L’ultimo saluto
WJ #144Quand’è che noi occidentali abbiamo smesso di accogliere la morte nella nostra esistenza?
Quando abbiamo iniziato a rifiutarne la manifestazione, evitando così di comprenderla?
Una teoria vede come colpevole il progresso medico e tecnologico che, allungando l’aspettativa di vita, avrebbe reso la morte meno presente tra le persone. Ma forse non c’è neanche davvero il bisogno di definire la morte come un qualcosa di positivo o di negativo. E se fosse soltanto un essere incontrollabile che lascia a noi la libertà di piangere o di sorridere?
La storia di Guglielmo e Luigi ci obbliga delicatamente a riflettere sul tempo e sul rimorso. Sono due fratelli in viaggio, un viaggio rituale, verso una città del silenzio. La loro meta è un fiore sdraiato, una candela spenta, un nome inciso nel marmo: Giuseppe Antuono. Gugliemo e Luigi, per via delle restrizioni decise dalle autorità sanitarie, non hanno potuto salutare il loro fratello, che è venuto a mancare durante la pandemia di Covid19. Lo hanno pianto in silenzio, nelle loro case, cullati dai ricordi e da qualche rimpianto. Guglielmo e Luigi hanno voluto lasciare da parte questi stessi rimpianti per consegnare a Giuseppe il primo di tanti ultimi saluti. E diverbi, silenzi e orgoglio sono stati cancellati per creare un nuovo ricordo.
L’Ultimo Saluto è un reportage muto, che sembra spingere verso una riflessione silenziosa. L’autore si domanda sui pensieri dei due fratelli. Ci si perdona? C’è ancora uno sguardo sul futuro? E nelle immagini le figure di Guglielmo e Luigi non vengono mai mostrate per intero finché non sono di fronte alla tomba. Come se il fotografo volesse farci intendere che i due fratelli si sarebbero sentiti uniti e completi solo se fossero rimasti vicino allo spirito di Giuseppe.