Lost Roots
WJ #119Dal 2013, in Salento, un batterio Xylella fastidiosa, è responsabile di una malattia che sta decimando un numero d’ulivi in costante crescita: più di 20 mln risultano contagiati, la metà sono già morti e i restanti lo saranno a breve.
Ad oggi, infatti, non esiste una cura.
L’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, considera Xylella uno dei patogeni vegetali più pericolosi al mondo, potenzialmente in grado di causare in Europa una perdita annua pari a 5.5 miliardi di euro e di minacciare di conseguenza 300000 posti di lavoro.
Negli anni passati, il ritardo nell’attuazione delle drastiche misure di contenimento dell’epidemia imposte dall’UE, in particolare l’abbattimento di migliaia di alberi, ha giocato un ruolo determinante nella diffusione del batterio. Inoltre, una mala informazione colma di teorie complottistiche e fake news ha indotto la politica locale a non assumersi la responsabilità di appoggiare decisioni così impopolari.
L’epidemia, nel frattempo, ha distrutto l’industria olearia locale: più di 5000 persone hanno perso il proprio lavoro a causa di una produzione crollata del 90%. Lo stato di abbandono in cui versano migliaia di campi, aumenta il rischio di incendi, e la conseguente svalutazione dei terreni.
In aggiunta ai notevoli danni economici ed al disastro ambientale risultante dalla perdita di un enorme polmone verde, un’altra perdita, forse la più intima, ha colpito le vite degli abitanti della regione: quella relativa alla propria identità.
I circa 60 mln d’ulivi presenti in Puglia sono profondamente radicati nella vita delle persone, in quanto da millenni testimoni viventi delle tradizioni e della cultura di un intero popolo. Per questo motivo la loro perdita è stata vissuta come la perdita di un membro della famiglia, procurando nella popolazione una ferita culturale ed emotiva spesso più dolorosa di quella economica.
Ad oggi, gli sforzi per contenere l’epidemia non sono risultati efficaci, permettendo tuttora al batterio di continuare la sua inarrestabile marcia distruttiva verso nord al ritmo di 2 km al mese, verso terre, ancora per poco, salve.
Questo lavoro è ambientato nella suddetta zona infetta, dove non c’è più speranza di riuscire ad eradicare il batterio, ormai troppo diffuso. I rigogliosi uliveti di un tempo hanno lasciato il posto ad un’enorme distesa di scheletri legnosi; assieme al vuoto e alla desolazione, restano il dolore ed il rimpianto per una perdita ormai irreversibile.
Il legame col passato è spezzato, le radici sono perse.