Night shift

WJ #93

Questo lavoro nasce dalla necessità di raccontare le notti, lunghe e solitarie, trascorse in fabbrica. Da quando l’azienda è andata in crisi, il mio compito è garantire un presidio di controllo in attesa che gli impianti riprendano a funzionare

 

Nel suo testo Il Capitale, Karl Marx collegava il lavoro produttivo al valore e al tempo. La sostanza del valore, in senso lato, è il tempo stesso, inteso sia come un flusso, una durata in cui il lavoratore si dedica ai suoi compiti, sia qualcosa di scomponibile nelle sue unità (i giorni, le ore e i minuti). Per quanto alienante possa essere l’esperienza del lavoro industriale, a un certo tempo di lavoro corrisponde comunque un qualcosa di “tangibile”. Ma che succede quando il tempo del lavoro non è produttivo? Qual è l’esperienza di chi passa il suo turno in fabbrica senza apparentemente compiere attività che producano valore?

“La quantità di lavoro stessa ha per misura la sua durata nel tempo, ed il tempo di lavoro possiede di nuovo la sua misura nelle parti del tempo come l’ora, il giorno, etc.” – Karl Marx

Quando il proprio compito è sorvegliare di notte, soli, una fabbrica in dismissione, la percezione del tempo è alterata dal lento scorrere delle ore. L’impianto ritratto nelle foto, un’acciaieria, è da anni in crisi e in attesa di una ristrutturazione degli impianti e della ripresa delle attività. Tutto è iniziato con la crisi mondiale del 2008 e ad oggi non c’è stata nessuna novità, complice anche la dichiarazione di fallimento della società nel 2012 ed i mancati investimenti promessi dalla nuova proprietà.

La situazione economica globale successiva al 2008 ha fatto sentire le sue conseguenze anche sul settore siderurgico italiano, la cui produzione è calata del 37% nel 2009. Attualmente la siderurgia italiana conta su tre altoforni a Taranto, Piombino e Trieste e una quarantina di siti che operano con forni elettrici; la produzione nazionale conosce continui cicli di crescita e di ristagno senza ritornare ai livelli pre-crisi. La fabbrica, uno dei simboli del ritmo e dell’operosità umani, si trasforma paradossalmente nel suo inverso, il luogo della stagnazione e dell’inoperosità.

 

Il reportage

Scheda autore

Michele Cimini

Michele Cimini (Livorno, 1978) nel 2013 ha iniziato a stu- diare da autodidatta la fotografia. Si è dedicato alla spe- rimentazione di ogni genere ma è nel paesaggio che ha trovato maggior ispirazione e modo di affinare le tecni- che di ripresa. Dal 2015 usa la fotografia come forma di espressione dedicandosi anche alla realizzazione di por- tfoli ed alla fotografia di strada.

Fotocamera: Fotocamera: iPhone 5s

English version

Night shift

 

Photography by Michele Cimini

Story edited by Stefano Pontiggia

 

This work comes from the need to tell the long and solitary nights spent at the factory. Since the company has been declared in “state of crisis”, my job is to control the plant. Until operations won’t be resumed

 

What happens when the working time looks like unproductive? How does it shape the experience of those workers engaged in activities that do not produce any economic value? When one’s task is to supervise at night, alone, a factory in dismissal, the perception of time is altered by the slow flow of hours. The building portraited in the photos, a steel mill, has been in crisis for years waiting for a restructuring and the resumption of the activities. It all started with the world crisis of 2008, and today there has been no novelty, also because of the company’s bankruptcy statement in 2012 and the lack of the investments promised by the new property.

 

The global economic situation following 2008 has also made its impact on the Italian steel industry, whose production has fallen by 37% in 2009. Currently, the Italian steel sector counts on three blasts in Taranto, Piombino and Trieste and forty sites that operate with electric ovens. National production knows continuous cycles of growth and stagnation without returning to pre-crisis levels. The factory, one of the symbols of rhythm and human industriousness, is paradoxically transformed into its inverse, the place of stagnation and inactivity.