Nomadelfia

WJ #89

A Nomadelfia la memoria è un tesoro da preservare.

Su di essa si basano i suoi valori, il suo presente ed il suo futuro.

E’ la calce che tiene insieme, mattone su mattone, ogni pezzo della sua lunga storia.

Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.

(J. Saramago)

Il centro culturale, cuore pulsante di Nomadelfia, trasuda di ricordi e insegnamenti che provengono da radici lontane, come la sua storia. Spunti di riflessione per vivere la quotidianità e guardare in avanti, costruire un futuro.

Don Zeno Saltini, suo fondatore, scomparso nel 1981, pare non essersene mai andato. Ha avuto la lungimiranza di comprendere il potere taumaturgico che gli archivi avrebbero avuto una volta che non fosse più stato presente: archiviare il passato per regalare un futuro, tenere unita la sua gente.

A Nomadelfia la memoria non porta con sé soltanto l’identità di una comunità, ma di ogni singolo individuo che ne ha fatto parte, anche solo di passaggio, e ne fa parte tutt’ora.

Porta con sè mappe, percorsi e viaggi delle persone che la abitano e della sua stessa storia, da S. Giacomo Roncole, passando per Fossoli in provincia di Modena fino a Grosseto, dove si trova ora.

La sua memoria è anche un viaggio nel tempo perché la storia di Nomadelfia non è a sé stante, ma parla della nazione e dei suoi cambiamenti, attraversa e documenta un secolo di storia italiana.

Enrico da decenni archivia negativi, provini di stampa ed immagini, “tagga” ogni luogo, data, nome di persona, perché quei ricordi possano perdurare nel tempo ed essere patrimonio non solo della comunità, ma di chiunque voglia avventurarvisi.

Come dice Damiano, la memoria serve per tenere vivi quei valori su cui la comunità si fonda, per raccontare ai più giovani le loro radici, per ricordare a chi quelle storie le ha vissute, un passato comune. Per questo è di fondamentale importanza per i nomadelfi.

Così Sefora, davanti all’archivio di don Zeno, sottolinea che “questa stanza contiene ciò che abbiamo di più caro”. Tra documenti, scatti fotografici, scambi epistolari, pensieri di don Zeno, la memoria si fa testimone di quella tenacia che ha saputo rendere un’utopia realtà tangibile, fatta di strade, case, abitanti, racconti.

Nomadelfia dreamin’ ci parla di tutto questo, facendo forza sugli spazi e sugli archivi che gli abitanti vivono nella loro quotidianità. La parola è lasciata ai luoghi, alle pareti decorate con fotografie, che raccontano il passaggio di uomini e donne, di generazioni che si susseguono e convivono.

Una sorta di topografia del tempo, di geografia umana, fatta di ambienti spesso deserti ma fortemente vissuti, in cui la presenza umana la fa da padrona attraverso il loro essere abitati e condivisi.

Condivisione, è in essa che diamo un senso alla nostra memoria, al nostro ricordo. Perché cosa sarebbe la memoria senza nessuno che la riproponga, la racconti a sua volta?

Il reportage

Scheda autore

Irene Tondelli

Irene Tondelli nata a Carpi nel 1987, laureata in Fotografia presso la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia e diplomata in Art Direction presso Accademia di Comunicazione di Milano.

Il suo lavoro si concentra sulla fotografia topografica di paesaggio, documentaria e di interior design.

Particolarmente interessata al rapporto tra uomo e natura, paesaggio e memoria, i suoi lavori sono pubblicati su cataloghi, siti di fotografia e riviste nazionali ed internazionali.

Fotocamera: Canon EOS 5d Mark II
Obiettivo: EF 40mm f/2.8 STM; EF 24-105mm f/4L IS USM

English version

NOMADELFIA DREAMIN

ut unum sint

by Irene Tondelli.

Story edited by Laura Pezzenati

In Nomadelfia memory is a treasure to be preserved.

On it are based its values, its present and its future. It is the lime that holds together, brick on brick, every piece of its long history.

We are the memory we have and the responsibility we take. Without memory we do not exist and without responsibility we might not deserve to exist.

(J. Saramago)

The Cultural Center, the pulsating heart of Nomadelfia, is full of memories and teachings coming from ancient roots. Ideas for reflection to live everyday life and look forward to building a future.

Don Zeno, his founder, who disappeared in 1981, seems never to be dead. He had the foresight to understand the taumaturgical power that the archives would have had once gone: to store the past to give a future, to unite its people.

In Nomadelfia, memory is not only the identity of a community, but of every single individual who has participated in it, even in passing, and is still part of it.

Memory is maps, paths and travels of people living there and of its own history, from S. Giacomo Roncole, passing through Fossoli in the province of Modena to Grosseto, where it is now.

His memory is also a journey in time because Nomadelfia’s story is not in itself, but it speaks of the nation and its changes,documneting a century of Italian history.

Enrico long since archives negative photographs, prints and images, “tags” every place, date, name in person, because those memories can last in time and be a heritage not only of the community, but of anyone who wants to know it.

As Damian says, memory is necessary to keep alive the values on which the community is based, to tell the younger ones their roots, to remember who those stories lived them, a common past. That is why it is so important for nomadels.

So Sefora in front of Don Zeno’s archive, emphasizes that “this room contains what we have most dear”. Between documents, photo shoots, epistolar exchanges, Don Zeno’s thoughts, memory is witness to that tenacity that has made it possible an utopia to become a tangible reality made of streets, houses, inhabitants, tales.

Nomadelfia dreamin speaks to us about this, leaving the word to the places, to the walls decorated with photographs, that tell the passage of men and women, of generations that follow and coexist.

A sort of topography of the time, of human geography, made of often deserted but strongly lived environments, where human presence makes it a master through their being inhabited and shared. Sharing, it is in it that we make sense to our memory. ‘Cause what would memory be without anyone telling it in turn?