Next stop Trieste

WJ #119

A prescindere dalla libertà per cui combattiamo, deve essere una libertà basata sull’uguaglianza.

(Judith Butler)

C’è chi di fronte alle tragedie del nostro tempo può restare a guardare e chi semplicemente non può, mosso da un’ingiustizia che non riguarda mai questa o quella differenza in particolare. Perché forse per chi sa di poter fare la differenza è molto chiaro il fatto che la disuguaglianza non è questione di razza, genere, credo o provenienza: la discriminazione in tutte le sue forme è un atto di violenza contro l’uomo e i suoi diritti fondamentali.

È così che nel 2015 una psicoterapeuta e un professore di filosofia in pensione non potevano più restare semplicemente a guardare il gioco di vite scavato sui volti di decine e decine di uomini e donne ogni giorno in cammino alla volta di quel confine invisibile fra il Friuli Venezia Giulia e i Balcani che, con il tempo, si è cominciato a chiamare “the game”, “il gioco”. Nessuno sa dire con esattezza come sia nato il nome, né chi l’abbia inventato, anche se di fatto le regole e il tabellone sono sotto gli occhi di tutti: un percorso, la Rotta Balcanica, e tanti ostacoli da superare fra un lancio di dadi e un ritorno al via. Ma se il prezzo più alto è la vita, qual è allora il traguardo?

Trieste. Quella città incredibile dall’intramontabile fascino mitteleuropeo che un tempo si alimentava della propria storia di confine e contaminazione culturale, oggi fatica a ritrovare il filo di una nuova umanità. È qui che Lorena Fornasir e GianAndrea Franchi hanno deciso di trasferirsi da Pordenone per fondare nel 2019 l’associazione Linea d’Ombra che, con i medici volontari di Strada Si.Cura, scende quotidianamente in piazza per fornire assistenza ai migranti di fronte alla stazione ferroviaria.

La “Piazza del Mondo”, come la chiama Lorena, è un posto dove chiunque arrivi, indistintamente e indiscriminatamente, può trovare aiuto, assistenza e sostegno, nonostante gli attacchi di una società sempre più avida, egoista e forse inconsapevolmente spaventata innanzitutto da sé stessa e dal proprio fallimento di sistema. Ai vergognosi episodi di omofobia e razzismo espressi a livello comunale, alle accuse per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, GianAndrea risponde ancora una volta con la concretezza di una visione limpida e ferma, sottolineando il carattere politico, prima ancora che umanitario, dell’operato dell’associazione. Non si tratta di assistenzialismo, ma di resistenza e ricostruzione, perché un altro modo di vivere insieme è possibile. Non si tratta solo di migranti, ma di uomini e donne, di tutti gli uomini e le donne che con la loro presenza quotidiana possono fare la differenza in un mondo che sia davvero diverso.

Il reportage

Scheda autore

Massimo Schneider

Next stop Trieste 16

Massimo Schneider, 59 anni, psicologo clinico e di comunità e fotografo per passione. Utilizza la fotocamera come un passaporto per entrare in contatto con realtà e storie che è giusto raccontare e la fotografia come strumento di azione e intervento sociale. Vive e lavora a Udine.

Fotocamera: Fujifilm x-T2
Obiettivo: Fujinon 16-55 F2.8 L RM WR