Nosu biveus po lassai arrastu

WJ #121

“Con il senno di poi, rifaresti questo lavoro?”

“Si, perché è un lavoro bellissimo”

In Sardegna i settori dell’agricoltura, pesca e pastorizia oggi offrono lavoro all’8,7% dei lavoratori isolani.

Nel corso dei secoli la prevalenza di avvenimenti storici, quali malaria e incursioni, hanno favorito l’abbandono delle coste e delle terre più fertili della pianura, causando un calo consistente delle attività legate all’agricoltura e alla pesca, con il conseguente e progressivo ripiegamento verso lo stato pastorale. Il “Piano di Rinascita” approvato dal Parlamento agli inizi degli anni ‘60 con lo scopo di finanziare e agevolare l’industrializzazione della Sardegna, sancì l’inizio della crisi del fragile comparto primario sardo. 

L’industrializzazione, voluta anche per indebolire le strutture socio-economiche agro-pastorali che si pensava alimentassero il fenomeno del banditismo, fallì, provocando ulteriore disgregazione sociale e una limitata trasformazione agricola del territorio. Tanti agricoltori negli anni a seguire, stremati dalla precarietà lavorativa ed economica, lasceranno i campi per entrare a lavorare nelle fabbriche, capaci dalla loro di garantire una retribuzione sicura.

Anche la Laguna di Santa Gilla, per estensione e rilevanza della biodiversità una delle più importanti aree umide d’Europa, subì l’avanzata dell’industria, nata proprio a ridosso delle sue sponde. I confini naturali furono profondamente alterati dalle opere di bonifica a cui fece seguito la nascita dell’area industriale di Macchiareddu e l’urbanizzazione di aree limitrofe, riducendo di un quarto la sua superficie originaria.

Il riversamento di scarichi industriali e civili alterarono la qualità delle acque a danno della fauna ittica, causando enormi disagi al comparto ittico presente nella laguna. Centinaia di pescatori lasceranno le loro imbarcazioni per diventare operai proprio di quell’industria che occupò le sponde della loro laguna. Solo negli anni ‘90, grazie a importanti interventi di recupero ambientale, verrà ripristinata l’attività produttiva nella laguna.

A causa della costante crisi che attanaglia il comporto primario sardo, negli ultimi decenni si è assistito alla riduzione delle opportunità lavorative, con conseguente diminuzione degli occupati, aggravando la situazione socio-economica isolana.

Parallelamente è invece cresciuta la manodopera extra-familiare, portando alla luce uno dei più grandi problemi del comparto in Sardegna: il ricambio generazionale. Il settore primario a oggi continua ad essere poco attrattivo per i giovani, soprattutto se questi non provengono da famiglie tradizionalmente agricole.

Le storie di Francesco, Davide e Tarcisio rappresentano migliaia di agricoltori, allevatori e pescatori sardi che, pur fronteggiando difficoltà, lavorano duro quotidianamente mantenendo vivo un settore che per secoli è stato il motore trainante dell’economia isolana.

Nosu biveus po lassai arrastu è l’esplorazione di un mondo arcaico, ricco di storia e tradizione, attraverso una fotografia nostalgica e poetica, con l’obiettivo di salvaguardare quel sentimento del ricordo, capace di produrre una tensione emozionale tra presente e passato.

 

Il reportage

Scheda autore

Andrea Cocco

Nosu biveus po lassai arrastu

Andrea Cocco è nato e cresciuto a Cagliari e nel 2013 si è trasferito in Inghilterra. Si è avvicinato al mondo della fotografia una decina di anni fa durante un viaggio a Venezia e da allora non ha più smesso di fotografare. Nel 2019 ho frequentato la British Academy of Photography di Manchester per migliorare le sue capacità fotografiche e mettere le basi per intraprendere una carriera da fotografo professionista. Appassionato di reportage si è occupato principalmente di fotografia documentarista, orientata al sociale.

Fotocamera: Nikon D850
Obiettivo: Nikon AF-S 35mm f/1.8G ED

English version

Nosu biveus po lassai arrastu (We live to leave a trace)

By Andrea Cocco

“In hindsight, would you do this job again?”

“Yes, because it’s a beautiful job

In Sardinia, the agriculture, fishing and sheep farming sectors today provide work for 8.7% of island workers.

Over the centuries, the prevalence of historical events, such as malaria and raids, have favored the abandonment of the coasts and the more fertile lands of the plain, causing a substantial decline in activities related to agriculture and fishing, with the consequent and progressive withdrawal towards the pastoral state. The “Rebirth Plan” approved by Parliament in the early 1960s with the aim of financing and facilitating the industrialization of Sardinia, marked the beginning of the crisis in the fragile Sardinian primary sector.

Industrialization, also intended to weaken the agro-pastoral socio-economic structures that were thought to feed the phenomenon of banditry, failed, causing further social disintegration and a limited agricultural transformation of the territory.

Many farmers in the following years, exhausted by the job and economic precariousness, will leave the fields to enter and work in the factories, capable of guaranteeing a secure salary.

Even the Santa Gilla Lagoon, one of the most important wetlands in Europe by extension and importance of biodiversity, underwent the advance of industry, born right behind its shores. The natural boundaries were profoundly altered by the reclamation works which were followed by the birth of the Macchiareddu industrial area and the urbanization of neighboring areas, reducing its original surface by a quarter.

The pouring of industrial and civil discharges altered the quality of the water to the detriment of the fish fauna, causing enormous inconvenience to the fish sector in the lagoon. Hundreds of fishermen will leave their boats to become workers of the very industry that occupied the shores of their lagoon. Only in the 90s, thanks to major environmental recovery interventions, the production activity in the lagoon will be restored.

Due to the constant crisis that grips the Sardinian primary behavior, in recent decades there has been a reduction in job opportunities, with a consequent decrease in employment, aggravating the island’s socio-economic situation.

At the same time, extra-family labor has grown, bringing to light one of the biggest problems of the sector in Sardinia: the generational change. The primary sector to date continues to be unattractive for young people, especially if they do not come from traditionally agricultural families. The stories of Francesco, Davide and Tarcisio represent thousands of Sardinian farmers, breeders and fishermen who, despite facing difficulties, work hard every day keeping alive a sector that for centuries has been the driving force of the island’s economy. Nosu biveus po lassai arrastu is the exploration of an archaic world, rich in history and tradition, through a nostalgic and poetic photography, with the aim of safeguarding that feeling of memory, capable of producing an emotional tension between present and past.