversibile. Tanti altri sono vestiti di oro e di blu, ad urlare a colori il loro forte dissenso per il folle conflitto fra Russia e Ucraina, mentre più avanti sventola, grande, una bandiera palestinese sotto cui saltano e giocano i bambini felici.
I fotografi di Witness Journal scelgono di raccontare il 25 Aprile in tutt’Italia: dalla Milano della strage di Piazzale Loreto al Pratello di Bologna; dalla Roma di Rossellini e della Città Aperta alle immagini di Marzabotto, con l’eccidio tristemente simbolo del nazi-fascismo, Monte Sole e le sue 800 vittime deboli, donne, vecchi e bambini trucidati senza pietà. Gli scatti nel capoluogo del Friuli, infine, ci ricordano una Trieste fra le prime città occupate dai tedeschi post armistizio e ci introducono alla figura di Lorena Fornasir, la fondatrice di Linea d’Ombra, un’organizzazione di volontariato che raccoglie fondi per sostenere le popolazioni migranti. Queste sono le immagini di un’Italia che considera la Festa della Liberazione come la festa più importante di sempre, perché è davvero la festa di tutti, della libertà di tutti: è un momento di unione, socialità, ricordo, e, soprattutto da sempre e per sempre, significa resistenza.