Montagne mutanti
WJ #135La montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio tempo e misura.
(Paolo Cognetti)
Nel corso della storia l’essere umano ha sempre vissuto, con un misto di attrazione e paura, a stretto contatto con la natura. L’intera sua esistenza si basava sulla consapevolezza che da essa dipendeva la vita o la morte. Circa 10.000 anni fa, con la nascita e lo sviluppo dell’agricoltura, il rapporto tra l’uomo e la natura iniziò a mutare. Lo sfruttamento intensivo del territorio e delle risorse naturali ha nutrito l’illusione del possibile dominio sull’ambiente, segnando definitivamente un punto di rottura tra essi.
Molto è stato detto e indagato riguardo all’agricoltura e agli allevamenti intensivi, i quali utilizzano avanzate tecniche industriali per ottenere la massima quantità di “prodotto” al minor costo possibile anche a discapito di habitat e animali. Sappiamo invece molto meno di come funziona lo sfruttamento e l’estrazione delle materie prime. Un esempio in questo senso è dato dall’ enorme business dell’escavazione del marmo bianco sulle Alpi Apuane, un materiale unico destinato ai mercati mondiali dell’arredamento di lusso, di molteplici settori industriali e, in piccolissima parte, anche dell’arte.
Le catena montuosa apuana custodisce al suo interno il marmo più pregiato al mondo e il suo territorio è in parte compreso nel parco naturale regionale delle Alpi Apuane. Per il suo patrimonio ambientale, il numero di geositi e l’elevata biodiversità, il parco ha acquisito nel 2015 lo status di “Unesco Global Geopark” e partecipa al programma istituito dall’Unesco per conservare il patrimonio ambientale di rilevante valore mondiale. Da sole, le Alpi Apuane ospitano il 30% dell’intera flora italiana, rappresentano il bacino idrico potabile più grande dell’intera regione e sono stazione di endemismi vegetali e animali a livello nazionale e mondiale.
Nonostante questo, ogni anno si estraggono oltre 4 milioni di tonnellate di montagna contro le centomila annuali che si estraevano nel 1920. Si è estratto più marmo negli ultimi venti anni che nei precedenti 2000. Gli elevati ritmi d’estrazione hanno portato alla completa distruzione o inquinamento di numerosissimi habitat, alla riduzione di specie animali e vegetali e alla scomparsa di interi ecosistemi montani.
Chi ancora oggi discute di marmo evocando la genesi del David di Michelangelo racconta oramai solamente un lontanissimo mito. Il business del marmo è radicalmente mutato a partire dagli anni 1980. Ad oggi si stima che meno dell’1% del marmo estratto in blocchi venga destinato ad un utilizzo artistico; il 19% circa viene impiegato nel settore dell’arredamento di lusso e il restante 80% viene frantumato e ridotto in polvere per produrre carbonato di calcio da destinare a settori industriali come quelli alimentari, farmaceutici, dei polimeri, della cartotecnica e dell’edilizia. In tempi sempre più difficili a causa della crisi economica e climatica i ritmi estrattivi dell’industria del marmo in termini d’occupazione e di sostenibilità ambientale risultano sempre meno tollerati anche dalle popolazioni locali.