L’arte del sorriso nell’isola divisa in due
WJ #135Il progetto di un collettivo di artisti ciprioti e armeni porta l’arte nelle case di cura e nei centri di detenzione provvisoria per migranti a Cipro, l’isola divisa dall’ultimo muro d’Europa.
“Kamil arriva dall’altra parte del mare, viene dalla Somalia e lì sarebbe ritornato il giorno dopo l’esperienza con noi. In realtà aveva accettato il rimpatrio, ormai desiderava solo tornare a casa, forse i suoi tentativi di cambiare vita qui a Cipro non erano andati come aveva immaginato. Solo quando ha preso il pennello in mano e ha cominciato a dipingere ho visto sul suo volto un sorriso”.
Pantelis Nicolaou, artista cipriota, è seduto davanti a me dopo una giornata trascorsa all’interno dell’Immigration Detention Centre di Menoyia, distretto di Larnaca. Anticamente nota con il nome di Cizio o Kition Larnaca, posizionata sulla costa sud-orientale dell’isola è la terza città di Cipro per popolazione dopo Nicosia e Limassol. Pantelis Indossa ancora la sua t-shirt bianca macchiata di pittura e mentre parla tiene gli occhi bassi e fissa un punto qualunque su una cartina di Nicosia, la capitale, distesa sul tavolo attorno al quale siamo seduti.
L’Immigration Detention Centre di Menoyia è un non luogo. Un luogo di detenzione e di passaggio. A Cipro ogni anno centinaia di migranti irregolari vengono trattenuti in condizioni equiparabili al carcere, anche per lunghi periodi di tempo, in attesa dell’espulsione. Kamil è uno di questi migranti.
“Ecco, far tornare un sorriso anche a uno solo di questi ragazzi, non dico che la mia missione è fatta” continua Pantelis “ma quello che mi prefiggevo sei mesi fa quando abbiamo iniziato a pensare al progetto PEL è arrivato a un altro cuore. E per me è questa la cosa più importante”.
Pantelis, diplomato all’Accademia di Brera di Milano, insegna arte a Nicosia, e insieme a Elena Adamou, anche lei artista proveniente da Nicosia, e a Liana Ghuk Asyan, artista armena, fa parte del gruppo PEL Art Project (PEL è l’acronimo dei tre artisti), un collettivo che lavora in contesti sociali particolari quali case di riposo o strutture detentive organizzando brevi workshop di pittura il cui fine principale è quello di coinvolgere nella creazione di lavori artistici gli ospiti delle strutture, come nel caso dei migranti detenuti nel centro di Menoyia fino al momento dell’espulsione, chiamati a intervenire insieme agli artisti su un grande murales da dipingere all’interno della mensa del carcere.
L’obiettivo di PEL Art Project è quello di offrire un’esperienza nuova, lasciare un bel ricordo, un sorriso, un po’ di benessere a chi sta vivendo in un contesto doloroso, di stress o particolarmente delicato e fragile, come quello di una prigione appunto, o di una casa di riposo.
L’isola di Cipro, come riporta Stefania Mascetti in un articolo di Internazionale (10/8/2022), è “attualmente il paese dell’Unione europea con la maggior percentuale di richiedenti asilo rispetto alla popolazione: circa il 5 per cento (in Italia nel 2020 la percentuale era circa dello 0,13 per cento). E i numeri sono in aumento: secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2022 le richieste sono state 2.560 (dati di maggio)”. Ed è qui, nella capitale Nicosia, che ancora resiste l’ultimo muro d’Europa, la buffer zone, la zona cuscinetto tra la parte della città che fa parte della Repubblica di Cipro e quella occupata dai turchi: la Repubblica Turca di Cipro Nord, riconosciuta solo da Ankara.
“Il dipartimento dei diritti umani e la Croce Rossa hanno avuto un ruolo fondamentale per riuscire a portare avanti questo lavoro di murales che è andato ben oltre le nostre aspettative” interviene Eliana sempre a proposito del progetto PEL. “Hanno partecipato in tantissimi, nonostante la diffidenza iniziale dei detenuti, cosa che evidentemente ci aspettavamo. Vedere queste persone, i detenuti ma anche gli ospiti della casa di riposo di Agios Antonios, dove abbiamo realizzato un bellissimo murales nel giardino della struttura, sorridere e condividere insieme quel momento di gioia, è stata la nostra più grande soddisfazione, come artisti e come persone. Magari alcuni, mi riferisco alla casa di riposo, capivano più di altri quello che stavamo facendo ma non importava perché si divertivano, ci ringraziavano e ci abbracciavano. È stato molto più forte di quanto mi aspettassi”.
Eleni mi chiede cosa invece ha lasciato a me, Anna, questa esperienza nelle vesti di osservatrice e fotografa. Penso subito al sorriso di Afrodite, un’ospite della casa di cura Agios Antonios che accoglie anziani e disabili. È stata la prima a prendere in mano il pennello. Il suo gesto era timido all’inizio, non sapeva bene cosa fare e quale colore scegliere tra i tanti barattoli disposti lungo il bordo del muro. Pantelis l’ha guidata con dolcezza vicino al colore blu, lei ha intinto il pennello, lentamente, e ha iniziato a dipingere seguendo le linee tratteggiate sul muro.
Il disegno del murales rappresentava una foresta. Alberi frondosi dai tronchi colorati che svettavano in un cielo azzurrissimo. Poi si è unito a loro Costantino, un ragazzo disabile e Monike, vestita di nero con piccoli occhi vivissimi, le sue mani intrecciate a quelle della figlia venuta a farle visita.
“La cosa bella che ho notato quando abbiamo lavorato nel centro di detenzione” riprende Pantelis, “ è che terminato di dipingere alcuni detenuti hanno preso le copie del disegno del murales e con il sorriso l’hanno infilato in tasca. Per loro era un bel ricordo da portare con sé. Una speranza, forse, di un futuro diverso. Come dire: c’è qualcos’altro oltre a queste mura, colori, vita, sorrisi”.
Non è la prima volta che un progetto artistico coinvolge categorie come quelle dei detenuti immigrati. L’artista dissidente cinese Ai Weiwei ha curato a Londra nel 2022 una mostra intitolata “Freedom” di opere create da detenuti in carcere. “Tutti potremmo essere dei rifugiati” ha dichiarato in quell’occasione l’artista. “E molti dei nostri genitori, nonni lo sono stati. Dobbiamo aiutarci l’un l’altro. Capire che anche noi potremmo trovarci dall’altra parte. Ciò è un elemento fondamentale per comprendere a fondo le migrazioni“.
“Quello che abbiamo voluto offrire ai detenuti è un’esperienza d’arte che gioca con l’umore, li aiuta a tenere alto il morale, a non sentirsi soli, a vivere un momento di gioia” conclude Elena. “Il mio ricordo più bello? Una signora del centro per anziani di Agios Antonios che dopo aver immerso le mani nel colore ridendo ha iniziato, felicissima, a dipingere direttamente sul muro. Sembrava tornata bambina”.