Le labades di Argyroupoli

WJ #90

Esistono costumi secolari che animano il Mediterraneo; costumi che mutano col tempo, che si ridimensionano, scalfiti dal corso della storia, ma che sanno perdurare

Argyroupoli, un villaggio di poche centinaia di abitanti che sorge sulle alture dellentroterra cretese. Questo piccolo insediamento, un tempo conosciuto come Lappa, risale al periodo classico e conserva molte vestigia del proprio passato, dallepoca romana a quella veneziana. Distante dai convenzionali paesaggi della Creta costiera, Argyroupoli è un minuscolo gioiello archeologico racchiuso tra montagne e sentieri che profumano di storia.

Nel periodo pasquale, i viottoli di questa cittadina fanno da palcoscenico alle labades, termine che in greco sta per lampade o candele, ma che, in questo caso, si riferisce alle grandi torce infuocate che accompagnano lepitaffio di Cristo durante la processione del Venerdì santo. È presso la piazza antistante la chiesa che gli abitanti del paese passano le ore diurne del Megáli Paraskeví (letteralmente grande venerdì”) ad intrecciare le canne di giunco che vanno a formare le labades. Successivamente, leffigie di Cristo è ricevuta dallepitaffio una volta rimossa dalla croce, inaugurando così il percorso della cerimonia che illumina la notte della Passione.

Si tratta di unattività che unisce gli uomini della comunità indipendentemente dal dato anagrafico, mentre le donne salutano la processione dai margini reggendo piccole candele. Ciò rappresenta un contrassegno della peculiarità del costume delle labades di Argyroupoli: se nel resto del paese, infatti, le candele seguono il percorso dellepitaphios, in questo piccolo paesino cretese esse sono sostituite dalle imponenti torce di giunchi essiccati. Il corteo cerimoniale percorre le vie del paesino arrestandosi di tanto in tanto per la declamazione di testi liturgici, fino ad accompagnare limmagine di Cristo in chiesa. Subito dopo, le torce vengono ammassate in forma piramidale di fronte al santuario, nel rogo che conclude la cerimonia.

Tradizione senza età, quella delle labades nasce dalla necessità di illuminare il cammino delleffigie di Cristo nella notte del Venerdì santo. Da quando il piccolo villaggio di Argyroupoli ha conosciuto lenergia elettrica, il costume si è spogliato del suo valore funzionale preservando, però, quello simbolico e liturgico. Oggi, il coinvolgimento spirituale si è forse attenuato, ma la tradizione sopravvive come occasione di incontro e compartecipazione tra i membri della comunità. L’usanza delle grandi torce infuocate perdura in quanto sintomo di una coesione collettiva, e in quanto occasione per contribuire, sin da bambini, alla condivisione di attimi di gioia e riconoscersi, dunque, in un sentire comune.

La solennità di questa liturgia pasquale è accentuata dai fuochi delle labades, che rischiarano tanto le vie del paesino quanto il senso di appartenenza di coloro che le percorrono. Il fumo delle fiamme ardenti e le ombre che esse proiettano sulle antiche pietre dei caseggiati compongono una cornice suggestiva in cui sembra echeggiare il motto scolpito su una delle porte murarie risalenti allepoca veneziana: Omnia Mundi Fumus et Umbra.

Il reportage

Scheda autore

Eleni Albarosa

Eleni è nata ad Atene ed è cresciuta in Italia. Si è avvicinata alla fotografia già quando aveva 14 anni e a 15 è stata pubblicata sul National Geographic italiano. Eleni spera di comunicare la bellezza che vede nel mondo, regalandola agli altri attraverso le sue immagini.

La sua attenzione è catturata dai contesti sociali, politici, economici e culturali. Eleni sta attualmente studiando antropologia all’Università di Bologna.

Fotocamera: Leica Q
Obiettivo: 28 mm

English version

Argyroupoli’s labades

 

Photography by Eleni Albarosa

Story edited by Cristiano Capuano

Centuries-old customs enliven the Mediterranean basin; customs changing over time, waning, scraped out by history, but still enduring

Argyroupoli, a few-hundreds inhabitant village, is located on Cretes inland mountains. This small settlement, once known as Lappa, dates back to the classical times and retains a strong legacy of its past, spanning from Roman to Venetian times. Far from the traditional coastal sceneries of Crete, Argyroupoli is a tiny archaeological jewel surrounded by mountains and history-scented trails.

In Easter time, paths of this little town host the labades, which stands for lamps or candles in Greek, although, in this case, refers to great torches following through the epitaph of Christ during Good Fridays procession. It is nearby the little square in front of the Church that people from the village spend daytime hours of Megáli Paraskeví (literally Great Friday) twisting the reeds from which the labades take shape. Later, the image of Christ is embraced by the epitaph once removed from the cross, thus introducing the route of the ceremony enlightening the Passion night.

It is a custom that gets men from the community together, regardless of their age, while women greet the procession from the edges holding small candles. This is a sign of the peculiarity of Argyroupoli’s labades costume: indeed, in the rest of the country candles follow the epitaphios, whereas in this small Cretan village they are replaced by these imposing torches of dried reeds. The ceremony runs through the village, halting every now and then to recite liturgical texts, and then carrying the image of Christ into the church. Afterwards, torches are piled up in front of the sanctuary in a pyramid-shaped final blaze.

Sign of a timeless tradition, the labades come from the need to illuminate the path of Christ’s effigy on the night of Good Friday. Since electricity has reached the small village of Argyroupoli, the custom has stripped of its functional value, but still preserves its symbolic and liturgical dimension. Nowadays, spiritual engagement has perhaps diminished, but the tradition lives on as a chance for gathering and sharing. The custom of these great burning torches continues as a sign of collective cohesion, and as an opportunity to contribute, ever since children, to share moments of joy and to, therefore, identify as part of a mutual feeling.

The majesty of this Easter liturgy is emphasized by the fire of the labades, which light up the streets of the town as well as the sense of belonging of those who walk through them. The smoke of the fiery flames and the shadows they cast on the ancient stone blocks compose a suggestive setting in which it seems to echo the motto chiseled in one of the Venetian city gates: Omnia Mundi Fumus et Umbra.