Moldavia: racconti di vita lungo il confine

WJ #136

Dal giorno della sua indipendenza dal blocco sovietico la Moldavia ha subito una guerra con i separatisti della Transnistria, ha dovuto accettare l’autonomia della Gagauzia ed ha dovuto convivere con un’eredità culturale che ha reso lo sviluppo di questo paese, lento e complesso. Qui si parla molto spesso il russo, il 50% della nazione guarda alla Russia come un modello da seguire e la guerra in Ucraina non ha fatto altro che dividere ancora più profondamente questa fragile democrazia. Il fiume Dnestr è il confine naturale che la divide dall’Ucraina e dallo stato fantasma della Transnistria, nota anche come Repubblica Moldava di Pridnestrovia o Pridnestrovie, una regione separatista mai riconosciuta dall’ONU che comprende circa il 12 percento del territorio della Moldavia e si estende principalmente sulla sponda orientale del fiume. La popolazione, che conta secondo stime recenti circa 350 mila persone, è composta etnicamente da moldavi, russi e ucraini, sebbene tutti e tre i gruppi parlino principalmente la lingua russa, a differenza del resto della Moldavia dove si parla una variante della lingua romena. La Transnistria utilizza ancora l’alfabeto cirillico e ha una propria valuta, ossia il rublo transnistriano, proprie forze di sicurezza e un proprio passaporto, sebbene la maggior parte dei suoi abitanti abbia doppia o tripla nazionalità moldava, russa o ucraina.

Con l’avvio dell’invasione russa in Ucraina, i riflettori internazionali si sono accesi sulla piccola regione della Transnistria. Rumors geopolitici hanno parlato di un piano russo per invaderla e da lì stringere la morsa sulla città di Odessa. Del resto sentimenti filo-russi sono ampiamente diffusi nella regione e il Cremlino non ha mai nascosto l’interesse a incrementarli finanziando il sistema pensionistico o erogando gas a prezzi calmierati. Ma questa non è l’unica zona della Moldavia a confinare “pericolosamente” con l’Ucraina. Fin dal 1994 alcuni territori non contigui nel sud-ovest del Paese ottennero dal governo centrale una larga autonomia amministrativa, con tanto di bandiera e un minuscolo capoluogo, Comrat. La Gagauzia, a differenza della Transnistria, è stata riconosciuta dalla Moldavia dopo un referendum. Ancora legati al passato sovietico, i quasi 200 mila abitanti affondano le loro radici anche in Turchia: poco più del 10% della popolazione parla moldavo, mentre le lingue più diffuse sono russo e gagauzo. Nel 2015 Irina Vlah, nota politica filorussa, è stata eletta a governatrice della regione. Da quel momento Mosca ha privilegiato i commerci con la regione e la Vlah ha sempre ottenuto il rinnovo del mandato (nell’ultimo caso con il 91% dei voti). Ma la stessa Vlah ha recentemente accolto con favore l’assistenza dell’Ue e si è rifiutata di appoggiare apertamente l’invasione della Russia in Ucraina. A complicare le cose, il ballottaggio alle prossime elezioni in Moldavia vede in lotta due candidati, entrambi filorussi e decisi anti-atlantisti: Yevgenia Gutsul e Grigory Uzun. In queste lande piatte e sconfinate dove ai canti della rivoluzione si uniscono i balli turchi e i busti di Lenin convivono con quelli di Ataturk, si gioca una delicata partita per il futuro geopolitico dell’Europa.

Il reportage

Scheda autore

Maurizio Gjivovich

Classe 1975 e professionista dal 2000, con i suoi servizi che esplorano contesti politici e sociali ha lavorato per quotidiani e magazine nazionali tra cui La Repubblica, L’Espresso, Specchio de La Stampa, Corriere Magazine del Corriere della Sera, Internazionale, Gente di fotografia e altri. Nel 2005 ha partecipato al Roma Photo Festival e nel 2013 al Perugia Social Photo Fest dove ha presentato il primo progetto dedicato all’immigrazione, Waiting. Nel 2008, con Artisti della Palestina ha conquistato una menzione speciale nella sezione “Fotogiornalismo” del Premio della Qualità Creativa in Fotografia Professionale organizzato da TAU Visual. Nel 2014 ha vinto il premio Winner Gold della sezione “Storie” ai FIOF Awards Orvieto 2014. Al PX3 – Prix de la Photographie Paris 2016 ha vinto il premio Gold in Advertising/ Annual Reports con Make Europe no border/ Idomeni 2016. Nel mese di marzo dello stesso anno è salito sul terzo gradino del podio del premio Tokyo International Photography Festival Competition, con Al di là del mare.

Fotocamera: Leica Q + Canon 5 Mark III
Obiettivo: 35 mm f/1,4

English version

Moldova: life stories along the border

Photography by Maurizio Gjivovich

Text by Maurizio Gjivovich and Antonio Oleari

In Moldova russian is spoken very often, 50% of the nation looks to Russia as a role model, and the war in Ukraine has only further divided this fragile democracy. The Dniester River is the natural border that divides it from Ukraine and the ghost state of Transnistria, also known as the Moldovan Republic of Pridnestrovia or Pridnestrovie, a breakaway region never recognized by the UN that comprises about 12 percent of the territory of Moldova and extends mainly on the eastern bank of the river. The population, which according to recent estimates numbers around 350 thousand people, is ethnically composed of Moldovans, Russians and Ukrainians. Transnistria still uses the Cyrillic alphabet and has its own currency, the Transnistrian ruble, its own security forces and its own passport, although most of its inhabitants have dual or triple Moldovan, Russian or Ukrainian nationality.

With the start of the Russian invasion of Ukraine, the international spotlight has turned on the small region of Transnistria. Geopolitical rumors have spoken of a Russian plan to invade it and from there tighten its grip on the city of Odessa. After all, pro-Russian sentiments are widespread in the region and the Kremlin has never hidden its interest in increasing them by financing the pension system or supplying gas at subsidized prices. But this is not the only area of Moldova to border “dangerously” with Ukraine. Since 1994, some non-contiguous territories in the south-west of the country obtained a large administrative autonomy from the central government, complete with a flag and a tiny capital, Comrat. Gagauzia, unlike Transnistria, was recognized by Moldova after a referendum. Still tied to the Soviet past, the almost 200,000 inhabitants also have their roots in Turkey: just over 10% of the population speaks Moldovan, while the most widespread languages are Russian and Gagauz. In 2015, Irina Vlah, a well-known pro-Russian politician, was elected governor of the region. Since then, Moscow has privileged trade with the region and Vlah has always obtained the renewal of the mandate. But she recently welcomed EU assistance and she refused to openly support Russia’s invasion of Ukraine. To complicate matters, the ballot for the upcoming elections in Moldova sees two candidates fighting, both pro-Russian. In these flat and boundless lands where the songs of the revolution are combined with Turkish dances and the busts of Lenin coexist with those of Ataturk, a delicate game is being played for the geopolitical future of Europe.