Ladakh. Piccolo Tibet
WJ#151“Noi, in quanto esseri viventi, non siamo separati gli uni dagli altri. Siamo interconnessi, interdipendenti e interpenetranti. Tutti noi siamo legati al sole, alla luna, al vento e alla pioggia, e un giorno faremo ritorno agli elementi primordiali che ci hanno generato. Allo stesso modo, siamo tutti connessi nel flusso della bontà fondamentale”
Phakchok Rinpoche
Ci incontreremo in tutte le forme di vita
Quando sono stata in Ladakh non sapevo che l’incontro con quella terra e la sua gente avrebbe segnato per sempre la mia vita. Quel viaggio è stato l’inizio di periodi più lunghi tra le vette dell’Himalaya e ha ispirato i miei studi, ma, soprattutto, ha rivoluzionato il mio modo di fare esperienza del mondo naturale e di quello che penso di essere.
I tibetani e le popolazioni di lingua tibetana che abitano l’Himalaya credono che le loro montagne, laghi, caverne, corsi d’acqua e passi formino un mandala abitato da divinità e spiriti. Queste entità possono esistere nel mondo-spazio come una totalità, pervadendo ogni cosa, oppure risedere in luoghi specifici, assumendo molteplici forme. Gli elementi naturali non sono soltanto percepiti come essenze divine esterne all’individuo, portatrici di benefici spirituali e terreni se correttamente venerate, ma sono più profondamente la vita stessa, il “principio vitale” (bla in tibetano) che unisce e accomuna l’uomo e la natura nella bontà fondamentale.
Durante i miei giorni in Nepal, discutevo del legame tra uomo e natura con monaci tibetani davanti a chaï fumanti. Uno di loro mi disse: “look at the ocean and the sky filled with stars, they are all manifestations of our deepest awareness”. Seconda la visione tibetana, la natura è espressione suprema della purezza intrinseca ad ogni forma vitale: la bontà fondamentale che ci rende esseri umani è la stessa che sta nel cuore delle montagne, dei corsi d’acqua e di ogni elemento naturale. Ogni forma di vita è interconnessa secondo un principio di cause e condizioni che è il prerequisito stesso della sua esistenza, o meglio, della nostra percezione delle cose come entità singole e immutabili, ma nulla esiste – e/o non esiste – se non come intreccio senza inizio né fine di elementi e istanti. È in questo intreccio che l’imposizione di linee rigide d’identità perde di valore. Uomo e natura condividono l’essere vacuità allo stesso modo in cui condividono purezza e bontà insite.
Per queste e altre molteplici ragioni, i tibetani si approcciano alla natura e a specifici luoghi riconosciuti come come gnas,“luoghi sacri”, con profondo rispetto, amore e gentilezza.
Avere il privilegio di trascorrere del tempo tra le vette Himalayane, imparando a guardare il mondo con lo sguardo di saggi monaci dalle tradizionali vesti rosse, di piccoli bambini con le guance bruciate dal sole, di grintose donne che gestiscono la vita del villaggio e delle famiglie, mi ha insegnato a percepire armonia e pace nel mondo naturale e in me stessa in modi che mai avrei immaginato.
La visione tibetana della natura è un aspetto centrale della loro cultura, un pilastro dell’identità collettiva che guida le pratiche quotidiane di sussistenza nelle difficili condizioni della catena Himalayana. In un contesto politico in cui il Tibet si trova sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese, questa relazione con la natura assume un ruolo cruciale nella riaffermazione di un’identità culturale e spirituale tibetana al di fuori dei confini imposti, resistendo alla marginalizzazione e alla perdita delle tradizioni indigene.
Il Ladakh
Il Ladakh è una regione montuosa nel nord dell’India, nell’Himalaya settentrionale. Parte dello stato di Jammu e Kashmir fino al 2019, quando è diventato un territorio federato separato, è casa per i Ladakhi, gente di etnia tibetana a maggioranza buddhista. É conosciuto come il “Piccolo Tibet” o “Terra dei Passi Alti” per la sua altitudine che varia tra i 2.700 e i 7.700 metri, rendendolo una delle regioni abitate più alte al mondo.