Michelle
WJ #105“Per la prima volta sento di essere in pace con i miei ricordi, tanto da poterli dimenticare.” (Lorenzo Licalzi)
Secondo le statistiche, l’80% dell’attività di cura complessivamente prestata nell’UE a persone non autosufficienti è fornita da parenti e amici, i cosidetti “caregiver” familiari. Fra questi numeri senza volto, l’autore ci racconta quello di Michelle, una madre tornata bambina e una vita che inverte il suo corso.
In Europa si contano circa 100 milioni di famiglie e parenti responsabili diretti di cure assistenziali, per un costo complessivo che varia dal 50% al 90% sul welfare nazionale. In Svezia e Danimarca esiste un sistema di assistenza continuativa a lungo termine fornito e finanziato dallo Stato. Nei Paesi Baltici manca totalmente un sistema formale e, per soddisfare i bisogni di assistenza, si fa interamente ricorso ai caregiver familiari peraltro non adeguatamente tutelati. In Italia sono circa 3 milioni le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari (dati dell’Istituto Superiore della Sanità).
Di fronte al progressivo avanzare della vecchiaia e delle sue degenerazioni, Michelle riceve le cure della figlia che se ne occuopa con amore alternando le giornate con momenti di ascolto, cura e gioco. Una scelta apparentemente semplice e inclusiva. Solo con la legge di bilancio del 2018 è stato istituito per la prima volta un fondo per i caregiver familiari, incrementato poi con l’ultima legge del 2019. Rimangono altresì ancora al vaglio delle camere tutti quegli interventi come sgravi fiscali, contributi previdenziali, riconoscimento della malattia, che rendano sostenibile la scelta di occuparsi di un proprio caro. Molti paesi d’Europa prevedono specifiche tutele al familiare che assiste. In Svezia vi è un sostegno psicologico ed incoraggiata la comunicazione con il personale socio sanitario, in Inghilterra è riconosciuto il diritto alla valutazione della propria condizione di bisogno esistenziale, indipendentemente da quella della persona assistita. Dall’altra parte il fatto che il SSN italiano abbia a suo carico il 50% del costo dell’ospitalità di una persona non autosufficiente in struttura residenziale, mentre non debba fare altrettanto se quella persona è assistita al suo domicilio, rende quasi obbligatoria la figura di un parente, come risulta da un’indagine della Swg dove il 59% degli italiani sceglie l’assistenza familiare diretta perché quella affidata a persone terze risulta troppo onerosa. La spesa del SSN opera solo dove è più costosa (il ricovero) e non dove lo sarebbe meno (l’assistenza domiciliare che evita ricoveri).
Ciò che occorre è un sistema delle cure domiciliari che offra diverse possibilità, all’interno delle quali ci sia anche un impegno dei familiari, ma senza che questa debba essere l’unica opzione praticabile, in modo da utilizzare al meglio tutte le opportunità di una riforma del terzo settore al fine di sostenere il “circolo virtuoso” dell’inversione dei ruoli familiari a fine vita.