Mundus

WJ #117

Nel 2015 l’Iran ha dato il via ai lavori per una delle più imponenti opere idriche del Medioriente: un tunnel per deviare l’acqua del Golfo dell’Oman verso le regioni desertiche del paese per tentare di arginare il problema della siccità. Negli ultimi decenni a causa della desertificazione più di 8000 villaggi sono stati abbandonati dagli agricoltori. Nei prossimi anni, intere regioni del paese potrebbero trasformarsi in aree quasi completamente inabitabili. Laghi e fiumi stanno morendo e le falde acquifere si stanno esaurendo per via della popolazione crescente e dei bisogni del settore agricolo.

L’altopiano iraniano, circondato da due enormi catene montuose e soggetto ad un duro clima semi-arido, è coltivato e abitato proprio grazie all’acqua che ogni primavera scende dalle sue montagne allo sciogliersi delle nevi riempiendo cosi le falde e i qanat sotterranei. Adesso le poche piogge non bastano a rigenerare le falde e il paese sta consumando ormai buona parte delle sue riserve. Sprechi, tecniche di irrigazione datate, inquinamento e surriscaldamento globale del clima concorrono drammaticamente al fenomeno della desertificazione. In estate nell’Iran sudorientale le temperature superano anche i 43 gradi in assenza completa di pioggia. Nel giugno del 2017, Ahvaz, nei pressi del Golfo Persico, ha fatto registrare una delle temperature più alte di sempre: 53,7 gradi Celsius. A maggio si alza ciclicamente il Lavar, un vento caldo che spazza le pianure semiaride e ricopre l’intero territorio di sabbia, mentre si stanno estinguendo animali come cervi e leopardi. I laghi Urmia e Bakhtegan sono in buona parte scomparsi e a Isfahan il celebre ponte di Khaju risulta per buona parte dell’anno sospeso nel vuoto per la mancanza di acqua sul letto del fiume Zayandeh. Molti i villaggi destinati all’abbandono, mentre altri faticano a sopravvivere trasformandosi in improvvisati punti d’accoglienza per sporadici visitatori.

Il progetto Mundus vuole raccontare tutto questo puntando l’attenzione sul cambiamento vertiginoso del territorio e della sua percezione. Foto di archivio famigliari e disegni infantili raccontano la memoria e la percezione di un paesaggio vissuto e vivo – un lessico famigliare privato in cui il paesaggio si configura come sfondo antropologico e affettivo – in contrasto e dialogo con immagini recenti che testimoniano la desertificazione in atto: un profondo cambiamento che non riguarda solo semplicemente il paesaggio con i suoi fattori climatici e fisici, ma anche e soprattutto la nostra percezione di esso che si fa sempre più distopica.

Il paesaggio, come ci ricordano le scienze sociali, è sempre un luogo antropologico, un contenitore semantico fatto di relazioni, memorie, storia e identità, quindi di fronte ad emergenze ecologiche e a cambiamenti così drammatici quella che si vive è prima di tutto un’Apocalisse culturale personale, la fine di un mondo, la crisi di una presenza che non trova più soluzione e salvezza in nessun meccanismo destorificante simbolico-rituale.

Il reportage

Scheda autore

Sarab Collective

Mundus

Fondato nel 2018 da Gianluca Ceccarini e Nahid Rezashateri, SARAB si occupa di progetti fotografici, Grafica e Media Art, con una particolare attenzione ai temi dell’identità, della memoria e del paesaggio come processo culturale. Il collettivo si occupa inoltre di servizi editoriali per zine e photobook.  Sarab è anche un’etichetta indipendente che vuole promuovere il lavoro di artisti e fotografi offrendo servizi editoriali come editing, grafica, stampa, rilegatura handmade e advertising per fanzines, libri fotografici e d’artista.

Gianluca Ceccarini

Laureato in Antropologia, si è occupato di ricerca demo-etnoantropologica con un particolare interesse per le tematiche dell’Antropologia del paesaggio. Da alcuni anni è impegnato in un percorso fotografico finalizzato all’interazione tra Antropologia e Fotografia, affrontando le tematiche fondamentali del metodo Etnoantropologico – identità, memoria, percezione, paesaggio, corpo ecc – attraverso progetti fotografici di ricerca.

Nahid Rezashateri

Nata in Iran, Nahid ha studiato alla Scuola d’Arte e poi Graphic Design presso l’Università dove ha approfondito le tecniche di ripresa e stampa fotografica analogica. Ha progettato libri per bambini, lavorato in un giornale iraniano e in una rivista pubblicitaria come graphic designer. È stata direttore di un collettivo artistico dello Sharood Cultural Office, coinvolto nella progettazione di cortometraggi e animazioni. In Italia nel 2012, ha studiato Media Art all’Accademia di Belle Arti e seguito corsi di fotografia ed editoria.

Fotocamera: Canon EOS 650 D e Fuji XT20
Obiettivo: Efs 18-55 e Fuji xc 16-50

English version

Mundus

by Sarab Collective

story by Gianluca Ceccarini and Nahid Rezashateri

In 2015 Iran started work on one of the most impressive water works in the Middle East: a tunnel to divert the water of the Gulf of Oman to the desert regions of the country, to try to stem the drought problem. In recent decades, more than 8000 villages have been abandoned by farmers due to desertification. In the coming years, entire regions of the country could turn into almost completely uninhabitable areas. Lakes and rivers are dying, and the country’s aquifers are running out due to the growing population and needs of the agricultural sector.

The Iranian plateau, surrounded by two huge mountain ranges and subject to a harsh semi-arid climate, is cultivate and inhabited thanks to the water that every spring descends from its mountains at the melting of the snow thus filling the undergrounds slopes and qanat.  Now the few rains are not enough to regenerate the aquifers and the country is now consuming a good part of its reserves. Waste, dated irrigation techniques, pollution and global warming contribute dramatically in the phenomenon of desertification.

Mundus wants to tell all this by focusing on the dizzying change of the territory and its perception. Family archive photos and childish drawings tell the memory and perception of al lived and alive landscape, in contrast and dialogue with recent images that testify to the ongoing desertification and a change that does not only concern the landscape with its climatic and physical factors, but also and above all our perception of it which become increasingly dystopian.

The uninhabitable desert advances and the wind blows away the memories and traces of a world that has been.