Odavle samo u harem

WJ #95

Nel 2016, a poco più di vent’anni di distanza dalla nostra partenza, sono tornato a Počitelj spinto dal desiderio di ritrovare il legame perduto con la mia terra natale e di scoprire cosa fosse rimasto del villaggio e della sua popolazione

Počitelj, “la città di pietra”, come la definì lo scrittore Ivo Andrić, è un piccolo villaggio medioevale dell’Erzegovina sulla riva sinistra del fiume Neretva -oggi candidato a diventare patrimonio UNESCO. Durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina degli anni ’90, la città è stata occupata dalle forze paramilitari del Consiglio di Difesa Croato (HVO), che attuarono nei confronti dei musulmani bosniaci della zona una vera e propria pulizia etnica fatta di uccisioni e deportazioni in campi di concentramento, costringendo -come ultima soluzione- gli abitanti a lasciare le proprie case.

All’epoca avevo circa cinque anni e la mia famiglia, come moltissime altre, fu costretta a lasciare il paese. Di quei giorni ho ancora dei ricordi vivissimi, belli e meno belli. Ricordo piacevoli giornate passate al fiume con mio padre, prima che venisse rinchiuso in un campo di prigionia. Ricordo come fosse ieri il suono delle sirene per strada, che avvisavano la popolazione dei bombardamenti imminenti. E ho ancora in mente le immagini del viaggio in auto fino a Spalato in Croazia, dove abbiamo preso un traghetto notturno per l’Italia. Nel 2016, a poco più di vent’anni di distanza, sono tornato a Počitelj spinto dal desiderio di ritrovare il legame perduto con la mia terra natale e di scoprire cosa fosse rimasto del villaggio e della sua popolazione.
Il mio è stato un viaggio alla riscoperta delle storie e degli aneddoti sui personaggi della mia famiglia. Storie che, nei racconti di mia madre, narrano di un passato quasi idilliaco e di una Počitelj piena di vita ed immersa in una natura rigogliosa. La mia, allora, era una delle numerose famiglie impegnate nei lavori quotidiani di un piccolo paese di campagna.

Al mio ritorno quello che ho trovato è stata solo una piccola parte della popolazione originaria. Per la maggior parte anziani, che non disponendo di alcuna pensione o sussidio statale, si trovano costretti a lavorare la terra, come da tradizione, nonostante la tarda età. Tra questi Zulfo, attualmente il più anziano tra tutti, custode di innumerevoli storie ed aneddoti che riguardano tutte le famiglie del villaggio di cui ricorda perfettamente a memoria l’intero albero genealogico. Oppure Fata, ormai quasi cieca, che per evitare di parlarne, afferma di non ricordare più nulla degli anni della guerra.

La testimonianza del legame ancestrale tra il villaggio e coloro che gli appartengono, i legittimi figli di Počitelj, è rappresentata in Odavle samo u harem – letteralmente “Da qui solo al camposanto.

E’ questa una frase che un anziano del posto a me molto caro ripeteva spesso ai suoi familiari che volevano convincerlo a farsi ricoverare in ospedale, durante gli ultimi mesi di malattia. Per me rappresenta non solo l’attaccamento di questa persona verso la terra a cui tanto teneva, ma il simbolo di un sentimento che lui e tante altre persone di Počitelj tenevano ad ispirare alle generazioni che li avrebbero succeduti. 

Il reportage

Scheda autore

Sulejman Bijedić

Odavle samo u harem

Sulejman Bijedić (1988) è un fotografo documentarista nato in Bosnia ed Herzegovina. Risiede in Italia sin da bambino.

Il suo interesse si focalizza principalmente verso il modo in cui emergono e si definiscono le abitudini e la cultura di un popolo all’interno di contesti derivanti da scelte politiche, sociali ed economiche sfavorevoli. L’intento é quello di documentare con un approccio profondo che parte dalla singola persona – ognuna con i propri modi di vivere e le proprie motivazioni – la ricerca di quei valori che rendono l’esistenza degna di essere vissuta sotto qualsiasi circostanza. Nel 2015, dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria, si reca in Brasile per conto di una ONG italiana al fine di documentare il lavoro umanitario svolto da tale associazione in una piccola città del Bahia.

English version

Odavle samo u harem – In memoriam Abdulah Boškailo

Photography by Sulejman Bijedić

Story edited by Valeria Ferraro

 

In 2016, less than twenty years later from our departure, I came back in Počitelj, moved by the desire to find lost bondage with my native land and find out what had been left of the village and its inhabitants

 

Počitelj, “the city of stone” – as named by nobel prize Ivo Andrić – is a small medieval village in Herzegovina located just close by the Neretva River -in the UNESCO’s World Heritage Tentative List. During the 90’s war in Bosnia and Herzegovina, the city was occupied by the paramilitary forces of the Croatian Defense Council (HVO), who targeted the Bosnian Muslims living in the area with ethnic cleaning.

 

In 2016, less than twenty years later from our departure, I came back in Počitelj, driven by a desire to find the lost bond with my native land and find out what had been left of the village and its inhabitants.

 

Mine was a travel of rediscovery of histories and anecdotes on the members of my family, one among the sevral families engaged in daily works of a small country village. At my return, I found out that just a small part of the original population. The majority is composed by elders, who do not own a pension or State subsidy; thus, they are compelled to work the land, according to the tradition, despite their old age.

 

The testimony of the ancestral bond between the village and those who belong to it, the legitimate sons and daughters of Počitelj, has been represented in “Odavle samo u harem“ -literally- “from here only to the cemetery”.

 

This sentence was pronounced by an elder of the place, so dear to me, who used to repeat often to his relatives that wanted him to go to a hospital, during the last months of his illness. To me, this sentence, represents not only the attachment of this person to the land he truly cared for, but also it conveys a feeling that he and many others from Počitelj desired to inspire in the following generations.